Campeggia a caratteri cubitali all’ingresso del Memoriale della Shoah di Milano. È la parola “indifferenza”, chiave dell’impegno educativo verso le generazioni più giovani secondo Domenico Simeone, preside della Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica che ha introdotto alcuni giorni fa il convegno “Racconto della Shoah e linguaggi ostili. Contrastare i pregiudizi in classe” che ha anticipato il Giorno della Memoria del 27 gennaio.
«La didattica della Memoria è basata su tre momenti, ovvero l’esperienza soggettiva e personale attraverso l’accostamento alle storie e alle testimonianze; la contestualizzazione geo temporale degli eventi; la capacità di leggere la storia nel presente e nel futuro creando un impegno per i diritti umani e la tolleranza, sviluppando così la dimensione civica e politica». Il Preside ha accennato anche alle guerre in atto che per la nostra società sono l’occasione per rinvigorire l’antisemitismo. «L’ostilità ancestrale si adatta alle circostanze del periodo storico approfittando di un pubblico indebolito dalla crisi. La banalizzazione e distorsione della Shoah sono una manifestazione di questo fenomeno che nella logica onlife si normalizza nella società».
Al seminario, promosso dall’Università Cattolica in collaborazione con la Fondazione Memoriale della Shoah di Milano Onlus e con il Patrocinio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, Figli della Shoah e Gardens of the Righteous Worldwide, ha portato il suo saluto anche Roberto Jarach, presidente del Memoriale. «Unendo le forze possiamo mettere in atto politiche di difesa dal proliferare delle espressioni dell’antisemitismo soprattutto nella situazione attuale della guerra tra Israele e Palestina». L’impegno educativo svolto costantemente nelle scuole ha portato a risultati incoraggianti, come testimoniano i numeri dei visitatori del Memoriale: «145.000 nel 2023 di cui 62.000 studenti. Questo risultato è confermato dalle prenotazioni di quest’anno. Gli insegnanti portano allievi sempre più preparati e coscienti alla visita del Memoriale» - ha concluso Jarach.
Per questo sono preziose le Linee guida sul contrasto all’antisemitismo nella scuola, promosse dall’Unione delle comunità ebraiche italiane, il cui presidente Saul Meghnagi, ha sottolineato la mission: Chi ha agito la Shoah? Come muoversi nella relazione tra storia e memoria? Come la cultura europea, cuore pulsante di filosofia, musica e pensiero degli anni Trenta, ha potuto partorire questo mostro? Le Linee guida hanno condotto il lavoro svolto tra i giovani grazie ai testimoni ancora in vita in quanto il ricordo è un elemento che incide sul pensiero dei giovani».
Questa azione educativa passa innanzitutto attraverso il linguaggio che crea la realtà, come ha dimostrato la Lingua Tertii Imperii, quella del Terzo Reich che «doveva creare parole quotidiane, tossiche, ripetitive, martellanti, inconsciamente fissate nella memoria - come ha sottolineato Milena Santerini, promotrice del convegno e vice presidente del Memoriale -. Il linguaggio burocratico dei campi era strutturato in modo omicida, finalizzato alla disumanizzazione e alla distruzione della dignità degli esseri umani.
Al linguaggio esplicito di incitamento alla violenza attraverso slogan e immagini che suscitavano paura, sospetto e risentimento si può accostare oggi il linguaggio d’odio e dell’esclusione che erode la visione dei diritti faticosamente costruita nel dopo guerra.
«Oggi i discorsi d’odio prevedono innanzitutto una struttura narrativa elementare binaria - ha specificato Santerini -. Emblematico è il caso del capitalismo globale identificato spesso con figure del mondo ebraico come George Soros, accusato di sostituzione etnica. Inoltre essi materializzano la lingua, creando automatismi e ripetizioni che spersonalizzano. Questo occultamento viene usato per sfuggire alla censura e alle denunce legali di cui sono passibili i crimini d’odio». Un esempio sono i trolls del web che si nascondono dietro meme, allusioni, sigle e simboli che solo gli adepti devono conoscere. Infine, la strategia d’odio più insidiosa e pericolosa è disumanizzare, trasformare le persone in sotto uomini, creature indegne di essere tra noi, ad esempio paragonandole ad animali che creano ripulsa come topi, cani, maiali, scimmie, serpenti, insetti.
«La scuola deve aiutare a decifrare i linguaggi verbali, non verbali e iconografici per scoprire l’eventuale manipolazione nascosta e deve adottare una prospettiva storica che consenta di affrontare anche questioni come la guerra israelo-palestinese e di distinguere concetti come antisemitismo e antisionismo». A proposito del conflitto in atto, Santerini ha dichiarato che «si può essere più filo israeliani ma comprendere le ragioni dei palestinesi e viceversa. Se la scuola educasse a respingere la logica del nemico avrebbe risposto a una grande domanda del nostro tempo».
Al seminario, coordinato da Mattia Lamberti dell’Università Cattolica, è intervenuta anche Daniela Dana dell’Associazione Figli della Shoah che ha raccontato come viene utilizzata nelle classi la “piramide dell’odio” spiegando voce per voce il significato di stereotipi, scherzi, pettegolezzi, pregiudizi, passando poi alla discriminazione e linguaggio d’odio, poi alla violenza contro cose e persone e infine alla persecuzione e al genocidio.
Patrizia Baldi della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea ha precisato le azioni della Fondazione relative al contrasto all’antisemitismo e ad altre forme di discriminazione.
Infine, Gabriele Nissim, presidente di “Gariwo. La foresta dei Giusti”, ha portato l’attenzione sulla tesi che, quando nascono regimi totalitari, la discriminazione arriva sempre a coinvolgere gli ebrei e che si fa un errore storico quando si pensa che l’antisemitismo colpisca esclusivamente gli ebrei. Come nell’idea di Hitler c’era la volontà di dominare il mondo e non solo di distruggere gli ebrei, così anche oggi i morti non esistono solo a causa di conflitti territoriali ma a causa dell’antisemitismo.
«L’essere umano è sempre di fronte a due alternative, o vivere in armonia o guardare all’altro come un nemico - ha dichiarato Nissim -. Sono tante le forme di odio, odio verso le donne o altre etnie, odio sociale, odio di genere, nello sport verso gli avversari, odio dei social, odio politico, odio sul lavoro, ma l’odio più pericoloso è quello che viene legittimato dagli stati fondamentalisti e totalitari con leggi e persecuzioni contro i nemici e gruppi politici differenti». Perché, come diceva Hanna Arendt, alla base dei totalitarismi c’è la negazione della pluralità umana. Non un uomo ma uomini abitano questo pianeta.