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Il benessere dei giovani tra rischi e opportunità nell’uso dei social media

31 maggio 2022

Il benessere dei giovani tra rischi e opportunità nell’uso dei social media

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Tra i temi di maggior attualità dell’universo giovanile c’è il rapporto tra giovani e media digitali che risentono di dinamiche trasformative in continua evoluzione ed evidenziano il ruolo educativo dell’adulto con ricadute nel campo della didattica, del rendimento scolastico e della terza missione. «L’uso dei social evidenzia pratiche comportamentali, stereotipi di genere, l’importanza della persona, l’accompagnamento ad un uso consapevole», ha affermato la professoressa Antonella Marchetti, direttrice del Dipartimento di Psicologia, introducendo il seminario “Giovani e social media. Rischi e opportunità per il benessere” che si è svolto martedì 24 maggio con il coinvolgimento dei docenti delle facoltà di Psicologia e di Scienze della formazione, autori di una ricerca sul tema, moderati dalla psicologa Emanuela Confalonieri in dialogo con la curatrice Daniela Villani.

Le problematiche dell’uso dei social da parte dei più giovani sono legate alla propria immagine corporea con fenomeni di narcisismo ed estroversione, che trovano nel selfie la soddisfazione o insoddisfazione del proprio corpo in relazione ai modelli proposti on line. Nella relazione di Gaia Cuccì è emerso che «le ragazze postano selfie, anche ritoccati, per un’attenzione particolare verso il proprio corpo e per catturare l’emozione del momento, rivelandosi sensibili all’esteriorità e al “nevroticismo”, mentre nei ragazzi si coglie più autostima».

L’immagine corporea crea poi un confronto sociale, per lo più su Instagram (il social della condivisione delle foto e più utilizzato dai giovanissimi), attraverso il numero di like e di followers. Su questo aspetto Clelia Malighetti ha illustrato i dati relativi all’immagine corporea o alla solitudine di chi non riceve like. Inoltre, ha evidenziato i messaggi che arrivano dai social circa il proprio corpo inteso come oggetto da giudicare: «l’eccessiva magrezza è segno di bellezza e di saggezza, di conseguenza crescono i fenomeni di anoressia e bulimia nervosa e uso incontrollato del cibo».

Ma i social non toccano solo il tempo libero e la conseguente immagine che si vuole avere e dare di sé. Anche lo studio scolastico risente dell’uso del social in particolare nel campo del rendimento e delle motivazioni. Diego Boerchi, a tal proposito, ha fatto rilevare che «da un lato i social possono essere controproducenti per lo studio in quanto tolgono molto tempo e inficiano l’apprendimento, dall’altro lato sono una compensazione sociale allo studio». Ha quindi concluso con l’invito a lavorare su processi di autoregolazione e di scelte scolastiche.

Il concetto di autoregolamentazione tocca inevitabilmente il tema della “dieta mediatica” anche per i giovani adulti, della quale ha parlato Luca Milani, sull’educazione all’empatia e sull’educazione all’uso dei social media: «Bisogna imparare nel mondo del lavoro a convivere con le frequenti interruzioni di mail e notifiche di arrivo, per saper gestire il proprio tempo e abituare la mente a ritornare a livelli di prestazione prima dell’interruzione causata dagli strumenti digitali». In tal senso è molto importante il ruolo della Media Education come ha evidenziato la relazione di Davide Massaro.

L’intervento conclusivo di Giuseppe Riva ha visto l’ulteriore passaggio dai social al metaverso, individuando rischi e opportunità. Partendo dalla definizione delle comunità on line costituite da chi condivide interessi comuni, il passaggio dalla comunità fisica a quella digitale fa stare peggio le persone: «Il metaverso è un meccanismo di fusione tra mondo virtuale e mondo reale. Non utilizzeremo più il cellulare ma un paio di occhiali e per ogni oggetto fisico c’è un doppione digitale. Se il mondo fisico pone dei paletti, nel mondo virtuale non ci sono limiti e questo comporta dei cambiamenti radicali».

La riflessione emersa nel dibattito è che la tecnologia ci anticipa, ma l’intelligenza umana deve far sì che sia l’uomo stesso a guidarla, senza diventare schiavo del potere digitale.

 

 


Photo by Josh Rose on Unsplash

Un articolo di

Agostino Picicco

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