C’è un valore aggiunto nella ricerca universitaria, oggi tra le questioni al centro delle politiche dei governi tanto in Europa quanto in Italia. Si tratta del tema dell'uguaglianza di genere, «uno degli aspetti più attenzionati a Bruxelles che riguarda sia i ricercatori e le ricercatrici sia i contenuti dei progetti di ricerca. Infatti, la valutazione di questi progetti riguarda al 50% la qualità dei contenuti e al 50% una serie di condizioni trasversali di cui il Gender equality plan fa parte». Guido Castelli, direttore della Funzione Ricerca dell’Università Cattolica, ha aperto così l’incontro di giovedì 7 luglio dedicato proprio al Gender equality plan nella ricerca e nell’innovazione, nell’ambito del ciclo di formazione “I giovedì della ricerca europea. Conoscere Horizon Europe per ampliare strumenti e orizzonti della ricerca”.
Il tema è stato ampiamente sviluppato da Antonella Liccardo, delegata del Rettore per il Bilancio di genere dell’Università degli Studi di Napoli e coordinatrice del Gruppo di lavoro sul Bilancio di genere della CRUI. «Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito all’acquisizione di consapevolezza e responsabilità degli atenei rispetto al genere. Nel 2017 le università italiane hanno pubblicato il primo “bilancio di genere”. E il tavolo di lavoro nazionale è diventato una vera e propria commissione con quattro gruppi di lavoro sul bilancio, il linguaggio di genere, il genere nella Governance e il Gender equality plan» - ha spiegato la professoressa. E molte sono le attività messe in campo per analizzare il fenomeno, come una dashboard per rilevare gli indicatori, aggiornare i dati ed esportarli in modo che ciascun ateneo possa avere accesso ai propri semplicemente collegandosi alla banca dati.
«Si sta lavorando su una riclassificazione dei costi della ricerca secondo la prospettiva di genere con l’obiettivo di consentire agli organi di governo di valutare le risorse assegnate per la riduzione delle disparità di genere in sede previsionale e di analizzare, dal punto di vista economico, il grado di realizzazione delle iniziative preventivate» - ha continuato la docente.
L’aspetto economico è fondamentale tanto quanto il fatto che l’intero ciclo del bilancio di genere sia attivato. A partire dall’analisi del contesto, fino all’individuazione delle criticità e degli obiettivi di parità, alla programmazione e realizzazione delle azioni, all’assegnazione di risorse, al monitoraggio del risultato oltre che all’impatto delle azioni messe in campo e delle risorse effettivamente investite.
Liccardo ha sottolineato che nel programma Horizon Europe emerge un approccio responsabile alla ricerca: scienza, tecnologia e società devono intrecciarsi sempre più. Uno dei pilastri della Responsible Research Innovation è il Gender equality plan con obiettivi precisi da raggiungere, ovvero l’uguaglianza di genere nelle carriere scientifiche, il bilanciamento di genere negli organi decisionali, l’integrazione della dimensione di genere nei contenuti della ricerca.
In concreto questo significa ad esempio utilizzare l’intelligenza artificiale come fonte di nuove opportunità di uguaglianza di genere, o in campo medico sviluppare una medicina sempre più personalizzata con farmaci differenti tra donne e uomini.
Seguire la direzione della parità implica anche ridurre le cosiddette “segregazione orizzontale” e “segregazione verticale”. Per quanto riguarda la prima «è importante partire dalle scuole dove in particolare i più piccoli vanno educati alla consapevolezza delle disparità di genere in modo che ne siano a conoscenza» - ha sottolineato Liccardo -. La seconda invece prevede azioni quali ad esempio un programma di mentoring, la formazione degli unconscious bias, borse di sostegno alle ricercatrici in maternità, meccanismi premiali.
