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Ettore Bernabei, visione e realtà

04 maggio 2022

Ettore Bernabei, visione e realtà

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«Un personaggio di grande spessore, che oggi appare molto più elevato di quanto riconosciuto dai suoi contemporanei». Con queste parole il professor Agostino Giovagnoli, docente di Storia e direttore del Centro di Ricerca World History ha introdotto la figura di Ettore Bernabei, lo storico direttore generale della Rai, in occasione della presentazione del libro di Piero Meucci “Ettore Bernabei. Il primato della politica”, una raccolta inedita dei diari non solo del dirigente ma anche dell’uomo, con le sue annotazioni e i giudizi taglienti sui grandi del mondo dell’economia e della politica che ebbe modo di frequentare.

A cento anni dalla nascita questi scritti tracciano un racconto che attraversa la seconda metà del Novecento annotando eventi e indiscrezioni di un “Paese giovane invecchiato troppo velocemente, dove però il potere era ancora sinonimo di privilegio, sacrificio e servizio per la comunità”.


«Un manager che nonostante tutto – ha spiegato l’autore Piero Meucci nel corso dell’incontro che si è tenuto nell’aula Negri da Oleggio dell’Università Cattolica martedì 3 maggio - resta soprattutto un giornalista che anche nei suoi diari si virgoletta, cita le fonti e scrive in stile brillante come dimostra l’accuratissima e dettagliata descrizione dei luoghi. Davvero di rilievo, per esempio, le pagine in cui Bernabei racconta in modo dettagliato la casa di Nasser. Bernabei aveva grande nostalgia della scrittura giornalistica, più letteraria che politica».

Alla presentazione, moderata dalla giornalista Fabiana Giacomotti, sono intervenuti i professori Armando Fumagalli, direttore Master International Screenwriting and Production (MISP) e Aldo Grasso, docente di Storia e linguaggi del broadcasting.

«Bernabei era una personalità dallo spiccato spirito di servizio – ha detto Fumagalli - che ha sempre puntato sui giovani come dimostra, nel corso dell’esperienza in Lux Vide, un’intera generazione di brillanti under 30 subito inseriti in posizioni di responsabilità e rilievo. Aveva capito che la tv non era fatta di tecnologia e software ma di uomini e cultura, per questo era molto legato all’Università Cattolica che stimava moltissimo».

«Gli vanno riconosciuti due grandi meriti – ha ricordato Grasso - il primo è che si è sempre basato su grandi professionisti. Non tollerava persone “improvvisate” o “raccomandate”. Anche affrontando battaglie che gli sono costate impopolarità. L’altro è che ha sempre avuto come priorità il bene dell’azienda. E aveva capito che era necessario investire per dare una dimensione europea alla Rai. Oggi – ha concluso - è cambiato tutto, gli scenari sono differenti. Bernabei è stato anche fortunato perché si è trovato a operare nell’epoca d’oro della televisione. Ma una cosa è certa, mai si sarebbe fatto mettere il bavaglio dalla Commissione di Vigilanza di turno…».

Un articolo di

Luca Aprea

Luca Aprea

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