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Il lockdown in Italia: diritto alle cure e implicazioni giuridiche

09 febbraio 2021

Il lockdown in Italia: diritto alle cure e implicazioni giuridiche

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La riorganizzazione dei servizi ospedalieri dovuta alla pandemia ha causato disagi configuranti profili di responsabilità sanitaria?

Questa la domanda che ha guidato il webinar “Controversie nelle misure di lockdown: tutela del diritto alle cure ed implicazioni medico-legali”, on line lo scorso 29 gennaio, promosso dalla sezione di Medicina Legale e delle assicurazioni del Dipartimento di Sicurezza e Bioetica della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e moderato dal professor Antonio Oliva, docente di medicina legale all’Università Cattolica e dalla dottoressa Silvia Sciorilli Borrelli, giornalista del Financial Times.

A confronto i modelli italiano e svedese, il primo illustrato dal professor Mario Di Bernardo, docente  di Automatica all’Università Federico II di Napoli, che ha evidenziato in un suo recente studio, pubblicato in ottobre su Nature, come le misure regionali di controllo dei contagi secondo il modello delle fasce di rischio (attraverso i diversi “colori”), accompagnate da un rigoroso monitoraggio dei contagi e degli spostamenti interregionali, siano in grado di evitare la saturazione della capacità ospedaliera regionale e comportino una riduzione della spesa economica.

Il secondo modello, spiegato dal dottor Anders Tegnell, Epidemiologo di Stato in Svezia, è basato su una combinazione di regole e sul richiamo al senso di responsabilità individuale e si incentra di fatto sul mantenimento di un rapporto di fiducia e comunicazione tra istituzioni e cittadini. Mostrando interesse per il modello italiano, Tegnell ha precisato che una regionalizzazione delle misure andrebbe introdotta anche nei paesi scandinavi, nei quali vi sono differenze in termini di rischio e capacità sanitaria tra le diverse aree territoriali.

I punti di vista dei docenti dell’Università Cattolica Roberto Cauda (Malattie infettive), Filippo Crea (Cardiologia), Antonio Gasbarrini, Lorenzo Zileri Dal Verme, Giampaolo Tortora (Oncologia medica), Vincenzo Valentini (Diagnostica per immagini e radioterapia) e Sergio Alfieri (Chirurgia Generale) hanno evidenziato che la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS è riuscita a erogare nel periodo primo e cruciale della pandemia lo stesso volume di prestazioni rispetto al periodo pre-pandemico (nel settore chirurgico si sono anche registrati aumenti del volume di interventi specialistici). Particolare attenzione è stata rivolta nei mesi scorsi ai pazienti oncologici, i quali, se non fosse stata garantita la continuità delle cure, sarebbero stati privati di probabilità di miglioramento o addirittura di sopravvivenza.

In Europa, in particolare in Italia, si prevede nel breve termine un significativo aumento della mortalità per malattie non Covid-19 correlate (ad esempio per tumori dell’apparato digerente), a causa della difficoltà di molte strutture ospedaliere di rispondere ai bisogni di diagnosi e cura “ordinari” dei cittadini. Il diverso andamento registrato al Policlinico Gemelli è stato, dunque, attribuito a un’organizzazione rigorosa dei percorsi e degli ambienti ospedalieri che ha previsto una separazione ermetica delle risorse (edili, tecnologiche, materiali e umane) dedicate ai pazienti Covid-19 e a quelli non infetti (con particolare tutela dei pazienti più fragili): questo modello è stato riassunto dal dottor Andrea Cambieri, direttore sanitario della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, attraverso il neologismo di “breathing hospital”, un ospedale che non solo soccorre i malati Covid-19, ma che ha fatto della flessibilità e della dinamicità il segreto per rispondere efficacemente alle esigenze di tutti i pazienti. Cambieri ha sottolineato l’importanza del modello di comunicazione rapida ed efficace tra le strutture della Regione Lazio, nonché l’impulso innovativo che la pandemia ha dato allo sviluppo di un modello di assistenza complementare a quello tradizionale, basato sulla telemedicina e sulla tecnoassistenza.

Nella terza parte dell’incontro sono stati trattati gli aspetti giuridici grazie all’intervento del dottor Alberto Cisterna, presidente della XIII Sezione Civile del Tribunale di Roma: in ambito processuale l’attenzione ricade necessariamente sulla specifica vicenda individuale. Le eventuali lacune nel follow up rappresenteranno un enorme limite per la ricostruzione dell’andamento nel tempo della malattia: le strutture ospedaliere avranno maggiore difficoltà nel provare che eventuali ritardi diagnostici o terapeutici non siano ad esse imputabili. Cisterna ha sottolineato l’importanza che i decisori politici si facciano carico del problema della molto probabile inflazione del contenzioso attraverso l’introduzione di nuove norme, auspicabilmente orientate verso un approccio “indennitario” in favore delle persone severamente danneggiate da eventuali errori ospedalieri legati alla pandemia in corso.

A conclusione dell’incontro il professor Vincenzo Pascali, docente di Medicina Legale all’Università Cattolica, si è soffermato sull’importanza di un approccio flessibile alla gestione del rischio clinico e sulla necessità, della ricerca di nuovi strumenti normativi per prevenire l’inflazione del contenzioso, che saturerebbe inevitabilmente le aule di giustizia.

Un articolo di

Federica Mancinelli

Federica Mancinelli

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