In questi giorni la Chiesa di Milano, nel centenario della morte avvenuta il 2 febbraio 1921, ricorda il cardinale Andrea Carlo Ferrari, arcivescovo di Milano dal 1894 al 1921.
Tra le figure più rilevanti di vescovi del secolo scorso, tanto da essere proclamato beato da papa Giovanni Paolo II il 10 maggio 1987, il suo episcopato incrocia la storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore nella fase fondativa sia per il rapporto privilegiato con la “tesoriera” Armida Barelli, da lui chiamata a costituire la Gioventù Femminile di Azione Cattolica nella diocesi di Milano, sia per essere stato Presidente onorario del comitato promotore della nascente Università Cattolica.
Ma procediamo con ordine. Andrea Ferrari – che assunse come secondo nome quello di Carlo dopo la nomina ad arcivescovo di Milano, per rimarcare il legame particolare con il patrono San Carlo Borromeo – nacque a Lalatta, località nel Comune di Palanzano, diocesi di Parma, nel 1850. Entrato nel seminario di Parma, fu ordinato sacerdote nel 1873. Insegnò per alcuni anni nello stesso seminario e ne divenne rettore. Nel 1890 papa Leone XIII lo nominò vescovo di Guastalla e l’anno successivo vescovo di Como. Nel 1894 giunse la nomina a cardinale e il trasferimento alla sede arcivescovile di Milano. Tra le sue tante iniziative, nel 1912 promosse la fondazione di un nuovo quotidiano che si chiamò L’Italia, fondò L’Opera cardinal Ferrari per l’assistenza ai poveri, visitò più volte le parrocchie della vasta diocesi, diede impulso all’associazionismo cattolico maschile e femminile.
Il rapporto con i fondatori dell’Università Cattolica si era consolidato già, nel 1917, quando – preoccupato di dare impulso alla promozione e alla formazione delle donne, per dare loro “la fierezza della loro fede” e gli strumenti per trasmetterla ai figli – aveva chiamato Armida Barelli a costituire nella diocesi ambrosiana la Gioventù Femminile di Azione Cattolica (che un gran ruolo avrebbe avuto nelle attività di sostegno economico dell’Ateneo). In quest’attività di formazione era supportata anche da don Francesco Olgiati, tra i collaboratori di padre Agostino Gemelli. «La fede – diceva il cardinale – ha bisogno d’istruzione e questa istruzione ha da farsi con la parola di Cristo; la fede teme soprattutto l’ignoranza, perché chi la ignora non può amarla, né praticarla».
Inoltre, a Milano il 2 aprile 1919 si svolgeva la prima seduta di costituzione del comitato promotore dell’Università Cattolica che vedeva il cardinal Ferrari presidente onorario, il conte Ernesto Lombardo presidente effettivo, e, tra i componenti, don Giovanni Rossi segretario dello stesso cardinal Ferrari.
Padre Gemelli nel frattempo si occupava di stendere lo statuto della nascente Università, dopo aver esaminato quelli delle maggiori Università d’Europa e d’America. Il 15 gennaio 1920 il comitato promotore, riunito in arcivescovado, consegnò lo statuto al cardinal Ferrari, già gravemente ammalato, che il 23 gennaio lo presentò a Benedetto XV, nonostante il tumore alla gola fosse in stato avanzato e lo rendesse afono.
Il Pontefice diede disposizione ai suoi collaboratori di fare in fretta nell’esame di statuti e regolamenti per poter dare al cardinal Ferrari la gioia, prima di morire, di consegnare a padre Gemelli la bolla di erezione dell’Università Cattolica. Così il 12 ottobre 1920 il cardinale diede notizia ai suoi diocesani «di un avvenimento che da lungo tempo sospiravamo e che da un anno siamo andati preprando: l’Università Cattolica della nostra Milano». E ancora: «Noi speriamo che questa nostra Università abbia a preparare all’Italia giorni più sereni, formando uomini competenti nelle scienze umane, ma addestrati e coltivati con spirito cattolico».
La prima copia di tale lettera la inviò proprio al comitato promotore con una offerta di centomila lire. Il giorno di Natale, poi, giunse il decreto con il quale Benedetto XV erigeva l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il cardinal Ferrari volle accanto a sé il comitato e, dopo aver fissato padre Gemelli, baciò la pergamena e gliela porse.
Ormai l’arcivescovo era ai suoi ultimi giorni e, quando le sofferenze aumentavano, il segretario don Giovanni Rossi gli suggeriva di offrire i suoi dolori per la futura Università Cattolica. E il cardinale apriva le braccia in segno di offerta. Vengono in mente le parole del cardinale Carlo Maria Martini che definiva il suo predecessore «un vescovo educato dal suo popolo».
Così, per fare memoria di questo pastore ambrosiano, il 31 gennaio nel Duomo di Milano si è svolta una solenne celebrazione, presieduta dall’arcivescovo Mario Delpini, presenti i vescovi della metropolia lombarda, in particolare quelli di Parma (diocesi dove si trova Lalatta, borgo natio del cardinal Ferrari), e di Reggio Emilia-Guastalla e Como, diocesi che lo ebbero giovane vescovo, prima di essere nominato arcivescovo di Milano.
Nell’omelia monsignor Delpini ha ricordato brevemente le tante opere messe in atto dal cardinal Ferrari nel lungo episcopato milanese, in particolare negli anni della prima guerra mondiale, della crisi che ne seguì e della rovinosa pandemia della “spagnola” In questo contesto sociale si adoperò nell’alleviare la povertà, rinsaldare l’associazionismo cattolico, promuovere la cultura.
Traendo spunto dal carattere del cardinal Ferrari, monsignor Delpini, immaginando che a parlare fosse lo stesso cardinale, ha rivolto questo invito: «Se vi trovate in un tempo tribolato per la pandemia, come è successo a me durante gli anni delle guerra e nella epidemia della spagnola, non preoccupatevi solo di voi stessi, siate amabili e solleciti nel prestare aiuto e nella prossimità a chi soffre di più». E ancora: «Non affannatevi a dimostrare quanto siete importanti per la società, siate amabili, continuate a fare bene il bene, a credere nella verità di cui dovete essere testimoni e a dimostrare con la pace, il sorriso, la bontà, l’amabilità della verità. (…) Quando siete circondati da pretese impossibili e non potete rispondere in modo adeguato ai bisogni della gente e della società, non scoraggiatevi, non lasciatevi prendere da una improduttiva frenesia, continuate a fare amabilmente quello che potete e fidatevi di Dio».
Un monito attuale per i nostri giorni e l’occasione per ricordare un grande pastore che tanto ha contribuito per il sorgere dell’Università Cattolica, pur non avendo avuto la gioia di partecipare alla giornata inaugurale del 7 dicembre 1921.