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Billanovich e Raimondi davanti allo specchio di Dante

05 marzo 2021

Billanovich e Raimondi davanti allo specchio di Dante

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La prima tappa per riscoprire la presenza di Dante in molti maestri italiani è partita da Giuseppe Billanovich e da Ezio Raimondi. Martedì 3 marzo, si è svolto il primo dei venti appuntamenti multidisciplinari con i maggiori studiosi italiani ed europei per illustrare l’eredità di Dante, in occasione dei 700 anni della sua morte. Il progetto “Grandi maestri di fronte a Dante” è promosso dai Dipartimenti di Studi medioevali, umanistici e rinascimentali e di Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Nel saluto d’avvio dei lavori Angelo Bianchi, preside di Lettere e Filosofia, ha ricordato che «da subito padre Gemelli, quando fondò cento anni fa l’Università Cattolica, volle una facoltà umanistica per la formazione degli insegnanti, ricorrendo in quegli anni la riforma Gentile e le prime due cattedre di letteratura furono assegnate a Giovanni Papini e a Guido Salvadori, due personalità molto distanti fra di loro ma accomunati dallo studio delle opere di Dante». La facoltà di Lettere quindi subito si confrontò con l’eredità di Dante e nel corso degli anni istituì una cattedra per far conoscere e studiare le sue opere.

«Il sommo poeta è sempre stato presente in Cattolica per i valori che contengono le sue opere – aggiunge Nicolangelo D’Acunto, direttore del dipartimento di Studi Medioevali, umanistici e rinascimentali. Con questi venti incontri vogliamo celebrare i 700 anni della morte di Dante con una prospettiva originale, attraverso l’analisi degli studi di grandi storici e filologi, ma anche di filosofi e scrittori illustri. Cercheremo di capire come essi si siano avvicinati a Dante, come abbiano contribuito a definirne e ridefinirne l’immagine e come ne abbiano rielaborato l’eredità, inserendola all’interno della loro più generale visione del mondo».

Lo ha sottolineato anche Massimo Marassi, direttore del Dipartimento di Filosofia. «Verranno presentati i più importanti personaggi che hanno interpretato Dante e che hanno riscritto in modo articolato la sua eredità. Le sue opere sono l’archetipo di un’intera cultura nei diversi campi del sapere. La filosofia esposta nel Convivio, quell’amore per il sapere, per la sapienza, ha cambiato l’uomo. Il carattere universale della sua poesia, dopo secoli ancora conta e incanta».

Il primo grande maestro messo davanti allo specchio di Dante è Giuseppe Billanovich, un grande filologo e critico italiano, esperto di Petrarca, per molti anni docente di Filologia medievale e umanistica all’Università in Cattolica, maestro di molti docenti ora in cattedra, come Carla Maria Monti, docente di filologia umanistica a cui è affidato il compito di ripercorrere i suoi studi fra Dante, Boccaccio e Petrarca.

«Billanovich ebbe uno sguardo laterale su Dante poiché il suo occhio era fisso su Petrarca. La lente per mettere a fuoco entrambi fu Boccaccio. Egli si è accostato a Dante con circospezione, il metodo è stato quello della restauro, attraverso gli strumenti della filologia, della storia e dell’erudizione. Lo scopo fu quello di togliere le incrostazioni accumulatisi sui testi e l’oblio che ne aveva accolto alcuni. E’ stato un percorso come attraverso un tunnel per giungere alla luce di una visione nuovo e un più spirabil aere.
  
«Lavorò molto sulla tradizione dei classici, amava la filologia e lo studio dei manoscritti, trasformarono il laureato in storia romana nell’inventore di un approccio nuovo della letteratura italiana. Billanovich considerava Petrarca il suo educatore e colui che lo aveva reso “familiaris” di Boccaccio, anch’egli educato dal preceptor Petrarca e poi divenuto il suo più grande discepolo, come scrive nella lettera a don Giuseppe De Luca che apre il volume “Lo scrittoio del Petrarca (1947)». 

Un altro esponente della cultura italiana che si è formato sulle opere di Dante è stato Ezio Raimondi, filologo e critico letterario, interprete del rinnovamento della critica post crociana. Ha dedicato al poeta fiorentino numerosi saggi contenuti nel volume “Metafora e storia. Studi su Dante e Petrarca”; molto originale anche l’esegesi del I canto del Purgatorio, così ramificata di richiami classici e biblici, mistici e filosofici.   

A portarci nella sua officina è stato l’allievo Giuseppe Ledda, docente all’Università di Bologna, autore di numerosi saggi e di vari volumi di argomento dantesco: «Posso dire che la tensione di Raimondi verso Dante si è esercita in tutte le forme letterarie a partire dagli anni 60. Voleva capire la cultura medievale per trovare le chiavi per interpretare meglio il significato delle opere di Dante, convinto che quei modelli avevano contribuito a costruirne l’identità. La bibbia veniva fatta interagire con i testi classici. Raimondi fu anche precoce nell’offrire una critica al modo riduttivo di applicare la prospettiva figurale di Auerbach. Anche l’attenzione al lettore è stata una grande linea dei suoi studi; quella dimensione performativa, profonda e trasformativa della lettura. Gli appelli al lettore scandiscono la lettura attraverso il testo. Il lettore compie la conversione insieme a Dante. Nella “conversio” del poeta, il lettore deve compiere la propria». Leggere dei libri vuol dire imparare a stabilire delle relazioni, ricordava sempre ai suoi allievi Raimondi.

Un articolo di

Antonella Olivari

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