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Biovine, nuove colture in aiuto dei vigneti

12 luglio 2021

Biovine, nuove colture in aiuto dei vigneti

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Biovine è un progetto che si affida a nuovi sistemi colturali mirati all’incremento della biodiversità vegetale e funzionale all’interno e intorno al vigneto biologico. Durato tre anni e terminato il primo giugno, è già stato sottoposto, valutato, finanziato e inserito in un PSR dell’Emilia Romagna denominato “Resisti”.

A parlare di Biovine è Tito Caffi, ricercatore del Dipartimento delle produzioni vegetali sostenibili della facoltà di agraria (Diproves) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, composto da patologi che si occupano delle malattie delle piante. «I nostri progetti hanno come obiettivo la salute delle piante e la protezione dalle malattie - spiega Caffi - siamo epidemiologi, quindi i nostri studi mirano a sviluppare modelli previsionali, matematici, volti a simulare malattie seguendo l’andamento delle condizioni meteo, il tutto per assumere misure di protezione delle colture al fine di difenderle dalle infezioni dei patogeni».

Quindi Caffi si sofferma su Biovine, progetto coordinato dal suo dipartimento e il cui titolare è il professor Vittorio Rossi. I paesi partner sono 5: oltre all’Italia ci sono la Spagna, la Francia, la Svizzera, la Slovenia e la Romania. «Abbiamo testato diversi tipi di colture di copertura (cover crops) - dice il ricercatore inquadrando il tema - inerbimenti a semina autunnale o primaverile, da far crescere nel filare per migliorare la qualità e l’ecosistema vigneto».

L’obiettivo è far sì che gli agricoltori del biologico, che hanno spesso armi spuntate nella difesa del vigneto, possano iniziare un po’ più tardi i trattamenti e, proprio in virtù di questa barriera fisica dell’erba che cresce, possano adoperare dosi ridotte di rame. «Abbiamo studiato degli inerbimenti che, seminati in autunno, già nella primavera successiva hanno uno sviluppo vegetativo in grado di interferire con la dispersione delle spore di alcune malattie».

Quando parla di inerbimenti, Caffi si riferisce a specie comuni: ad esempio loietto, trifoglio o senape. Il nodo è questo: nella viticoltura biologica si possono usare solo sostanze a base di rame e zolfo, due minerali che hanno spiccata attività fungicida nei confronti dei funghi che aggrediscono la vite. Paradossalmente, proprio nel biologico si tende a fare qualche trattamento in più perché è complicato aggredire i funghi. Poter contare sull’inerbimento nella fase iniziale, la più critica, se non risolve del tutto il problema consente comunque di mitigarlo.

Lo stesso Caffi chiarisce meglio l’argomento: «L’agricoltura in generale non è un ecosistema, bensì un agrosistema, perciò rispetto a un ambiente naturale ha un impatto maggiore sull’ambiente. Sia chiaro, in viticoltura abbiamo necessità di fare molti trattamenti per produrre un’uva sana, ad esempio le viti hanno il problema dell’ocratossina, tossina altamente cancerogene prodotte da funghi che aggrediscono il grappolo. Per fortuna sono presenti solo in alcuni areali e in annate molto calde».

L’obiettivo generale è aumentare la biodiversità del vigneto, cercando di evitare trattamenti che facciano “tabula rasa” dice Caffi, che spiega il perché Biovine si sia agganciato al PSR “Resisti”, che sviluppa altre attività riguardanti le procedure per evitare che i ceppi fungini divengano resistenti ai trattamenti.

«Sino ad ora i test sono stati svolti negli orti della Residenza Gasparini e nell’azienda di riferimento a Castellarquato – continua il ricercatore - con il Psr mi sono agganciato ad altra attività sulle resistenze a fungitivi. Il nome del Psr è “Resisti”, abbiamo inserito in questo ambito gli inerbimenti, sviluppati oggi in tre vigneti diversi in Romagna e in un quarto a Piacenza. Intendiamo capire se funzionano anche negli areali vitivinicoli emiliano romagnoli. Un fenomeno interessante lo abbiamo già riscontrato: l’inerbimento autunnale nella piana irrigua di Conselice in provincia di Ravenna, dove c’è molta acqua, cresce tantissimo».

Un articolo di

Filippo Lezoli

Comunicazione

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