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Didattica della prossimità, alleanza famiglie-servizi per l'infanzia

21 dicembre 2020

Didattica della prossimità, alleanza famiglie-servizi per l'infanzia

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La pandemia ha avuto una ricaduta sulle scuole per l’infanzia e i servizi offerti alle famiglie, che hanno confermato in maggioranza la loro fiducia a questi enti. Il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia in collaborazione con la Federazione Italiana Scuole Materne (FISM) lo ha dimostrato con la ricerca “L’alleanza tra servizi per l’infanzia e famiglie nel Covid-19”, svolta nel mese di luglio coinvolgendo insegnanti, famiglie e la realtà di alcuni asili nido di Lombardia e Liguria.

Durante la prima fase dell’emergenza sanitaria, in marzo 2020, tutte le strutture educative sul territorio italiano sono state chiuse. Le scuole si sono attivate attraverso l’uso delle tecnologie per mantenere viva la pratica educativa e la relazione con bambini e famiglie. Nei servizi che accolgono bambini piccoli, tra 0 e 6 anni, non possiamo propriamente parlare di didattica a distanza, in quanto il percorso educativo ha una valenza fortemente relazionale, piuttosto si può riscontrare un processo di attivazione, spesso su base volontaria, di una “didattica della prossimità”.

L’indagine dell’Università Cattolica si è posta proprio l’obiettivo di comprendere meglio queste pratiche: in cosa consiste la didattica della prossimità? Quali ricadute sulla relazione tra scuola e famiglia? e soprattutto sulla fiducia che rappresenta un elemento imprescindibile per una buona relazione: la fiducia delle famiglie nella scuola si è rigenerata o si è erosa in questo periodo?

Dall’indagine emerge che, dopo una prima fase di disorientamento legata alla improvvisa chiusura delle strutture educative, la scuola si è dimostrata resiliente e capace di fronteggiare anche questo particolare evento critico. La scuola, infatti, attraverso la creatività e lo spirito di gruppo, si è attivata per mantenere viva la relazione con i bambini e le loro famiglie, attraverso la proposta di attività ludico-didattiche e incontri a distanza rivolti sia a bambini che a genitori.

Tali proposte sono state accolte positivamente dalle famiglie, che seppur affaticate dalla necessità di conciliare il lavoro da casa con la cura dei figli e l’home schooling e spesso segnate da sofferenze (malattia, problemi economici, instabilità coniugale) hanno confermato la loro fiducia nella scuola come istituzione. Accanto a queste famiglie, ve ne sono altre che si sono mostrate chiuse e distanti, probabilmente avvicendate in situazioni ancora più critiche.

Per Maria Letizia Bosoni e Antonella Morgano, le ricercatrici che hanno condotto lo studio in coordinamento con la prof.ssa Donatella Bramanti, è risultato evidente come «In questa situazione sia stata modificata la struttura stessa della relazione educativa. È venuto a mancare sia un luogo specifico dedicato all’educazione (la scuola) sia la relazione diretta tra insegnanti e bambini che, nella fase di lockdown, è stata mediata da genitori e tecnologia».

Buona parte delle strutture educative partecipanti alla ricerca ha aperto un centro estivo durante la scorsa estate, esperienza che ha consentito da una parte di ridare vita (e luogo) alla relazione con i bambini e dall’altra di sperimentare le nuove normative. Insegnanti e famiglie sono quindi arrivate a settembre con la consapevolezza che la scuola sarebbe stata necessariamente diversa da quella a cui tutti erano abituati, ma ugualmente grate per questa possibilità.

La dott.ssa Manuela Tomisich, psicologa che ha collaborato al gruppo di ricerca, mette in luce come la portata di quanto abbiamo vissuto e di quanto ancora stiamo vivendo ponga una sfida rilevante per le generazioni: assicurare un progetto educativo e socializzante qualitativamente elevato che non si lasci schiacciare da vincoli e procedure.

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Redazione

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