Ad esempio, verso un diverso modello di sviluppo dei territori montani e delle terre alte. Quelle da cui anch’io vengo. Non è più il tempo di guardare a modelli non replicabili (penso all’incidenza che il sistema del “Maso chiuso” ha avuto sulla salvaguardia dei paesaggi dell’Alto Adige), ma serve accendere un po’ l’immaginazione per percorrere strade nuove, strade su cui ci siamo già in parte incamminati. Serve un turismo più attento, che guarda alla montagna con l’obiet- tivo di farla vivere senza consumarla, di attraversarla senza sfruttarla. E serve un occhio di riguardo verso le nuove generazioni, a partire da quelle che già abitano le comunità montane. Per tutto questo c’è bisogno anche di studio e formazione: dunque ben vengano i giovani che scendono a valle a studiare, ma meglio se poi ne favoriamo il ritorno in quota. Dalle mie parti, ad esempio, sono molti quelli che dopo la laurea, e magari dopo aver fatto significative esperienze internazionali, tornano in montagna. Senza dubbio è un processo che arricchisce le persone, le comunità e le istituzioni.
Da parte mia, ma è solo un piccolo esempio, vorrei, da sportiva e da mamma, favorire il ritorno a una vita sana. Il lockdown – da questo punto di vista – è stato per me un’occasione straordinaria di immersione solitaria nella natura. Ho passeggiato da sola, come non facevo da tempo, all’aria aperta. Poi c’è il cibo: sono nata in un albergo dove la cucina era una passione, alimentata dalla creatività che si era generata dall’incontro fra la cucina valtellinese della nonna e quella veneziana del nonno. Poi, però, ho avuto comunque seri problemi con l’alimentazione a causa di un intervento all’intestino. Da tutte queste esperienze ho ricavato una lezione semplice, ma essenziale: il prodotto locale, l’adattamento ai tempi del raccolto, la gastronomia sana – anche quando è “povera” – sono ingredienti determinanti della qualità della vita. Se poi ci aggiungiamo una giusta dose di vita a diretto contatto con la natura, la rigenerazione è assicurata.
Sono cose che la montagna sa offrire e la cui consapevolezza sociale, forse, potrebbe significativamente aumentare anche grazie agli sport invernali e alla loro crescente visibilità.