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Buchi neri come ologrammi

18 febbraio 2021

Buchi neri come ologrammi

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La gravità, quella forza che ci tiene ancorati alla superficie terrestre e che mantiene i pianeti del nostro Sistema in orbita attorno al Sole, ha una natura olografica. È questo il principio alla base di una delle più affascinanti teorie recenti, come ci racconta Nicolò Zenoni, dottorando al terzo anno nel programma internazionale in Science congiunto tra l'Università Cattolica e KU Leuven (Belgio). 

«Una fotografia non coglie tutti i dettagli della realtà immortalata, ma ne cattura solo una certa prospettiva. Ben diverso è un ologramma, che pur raffigurando un'immagine tridimensionale su pellicola bidimensionale, ne permette una completa riproduzione. È ciò che accade per la gravità, che emerge da uno spazio di una dimensione inferiore in cui è codificata in un linguaggio fisico completamente differente».

Come si è sviluppata questa idea?
«Il contributo decisivo risale al 1997, quando Maldacena realizzò che un certo spazio soggetto a gravità è perfettamente descritto dalla sua immagine olografica, impressionata sulla superficie di una dimensione in meno che lo racchiude. Cosa ancora più sorprendente, tale ologramma non include alcuna nozione di gravità. Eppure, l'informazione contenuta è la stessa. Esiste perciò una corrispondenza tra il sistema con gravità, nello spazio interno, e quello senza, sul suo bordo. Lo studio dell’uno estende la nostra conoscenza anche sull’altro».

L’approccio olografico trova applicazione nell’indagine dell'evoluzione di buchi neri, corpi celesti che esercitano una forza gravitazionale talmente forte da non permettere a nulla di scappare dalla loro attrazione, compresa la luce. È questo l'argomento di ricerca di Zenoni, continuazione del lavoro presentato nella tesi di laurea magistrale in Fisica, conseguita presso l'Università Cattolica. 

Ma in cosa consiste questo metodo?
«È un po' come inserire il buco nero in una particolare scatola. Decodificandone la rappresentazione olografica sul bordo, in cui non c'è traccia di gravità, è possibile evitare gli ostacoli dovuti allo studio diretto di questo ghiottone cosmico. D’altro canto, è ugualmente interessante procedere in senso opposto, sfruttando ciò che conosciamo del buco nero per ricavare informazioni sull'ologramma».

Su quali questioni si può quindi far luce?
«L’ologramma sul bordo fornisce un’ottima descrizione di alcuni fenomeni di fisica fondamentale in cui la gravità non entra in gioco. In particolare, il principio olografico è un promettente cambio di paradigma per comprendere le interazioni tra particelle elementari in regimi in cui altri approcci sono inadatti. In tale ottica, similmente agli uomini nella caverna di Platone, la realtà a 3 dimensioni, più il tempo, che esperiamo potrebbe non essere altro che l’ombra di un mondo esterno a una dimensione in più».

Un articolo di

Antonella Olivari

Antonella Olivari

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