L’Università Cattolica vede nelle pari opportunità l’occasione del «riconoscimento dell’uguale dignità di tutte le persone nel rispetto della loro unicità differenziante, andando al tempo stesso al di là della diversità di genere» - ha dichiarato Raffaella Iafrate, delegata rettorale alle pari opportunità dell’Ateneo, che è intervenuta al convegno. Da anni all’interno dell’Ateneo esiste un Comitato Pari Opportunità che promuove iniziative di tipo culturale sul tema e che affianca le iniziative di molti docenti che sul versante scientifico affrontano il tema all’interno dei programmi didattici e di ricerca. La parità di genere non riguarda solo la differenza tra uomo e donna ma coinvolge altre dimensioni dell’umano: le condizioni socio-economiche, le etnie; le religioni; la disabilità; l’intersectionality ovvero l’intreccio di condizioni di potenziale fragilità. Il Gender equality plan attivo in Università Cattolica da alcuni mesi sta mappando tutte le realtà esistenti che si occupano del tema e intende comunicarle in modo da creare consapevolezza. «Si stanno attuando iniziative trasversali - ha detto Iafrate -, come identificare referenti per ciascuna iniziativa, valorizzare le iniziative culturali in atto, attuare e monitorare le azioni del GEP ed estenderle ad altre tipologie di pari opportunità». Alla fase di ascolto attraverso un sondaggio e la raccolta di indicazioni da parte di docenti su possibili azioni e punti di attenzione relativi alle Pari opportunità, si affianca un lavoro nell’ambito della ricerca che coinvolge i direttori di dipartimento e dei centri di ricerca perché documentino attività già in corso riconducibili al tema delle Pari opportunità e diano indicazioni sulla costituzione di team di ricerca che rispettino criteri di inclusività e parità di genere.
A entrare nel merito del Gender equality plan dell’Ateneo è stata Claudia Manzi, componente del GEP Team dell’Ateneo, che ne ha dato una definizione precisa. «Si tratta di un documento che riguarda il triennio 2022/24, finalizzato a ridurre le asimmetrie di genere, nato come richiesto dalla Comunità europea per la partecipazione ai bandi Horizon - ha dichiarato Manzi -. Si sono così costituiti il GEP Team e poi un Comitato tecnico a supporto». Dopo un’istruttoria su documenti della CRUI e il bilancio di genere, il GEP, composto da rappresentanti dell’intera comunità di ateneo (accademica, studentesca, tecnica e amministrativa), deve indirizzare e garantire l’attuazione e il monitoraggio delle azioni promosse. Dal primo bilancio di genere sono emersi dati interessanti. «Nel 2020/21 le iscrizioni all’Università vedono una maggiore presenza di donne nelle facoltà di Psicologia, Scienze della formazione, Scienze linguistiche, Scienze politiche e sociali, Lettere e filosofia, Medicina e chirurgia e Giurisprudenza (dati condivisi dagli altri atenei). Nelle facoltà di Economia, Economia e Giurisprudenza e Scienze matematiche, fisiche e naturali le iscrizioni sono in sostanziale parità di genere, mentre si riscontra uno sbilanciamento di genere sul versante maschile nelle facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali e Scienze bancarie, finanziarie e assicurative - ha sintetizzato Manzi -. In generale sul totale degli studenti iscritti il 66,5% è donna. E ci sono prevalentemente donne tra i dottorandi (60,3%) e gli assegnisti di ricerca (63%), mentre nei percorsi di carriera si nota una prevalenza maschile agli apici. Il trend però rileva un aumento delle donne dal 2010 al 2020 e una decrescita degli uomini tra i professori di prima e seconda fascia. Nell’ambito del personale tecnico amministrativo in generale sono più numerose le donne ma i ruoli dirigenziali nel 75% dei casi sono ancora ricoperti da uomini».
L’Ateneo è dotato di un Comitato Pari Opportunità e di un Organo di Vigilanza e sul fronte scientifico rileva oltre 3000 tra articoli e pubblicazioni di docenti e ricercatori che si sono occupati della tematica del genere e centinaia di progetti di ricerca finanziati e premiati con fondi dell’Ateneo.
Gli interventi in corso a supporto del GEP sono in linea con le cinque aree di intervento indicate dalla Commissione europea ovvero: equilibrio vita privata e lavorativa e cultura dell'organizzazione; equilibrio di genere nelle posizioni di vertice e negli organi decisionali; uguaglianza di genere nel reclutamento e nelle progressioni di carriera; integrazione della dimensione di genere nella ricerca e nei programmi degli insegnamenti; prevenzione delle discriminazioni di genere.
Una linea confermata da Marzia Benelli, direttrice delle Risorse umane dell’Ateneo, che ha specificato come l’Ateneo stia attivamente riflettendo su iniziative di “people caring” e sulle politiche di conciliazione famiglia-lavoro. È prevista una rivalutazione del piano di welfare aziendale per il personale e una verifica sugli istituti contrattuali relativi alla flessibilità di lavoro per il personale tecnico amministrativo oltre che forme di agevolazioni per il rientro dei ricercatori dopo la maternità e la paternità.