In occasione della Giornata annuale di azione e sensibilizzazione istituita per ricordare l'importanza delle cure palliative e degli Hospice di tutto il mondo che si celebra l’8 ottobre il punto con la dottoressa Santa Cogliandolo, dirigente medico di Gemelli Medical Center - GMC, il Centro di Cure Palliative dell’Università Cattolica. E da quest’anno accademico parte la nuova Scuola di Specializzazione in Medicina e Cure palliative presso la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Ateneo in collaborazione con GMC, sede secondaria della scuola.
Dottoressa, com’è diventata un medico palliativista?
«Mi sono laureata nel 1991 all’Università Cattolica nel campus di Roma, dove mi sono specializzata nel 1996. Durante la specializzazione ho incontrato l’associazione “Attilio Romanini” che si occupava dei pazienti oncologici in fase avanzata di malattia all’interno della Radioterapia del Policlinico Gemelli. Lì ho conosciuto le cure palliative e, quando nel 2002 l’Università ha acquisito la casa di cura Villa Speranza per realizzare un Centro di Cure Palliative, il passaggio per me è stato naturale. Posso dire che sono “finita dentro” le cure palliative casualmente e poi ne sono rimasta piacevolmente “prigioniera”».
Cosa è cambiato da quando ha cominciato a oggi?
«Sono passati 20 anni da quando sono arrivata nell’Hospice della Cattolica e l’ho visto crescere insieme a me. Dal piccolo nucleo di pazienti e sanitari, oggi ci prendiamo cura di 150 persone, di cui 120 a domicilio e 30 presso la nostra struttura. Abbiamo numerosi medici, infermieri specializzati e altre figure che sono fondamentali nel nostro lavoro: assistenti sociali, assistenti spirituali, fisioterapisti, terapisti occupazionali e psicologi. C’è un sistema complesso che sorregge questa struttura, fatto da personale sanitario e non sanitario».
E mentre il vostro centro cresceva, anche il mondo faceva grandi passi avanti…
«È vero. Nel 1990 l’OMS ha dato, per la prima volta, una definizione chiara e puntuale di cure palliative. Contestualmente, in Europa e in Italia abbiamo iniziato a occuparcene comprendendone l’importanza e promulgando leggi (come la legge Bindi e la legge 38/2010) che hanno fatto la storia del nostro lavoro».
La pandemia ha rallentato il progresso in questo campo?
«Direi di no, con la pandemia il Servizio Sanitario Nazionale ha avuto una scossa, che è stata anche un fattore di stimolo. Abbiamo avuto l’occasione di porre l’accento su temi fondamentali quali il dolore e la sofferenza, ma anche sull’importanza del sostegno ai malati avviati verso la fine dell’esistenza e ai loro cari. Purtroppo, però, ancora oggi dobbiamo fare i conti col fatto che la politica fatica a confrontarsi con il tema del fine vita, con l’etica e con le buone pratiche mediche».
E oggi a che punto siamo?
«Oggi continuiamo ad andare nella direzione giusta. Quest’anno, cogliamo l’occasione del WHPCD per ricordare che, finalmente, la disciplina di cure palliative è diventata anche materia della nuova Scuola di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative attivata da quest’anno accademico presso la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e tra quattro anni avremo in Italia i primi 100 medici specialisti in cure palliative. Questa è un’altra tappa fondamentale, perché significa che siamo fuori dal periodo del pionierismo, abbiamo un metodo standardizzato e scientifico che pone le cure palliative allo stesso livello delle altre specialità. Ci sarà condivisione e una formazione accessibile che darà sicuramente luogo a un miglioramento sotto tutti i punti di vista».
Gemelli Medical Center sarà sede secondaria della Scuola di Specializzazione dell’Università Cattolica e lei, dottoressa Cogliandolo, sarà un riferimento per i nuovi specializzandi. Cosa direbbe ai suoi giovani colleghi?
«La specializzazione in cure palliative è l’ultima nata, la più giovane, ma è una delle più strutturate su concetti che sono centrali nella medicina di oggi, come l’interprofessionalità e l’interdisciplinarità. In questo senso le cure palliative sono un esempio da seguire e noi medici palliativisti possiamo mettere a disposizione la nostra esperienza per dialogare con i nostri colleghi in un linguaggio paritario e costruttivo».
Gemelli Medical Center, la missione del prendersi cura

"Ci prendiamo cura di coloro che si affidano a noi con un approccio umano, accogliente e inclusivo.
Poniamo ogni persona al centro, rispettandone la dignità e costruendo con attenzione percorsi di assistenza personalizzati, anche a domicilio.
Con dedizione, passione e competenza, nell’impegno costante di ampliare i nostri orizzonti, possiamo contare sul profondo legame con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, con la quale lavoriamo costantemente per formare nuovi professionisti.
Nel rispetto della vita e della persona, alimentiamo ogni giorno la rete di connessioni con operatori, volontari, e tutti coloro che sono coinvolti nella nostra missione".
Gemelli Medical Center