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Con il gioco d’azzardo, a rischio la salute della comunità

16 novembre 2023

Con il gioco d’azzardo, a rischio la salute della comunità

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Solo un ludopatico su cento decide di curarsi.

A metterlo in evidenza è l'Agenzia di tutela della salute (ATS) e si stima che sul territorio bresciano 26mila persone soffrano di Disturbo da gioco d'azzardo, ma sono molte meno quelle prese in cura: 344 nel 2022 e 274 nel primo semestre del 2023.

Di fronte a questa evidenza e per provare a combattere il fenomeno Ats Brescia ha affidato al Centro di ricerca sullo sviluppo di comunità e i processi di convivenza (Cerisvico) dell'Università Cattolica del Sacro Cuore il progetto di ricerca-intervento "Promuovere salute di comunità e fronteggiare il Gioco d'azzardo Patologico (Gap)".

«Alcuni giocatori arrivano addirittura a vendere la casa e a compromettere tutti i rapporti familiari - ha spiegato Franco Milani, direttore sociosanitario Ats Brescia - le persone faticano a riconoscere che il problema esiste, quindi noi riusciamo ad agganciare tendenzialmente una persona su cento: la nostra fatica è quella di trovare la strategia migliore per intercettare i malati».

Molti di loro non si fanno curare perché non riconoscono di avere un problema. In particolare, l'allarme riguarda i giovani, visto che la fascia più colpita è quella degli under 25. Le testimonianze al tal proposito ricostruiscono uno scenario di disagio fortissimo.

Il Gioco d’Azzardo Patologico è un fenomeno arduo da intercettare e monitorare e per questo nel progetto è stato cruciale mettere in atto una ricerca-intervento volta a valorizzare le risorse e le reti già presenti nel territorio, potenziarle e, insieme ad esse, sensibilizzare e attivare tutti gli attori della comunità territoriale.

«La ricerca, attraverso le sue due fasi, spiega Elena Marta, coordinatrice della ricerca, ha consentito di rilevare diversi punti di vista e articolarli in un quadro composito e condiviso. La prima fase, che ha visto l’implementazione di interviste in profondità e focus group, ha consentito di fare emergere la rappresentazione complessa del fenomeno. Dalla seconda fase di raccolta dati, che ha visto l’implementazione di un questionario somministrato alla cittadinanza, emergono dati parimenti interessanti».

Gli esiti di questo lavoro sono quindi molteplici: una lettura della salute di comunità nel territorio realizzata con le persone che abitano nel territorio; l’aumento della consapevolezza in merito alle risorse e alle potenzialità del territorio; l’attivazione di cittadini, organizzazioni e il rafforzamento di reti locali per la promozione della salute di comunità; l’aumento del senso di appartenenza (e di comunità) e della coesione sociale, nonché l’aumento di capitale sociale tra i cittadini e le istituzioni.

Il lavoro si è avvalso di una modalità dialogico-partecipativa e ha coinvolto nel corso di questi 3 anni di lavoro quasi 1000 partecipanti tra operatori, coordinatori e responsabili delle varie istituzioni che si occupano attivamente del tema, famigliari e utenti dei servizi, punti comunità, realtà che si occupano di fragilità, assessori, stakeholder del territorio (impiegati di banca, medici di base medico, parrocchia, referenti scolastici), esercenti, sindacati, cittadini, studenti.

Tutto il lavoro è stato accompagnato da video-narrazioni per dare maggiore visibilità al prezioso contributo di tutti nella riflessione sulla comunità.

Nel contesto bresciano si è costituita una rete che sta lavorando bene: in questo modo si permette alle persone in difficoltà di riconoscere la bontà dei servizi e di sentirsi accompagnati, senza rifugiarsi nel gioco per risolvere i problemi», ha sottolineato soddisfatta Elena Marta.

Un articolo di

Antonella Olivari

Antonella Olivari

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