Oltre il limite c’è sempre qualcosa di inaspettato: la generosa compassione di un Paese, il desiderio di incontrare gli altri, parole che vanno più in fretta del solito, una città che si nega e si svela, un nuovo modo di lavorare, la scoperta che il limite, se davvero esiste, esiste negli occhi di chi guarda. Sono, in estrema sintesi, i messaggi degli interventi che domenica 17 novembre si sono susseguiti durante TEDxUNICATT Beyond, evento realizzato con il sostegno dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’apporto di numerosi sponsor. A partire dalla mattina, gli spazi dell’Auditorium di Amplifon Italia in via Vezza d’Oglio (a due passi dalla Fondazione Prada, in uno dei quartieri milanesi destinati a giocare un ruolo centrale nell’anno delle Olimpiadi Milano Cortina 2026) hanno ospitato i workshop allestiti rispettivamente da Myra Lab Jewelry e da Re-Action Integrated Dance Company. Nel primo, i partecipanti bendati hanno potuto sperimentare la cecità in un laboratorio di creazione di gioielli; nel secondo, invece, è stato possibile prendere parte a una sessione di physically integrated dance, il metodo che prevede la collaborazione fra ballerini con e senza disabilità fisico-motorie. In entrambi i casi, è emersa la particolare sensibilità ai temi dell’inclusione che ha guidato il team di TEDxUNICATT (circa 70 fra studentesse e studenti di varie Facoltà dell’Università Cattolica, coordinati da Chiara Ferrarese, Giulia Nava e Lorenzo Maria Locati). Una caratteristica particolarmente apprezzata dal professor Luigi D’Alonzo, delegato del Rettore per l’inclusione: «Per andare oltre – ha detto – occorre assolutamente occuparci di quelli che ci stanno vicino».
La conferma di questa semplice regola è venuta dal primo degli speech che hanno scandito il programma del pomeriggio. Paolo Colombo, professore ordinario di Storia delle Istituzioni Politiche all’Università Cattolica, ha fatto ricorso alla sua sapienza di historyteller per rievocare la vicenda delle tre navi della Marina Militare italiana che nel 1979 furono protagoniste del salvataggio di 907 profughi vietnamiti alla deriva nel golfo del Siam: «Erano anni in cui era facile sottrarsi alle proprie responsabilità per dare alla società la colpa di tutto – ha ricordato Colombo –. Per organizzare la missione a favore dei boat people, invece, gli uomini della Marina impiegarono solo quattro giorni, superando ogni tipo di ostacolo».
Nasce dall’esperienza del viaggio anche la testimonianza di Bianca Iannucci, che oggi si definisce storyteller e divulgatrice, ma che grazie alla laurea conseguita in International Relations all’Università Cattolica aveva già intrapreso una carriera molto brillante. «A un certo punto mi sono trovata di fronte a un bivio – ha confessato – e allora ho cercato un modo di agire che fosse veramente mio. Visitando tanti Paesi in giro per il mondo ho imparato che le differenze, viste da vicino, risultano sempre un po’ meno diverse».
Da parte sua, Paolo Corallo si presenta come “rapper cantautorale” e lo ha dimostrato con la sorprendente performance che ha concluso il suo intervento. «Il rap è un fenomeno afro-americano, peccato che qui in Italia sia arrivata la parte americana e quella afro si sia persa per strada – ha spiegato –. In questo modo il rap rischia di diventare un genere che, come gli altri, deve soddisfare la matematica degli ascolti. In realtà, si tratta di una “lama tematica”, che taglia via quello che non è funzionale al mercato».