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Donne e testi sacri, protagonismo femminile e sfide interpretative

02 dicembre 2024

Donne e testi sacri, protagonismo femminile e sfide interpretative

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Ragionare sull’origine, sulla trasmissione e sull’interpretazione di passi scritturistici che abbiano per protagoniste le donne: questo il focus del convegno tenutosi a Milano il 26 e 27 novembre, con il quale il Dipartimento di Scienze Religiose, diretto dal professor Marco Rizzi, ha invitato a riflettere sulle Scritture fondative delle tre religioni abramitiche e sulla loro ricezione nelle comunità credenti. La citazione paolina scelta come titolo (“Le donne nelle assemblee tacciano” – 1Cor 14,34) è un esempio di come i testi risentano di condizionamenti antropologici, storici, sociali e culturali dell’ambiente in cui si sviluppano; meno evidenti sono invece i meccanismi che condizionano la canonizzazione, la trasmissione e l’interpretazione di passi che fin dalla loro origine rivelano uno scarto rispetto al sentire comune. Le storie di donne ben si prestano a mostrare questi fenomeni: tentativi di “far tacere” alcune narrazioni di protagonismo femminile si registrano in tutte e tre le religioni abramitiche (e probabilmente non solo in quelle), ai vari livelli della storia dei testi. 

È il caso di Debora, profetessa e giudice di Israele secondo Gdc 4, che funge da guida al comandante degli Israeliti Barak nello scontro con i Cananei. Tutto il racconto è costruito attorno ai personaggi femminili, come ha sottolineato Claudio Balzaretti, traduttore e commentatore di diversi libri dell’Antico Testamento: la critica dibatte se questo intenda celebrare il potere femminile o invece descrivere il caos dell’Israele premonarchico. Sia come sia, Giuseppe Flavio (I sec. d.C.) evitò di conservare a Debora l’epiteto di giudice, i canonisti medievali dovettero enfatizzare il superamento dell’Antico Testamento da parte del Nuovo per togliere fondamento al fatto che una donna potesse essere riconosciuta in grado di giudicare, e gli esegeti in generale dovettero rimettere all’infinito potere di Dio l’aver concesso a una donna un ruolo così essenziale. D’altra parte il Talmud, che raccoglie le interpretazioni rabbiniche della Torah e fonda il sistema giuridico giudaico, ribadisce a più riprese l’inaffidabilità delle donne anche solo come testimoni, accusandone la sfrontatezza e la leggerezza, come ha riferito Tal Ilan, studiosa israeliana, già docente di Studi Ebraici presso la Freie Universität di Berlino.
 

 

Limitando invece lo sguardo alla primissima età cristiana, cioè all’origine del Nuovo Testamento, il ruolo delle donne appare in progressiva espansione, come ha suggerito Flavio Dalla Vecchia, docente di Sacra Scrittura e di Lingua Ebraica presso l’Università Cattolica: il più antico vangelo, quello di Marco, dice infatti che le donne testimoni del sepolcro vuoto “non dissero niente a nessuno, perché avevano paura” (Mc 16,8); così il primo annuncio, tràdito da Paolo in 1Cor 15,3-5, afferma che Gesù “apparve a Cefa, e quindi ai dodici”. Sono i resoconti evangelici successivi a sottolineare, verosimilmente sulla base di più antiche memorie, il ruolo delle donne come annunciatrici della resurrezione. L’espansione del ruolo femminile trova conferma nel fatto che in Gv 11,27 è una donna, Marta, ad esprimere la professione di fede che nei Sinottici è attribuita a Pietro. Ma Tabità, una “discepola” (secondo At 9,36) che Pietro fa risorgere dai morti, presto perse – negli scritti patristici – la propria qualifica, venendo ricordata soltanto per le sue opere buone. Del resto, Gabriella Aragione, docente di Storia del Cristianesimo Antico presso l’Università di Strasburgo ha spiegato che nei primi testi cristiani sono menzionate diverse donne “discepole”, “apostole”, “diacone”, prima che l’istituzionalizzazione della Chiesa vanificasse queste qualifiche.

Anche i passi coranici ed extra-coranici che narrano di donne con ruoli cardine nella storia del mondo (Eva, Agar, Sara, Maria), pur recuperando tradizioni già bibliche, conferiscono alle protagoniste virtù che le rendono modelli di femminilità assai lontani da certe attestazioni di inferiorità muliebre presenti nel Corano e nella tradizione islamica, come ha fatto notare Ida Zilio Grandi, docente di Lingua Araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia e traduttrice del Corano (Mondadori 2010). A questo proposito è stata illuminante la relazione di Deborah Scolart, docente di Diritto Islamico presso l’Università di Napoli L’Orientale: con un percorso attraverso i corpora legislativi di Pakistan e Afghanistan, ha evidenziato la fatica di entrambi i Paesi ad abbandonare antiche usanze ferocemente patriarcali, che si sposano opportunisticamente con gli aspetti più retrivi della tradizione islamica, ma affondano le loro radici nell’arretratezza sociale e culturale di quei territori, al punto che la shari‘a islamica risulta quasi un elemento modernizzante del sistema giuridico. In questo caso la tradizione coranica appare alleata di tendenze discriminatorie e oppressive, ma ha invece le carte per giocare a favore del riconoscimento della pari dignità di ogni individuo.

Il convegno ha voluto nel complesso de-silenziare alcuni brani di protagonismo femminile e riportare alla luce, dal tesoro delle tradizioni religiose, aspetti che le stesse tradizioni hanno talora occultato, preferendo aderire al sentire condiviso piuttosto che accogliere elementi potenzialmente dirompenti.
 


A Feminist Commentary on the Babylonian Talmud e Wisdom Commentary

Negli ultimi anni si è diffusa in ambito ebraico, cristiano e islamico una maggiore sensibilità nei confronti di letture femministe dei testi sacri. Due esempi di queste linee di ricerca sono le collane A Feminist Commentary on the Babylonian Talmud e Wisdom Commentary, recentemente acquisite dalla Biblioteca d’Ateneo.

Il Talmud rappresenta la via ebraica di accesso alla Bibbia: studiare il Talmud significa studiare il modo in cui per secoli e fino ad oggi il mondo ebraico legge, interpreta e attualizza il testo biblico. Il commento femminista curato da Tal Ilan vuole proporre un’interpretazione del Talmud attenta alle dinamiche di genere e al ruolo delle donne. A Feminist Commentary on the Babylonian Talmud si compone ad oggi di 11 volumi editi e dovrebbe coprire l’intero corpus talmudico con un totale di 90 volumi di commento. Molte sono le autrici e, ad oggi, uno solo l’autore dei commenti, provenienti da tutte le denominazioni della galassia ebraica. 

Un simile spirito interdisciplinare nella lettura dei testi sacri in prospettiva femminista è alla base del Wisdom Commentary, un progetto in 58 volumi (32 già editi o in pubblicazione), a cura di esperte ed esperti di studi biblici con il coordinamento di Barbara E. Reid. Ne risulta uno strumento di approfondimento che dà voce alle istanze della contemporaneità tenendo sempre presente l’originale cornice storica, letteraria e linguistica dei testi, ripercorsa alla luce delle importanti acquisizioni della critica femminista: una lettura rinnovata e attuale delle Scritture sacre ebraiche e cristiane, nella piena e condivisa consapevolezza che «la Sapienza è transculturale, internazionale e interreligiosa» (E. Schüssler Fiorenza in WisCom 50, xxii – or. ingl.).
 

Un articolo di

Mariachiara Fincati

Mariachiara Fincati

docente di Filologia biblica in Università Cattolica

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