La settimana del Festival di Sanremo è trascorsa in un batter d’occhio, ma ci lascia numerosi spunti, riflessioni e anche qualche tormentone che fatichiamo a toglierci dalla testa. Al di là di ogni aspetto puramente musicale, la kermesse sanremese rappresenta un evento mediatico unico nel nostro Paese e non solo, fondendo al suo interno tradizione e innovazione, vecchie e nuove generazioni. Di questo e molto altro abbiamo parlato con Paolo Carelli, docente di Storia e linguaggi del broadcasting all'Università Cattolica e ricercatore del Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi (Ce.R.T.A.)
Quanto ha pesato il pubblico giovanile nel successo di Mahmood e Blanco, ma anche nella riscoperta di alcune “vecchie glorie”?
«La canzone vincitrice funziona perché è un buon mix tra il tradizionale brano sanremese e alcuni elementi innovativi e contemporanei. Al di là della vittoria di Mahmood e Blanco, negli ultimi anni il Festival ha riscontrato un grande seguito soprattutto nei giovani. Basti pensare che solo nella prima serata lo share ha raggiunto una media del 72% nella fascia di pubblico tra i 20 e i 24 anni. Senza dubbio questo dato ha influito anche nell’esaltazione di cantanti di un’altra generazione. Su tutti, Gianni Morandi, che con la sua autoironia e la sua espressività riesce a catalizzare l’attenzione anche dei più giovani. Non è un caso se il podio rappresenta tre generazioni della musica italiana».
Come spiega il costante successo mediatico del Festival di Sanremo, soprattutto nei social?
«Siamo di fronte a un grande evento in diretta su una tv generalista, che viene visto da milioni di italiani. Di fatto, è lo spazio televisivo per eccellenza in grado di generare un’attenzione così diffusa e simultanea. Ne consegue una notevole interazione sui social, perché le persone sono consapevoli di commentare in tempo reale e nello stesso momento quello che stanno guardando tutti. Si deve anche considerare che la Rai ha adottato una precisa strategia di autopromozione durante l’evento. Per esempio, sono stati lanciati diversi spot per sponsorizzare le nuove serie tv targate Rai. Al tempo stesso molte grandi aziende, come Netflix, Spotify e Amazon Prime Video hanno sfruttato la vetrina del festival per pubblicizzare i propri prodotti».
Qual è stato l’impatto di Amadeus nel valorizzare Sanremo negli ultimi tre anni?
«L’operazione che ha fatto Amadeus nei suoi tre anni di conduzione è stata significativa. Piace perché ha provato a coinvolgere la varietà che caratterizza un pubblico vasto. Ha attratto gli spettatori con simpatiche gag verso la sua persona e allo stesso tempo è riuscito a valorizzare gli ospiti che si sono alternati sul palco. Queste capacità lo fanno sentire più vicino al pubblico, ma nonostante questo non appare come un “semplice” conduttore. Amadeus, che da anni è un volto noto in casa Rai, è riuscito a creare attorno a sé un ambiente positivo ed energico, dando valore soprattutto agli ospiti e alle co-conduttrici».
Cosa rappresentano i discorsi delle co-conduttrici, in particolar modo il monologo sul razzismo di Lorena Cesarini e il “non monologo” sulla leggerezza di Sabrina Ferilli?
«Sono le tante facce di Sanremo, nonché la sua essenza, quella di dare voce e spazio a più visioni della nostra società. Ormai è da anni che il Festival ha abituato gli spettatori ad affrontare le tematiche più disparate. Saper toccare sensibilità diverse e saper mischiare diversi fattori: dai più complessi a quelli più leggeri, appunto. Ma non è solo il mescolare, anche il dosaggio di questi elementi è importante. Dopo un discorso profondo come quello sul razzismo era giusto dare spazio a una riflessione più leggera».
Il vero tormentone del Festival è stato il FantaSanremo. Una trovata fine a sé stessa o un tocco di colore originale?
«Sicuramente ha dato una nota di colore in più al Festival. D’altronde è stato divertente vedere i cantanti in gara comportarsi in modo bizzarro o pronunciare “Papalina”. Tuttavia, di serata in serata, si è persa un po’ l’essenza del gioco, con diverse forzature da parte dei cantanti stessi. Di certo, però, si tratta di un altro modo ingegnoso e godibile per attrarre il pubblico e aumentare lo spettacolo».