Quanto sono fragili le liberal-democrazie? Quali forze possono alterare il complicato equilibrio tra capacità di governo e tutela delle minoranze, spingendole verso degenerazioni populiste o tecnocratiche? Cosa succede all’economia di un paese quando cambia il governo e, più in generale, quali sono gli impatti economici dei risultati elettorali?
Questi e molti altri temi di “political economy” sono stati discussi da oltre sessanta accademici riunitisi in Università Cattolica il 20 dicembre per la prima edizione del “UniCatt Political Economy Workshop”. Organizzato dal Dipartimento di Economia e Finanza, dal Dipartimento di Economia Internazionale, delle Istituzioni e dello Sviluppo e dalla linea di ricerca D 3.2 “UNEQUAL – UNpacking inEQUALities”, il workshop ha ospitato le presentazioni di venti articoli scientifici, illustrati da ricercatori provenienti da diciotto istituzioni accademiche sparse su tre continenti: da Zurigo a Singapore, da Bologna a Chicago passando per Londra e Barcellona. Gli articoli presentati sono stati selezionati tra gli oltre settanta sottoposti all’attenzione degli organizzatori.
I relatori hanno presentato ricerche incentrate su varie tematiche del rapporto tra dinamiche politiche e scenari economici. Ad esempio, sono stati presentati lavori sull’effetto delle disuguaglianze economiche sui contributi ai partiti e analisi teoriche su come le informazioni di cui dispongono gli elettori, o gli shock economici che gli stessi subiscono, possano influenzare il comportamento e le scelte dei politici. Tra gli altri lavori, è stato discusso anche come l’imposizione ai parlamentari di un tempo minimo necessario al fine di maturare il diritto al trattamento pensionistico possa generare inefficienze, nella misura in cui ciò induce gli stessi a procrastinare la durata in vita dei governi per allungare la legislatura sufficientemente a lungo da ottenere tale diritto.
In aggiunta alla presentazione degli articoli, il workshop ha ospitato due “keynote”. Gabriele Gratton, professore di Economia alla University of New South Wales (Australia), ha analizzato il tema della fragilità delle liberal-democrazie, offrendo una prospettiva teorica entro cui analizzare l’intrinseca dicotomia propria delle democrazie liberali: la tensione tra la libertà politica, ovvero la possibilità che una maggioranza eletta possa governare e decidere, e la libertà individuale, che richiede l’espansione delle possibilità di scelta dei singoli individui, e quindi anche la tutela delle minoranze e dei loro diritti. I sistemi democratici in genere sono costituiti per cercare un equilibrio tra queste dimensioni della libertà, e ogniqualvolta emerge uno shock esterno (come una rivolta o un conflitto sociale) questo equilibrio viene messo in crisi: da un lato, la crisi può evidenziare la capacità della democrazia di resistere allo shock e quindi la sua capacità “virtuosa” di gestire il conflitto, dall’altro, può portare al suo collasso. La ricerca di questo equilibrio, e delle forze che lo influenzano - come indipendenza dei media, limiti ai poteri dell’esecutivo, efficienza della burocrazia pubblica - apre nuovi scenari di ricerca per comprendere le potenziali crisi della democrazia nel contesto attuale.
Vincent Pons, professore di Economia alla Harvard Business School, ha analizzato l’effetto dei cambi di governo su una serie di indicatori di performance economica e sociale dei paesi. Usando dati su tutte le elezioni svoltesi nel mondo dopo il 1945, e comparando paesi in cui i risultati elettorali di governo e opposizione erano sufficientemente vicini, Pons mostra che il cambio di governo causa un miglioramento in tali indicatori, rispetto allo scenario in cui il governo precedente vince nuovamente le elezioni. Tale miglioramento sembra essere associato soprattutto a evoluzioni positive nella governance e riduzione nella corruzione percepita, dovuti forse all’esigenza dei nuovi governi di accumulare “capitale reputazionale” con gli elettori.
In aggiunta ai relatori, il workshop è stato frequentato da una quarantina di ricercatori e studenti di dottorato, afferenti all’Università Cattolica e ad altre 16 istituzioni accademiche italiane ed estere, che si sono confrontati sui temi proposti in un clima di vivace partecipazione. Il workshop ha infatti costituito una preziosa occasione di riflessione sulla “frontiera” dell’attuale ricerca scientifica su temi quanto mai attuali, individuando possibili prospettive future di ulteriore ricerca per poter comprendere le sfide in atto alle democrazie liberali. In particolare, tra le prospettive di futura indagine emerse vanno menzionate il ruolo crescente del populismo, da un lato, e delle tensioni tecnocratiche, dall’altro. Le dinamiche degli ultimi anni emerse sulla scala globale in tal senso interrogheranno i ricercatori riguardo la capacità di adattamento delle costituzioni democratiche a scenari alternativi e anche opposti tra loro.
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