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Il master che viaggia ai confini del sistema solare

23 giugno 2021

Il master che viaggia ai confini del sistema solare

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Dal 10 giugno al 24 luglio 2021 la community di BASE ospita nella sua sede di via Bergognone a Milano Farout _ Orbite Artistiche, il festival dedicato alla creazione contemporanea: 45 giorni di performing arts e installazioni realizzati da 38 artist* e collettivi nazionali e internazionali. L’iniziativa è al centro di un project work realizzato dalle studentesse del master Eventi e Comunicazione per la Cultura dell’Università Cattolica (Mec), alcune delle quali ora svolgono stage presso BASE Milano. Ecco le loro proposte, ideate e prodotte con la docente di progettazione Linda Di Pietro.

Farout - come il pianeta ad oggi conosciuto più lontano dal sistema solare - invita lo spettatore a fare un passo indietro, a spostarsi nello spazio e nel tempo per guardare altro: oltre la pandemia, oltre l’apatia e oltre la noia e la pigrizia che essa ha procurato in ognuno di noi. In un periodo di reclusioni, restrizioni e privazioni il festival viene pensato come un’occasione per stimolare il risveglio del nostro essere umani ed esorta a focalizzarci su quello che Pavese definiva il “mestiere di vivere”. A noi spettatori viene chiesto di ripensare e talvolta abbandonare i preconcetti e le certezze che fino ad ora abbiamo sempre considerato solide, intoccabili e a volte addirittura scontate per abbandonarci ad un viaggio alla riscoperta del conosciuto attraverso un cambio di prospettiva, iniziando a guardare da lontano ciò che normalmente ci è estremamente vicino. Come possiamo rinnamorarci della nostra essenza e del nostro Pianeta? Decadono tutte le regole, ed è qui che si inserisce Gaia: un’installazione sferica di 6m di diametro dell’artista britannico Luke Jerram sospesa e illuminata dall’interno che presenta immagini della NASA della superficie terrestre. A rendere l’esperienza ancora più stimolante è la creazione di un ambiente forestale attorno a Gaia. Con la collaborazione di Forestami, infatti, la community di BASE ha portato in sala alcuni alberi che, alla fine di giugno, verranno donati al comune di Milano al fine di essere piantati per rendere Milano più green.

Quanta distanza ti serve per cambiare idea? È questa una delle frasi che più ci ha colpite dell’intero viaggio. Un cambio di prospettiva è quel che ci vuole per riguardare il già noto; come scrisse in un articolo la direttrice artistica di BASE Milano Linda di Pietro: «La possibilità di girare attorno al Pianeta Terra crea un senso di profonda connessione con esso, accompagnata da una comprensione dell’interconnessione di tutti gli esseri viventi e un rinnovato senso di responsabilità nei confronti l’un* dell’altr* e della cura dell’ambiente».

Non finisce qua il viaggio che Farout permette di compiere allo spettatore. Moltissime performance prenderanno vita nei giorni del festival, tutte con l’obiettivo di far riflettere lo spettatore sulle relazioni e sui rapporti (interpersonali e con la natura) che in questo anno segnato dalla pandemia sembrano essere venuti meno, sembrano essere diventati pericolosi e sostituiti da nuovi strumenti di contatto per riscoprire la bellezza del contatto con l’altro e con la natura, fondamentale per la nostra esistenza. Un esempio è la performance realizzata da Jacopo Jenna. In diverse fasce orarie durante il mese di giugno ogni 30 minuti l’artista improvvisa, sulle note di una musica ambientale, una “danza” grazie alla quale suono, spazio e movimento entrano in sintonia creando un legame tra l’artista stesso, il pubblico e il pianeta Terra. Contribuisce ad accompagnare gli spettatori in questo percorso di riflessione la mostra trans mediale Corpi curata dal None Collective, presente a BASE per tutta la durata del festival. La mostra è composta da quattro installazioni, due esperienze immersive e due suggestioni visive di tele, stampe e immagini che uniscono arte e tecnologia. Essa vuole rappresentare e sottolineare la divergenza tra i corpi, l’organicità e l’inorganicità, la vita elettronica ma anche il rapporto sempre più viscerale tra di essi. Questo legame che appare oggi indissolubile ha portato l’ordine digitale a prevalere sui corpi e a togliere peso alla presenza. L’installazione Poltrire, per esempio, ricrea l’atmosfera casalinga della televisione. Lo spettatore è invitato a stare seduto su una poltrona davanti a uno schermo nel quale scorrono immagini e informazioni molto velocemente. Cosa ci rimane di tutto ciò? Che potere abbiamo davanti a ciò che vediamo? Quanto corre veloce l’informazione rispetto alla materia organica?

“Intoccabili”, invece, è un’altra delle installazioni che vuole ricordare quella situazione fin troppo conosciuta delle videochiamate. Due persone si relazionano separate da una parete di plexiglass seguendo le indicazioni che vengono date da una voce meccanica in cuffia. Una situazione alienante, meccanica in cui la protagonista è la tecnologia che comanda le azioni dei corpi. Ci si sente vicini, prossimi, si costruisce un legame, eppure si è intoccabili, si rimane divisi. Rimaniamo sguardi senza sorrisi?

Un articolo di

Luca Monti

Luca Monti

Program Manager - Master Eventi e Comunicazione per la Cultura

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