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Enti ecclesiastici e riforma del Terzo settore: opportunità o rischio?

16 dicembre 2020

Enti ecclesiastici e riforma del Terzo settore: opportunità o rischio?

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È noto agli operatori del settore che il Decreto legislativo del 3 luglio 2017, conosciuto come Codice del Terzo Settore, ha provveduto al riordino e alla revisione complessiva della disciplina civilistica e fiscale, definendo gli enti che fanno parte del Terzo settore organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, imprese sociali (incluse le cooperative sociali), reti associative, società di mutuo soccorso, associazioni riconosciute o non riconosciute, fondazioni e altri enti di carattere privato.

Proprio l’illustrazione del regime civile e fiscale degli enti ecclesiastici, sottoposti all’ordinamento canonico ma raccordati all’ordinamento civile tramite le norme concordatarie, è stata oggetto del convegno organizzato l’11 dicembre dal Centro studi sugli enti ecclesiastici (Cesen) e dall’Osservatorio giuridico legislativo regionale lombardo, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per i problemi giuridici della Conferenza Episcopale Italiana, l’Osservatorio giuridico legislativo della Conferenza Episcopale Italiana, l’Unione Superiore Maggiori d’Italia (USMI) e la Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM).

Nei saluti introduttivi di monsignor Roberto Malpelo, sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana e direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi giuridici, e di monsignor Marino Mosconi, responsabile dell’Osservatorio giuridico legislativo regionale lombardo, è stato citato il pensiero di Papa Francesco in relazione all’uso dei beni per un’azione caritativa non improvvisata al fine di tenere presente che la chiesa non è una ONG ma la sua missione è quella di portare Cristo al mondo, restando fedeli al Vangelo e alla testimonianza cristiana.

Il quadro di riferimento normativo su enti ecclesiastici e riforma del Terzo settore è stato al centro della relazione di Andrea Perrone, direttore del Cesen, il quale ha illustrato le nuove regole che si propongono di disciplinare in modo organico il settore. Delicato risulta essere il rapporto tra l’ente ecclesiastico di partenza e l’ente strumentale che fa impresa sociale. Sono da considerare tutta una serie di attività, dall’accesso alle risorse, alla tenuta delle scritture contabili, per citarne alcune. Per il professor Perrone la riforma del 2017 rappresenta un costo, un rischio e una opportunità: «Un costo perché la professionalizzazione dell’ente implica oneri economici, un rischio perché il restare fuori dal registro del Terzo settore può voler dire perdere ricavi diretti e indiretti o essere esclusi da convenzioni con enti pubblici, una opportunità perché può favorire effetti organizzativi efficienti e la sostenibilità delle opere». Insomma, per Perrone, non si tratta di individuare una soluzione uguale per tutti, ma di operare scelte adeguate per il caso specifico. Il suo suggerimento è stato quello di ragionare in termini di rete del Terzo settore, perché l’unione fa la forza, e in tal modo è garantito un maggior coordinamento e tutela degli enti per contenere i costi, promuoverne le attività e consentire partenariati con le pubbliche amministrazioni.

Sui limiti e le opportunità della riforma del Terzo settore per gli enti ecclesiastici è ritornato don Michele Porcelluzzi, referente operativo dell’Osservatorio giuridico legislativo regionale lombardo, il quale ha evidenziato le tante incertezze e le questioni aperte dalla nuova normativa, con particolare riferimento alla separazione dei patrimoni tra l’ente ecclesiastico e l’ente strumentale, risultando ancora incerta l’autonomia patrimoniale di quest’ultimo e fondato il rischio che i creditori possano aggredire il patrimonio dell’ente ecclesiastico. Per don Porcelluzzi una spada di Damocle è rappresentata anche dalla prevista autorizzazione della Commissione europea. Pertanto, ha affermato, «la sfida è riuscire a conservare il carisma e il senso di responsabilità».

Le implicazioni fiscali della riforma del Terzo settore sono state oggetto dell’ampia relazione dell’avvocato Massimo Merlini che si è soffermato sui proventi delle attività commerciali nell’ambito di tali categorie di enti. Molto concrete le osservazioni conclusive a cura di monsignor Franco Agnesi, vicario generale dell’arcidiocesi di Milano e delegato per l’Osservatorio giuridico legislativo regionale lombardo, che si è detto fiducioso di poter disporre di persone che con competenza e dedizione operano in questo settore. Sull’adeguamento degli enti ecclesiastici alla nuova normativa non bisogna avere ansia, ma disporre del tempo per approfondire, consapevoli che “tocca a noi, insieme” operare le scelte più opportune, parafrasando il Discorso alla città dell’arcivescovo di Milano, Mario Delpini.

 

Un articolo di

Agostino Picicco

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