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Il premio “Santo Colonna” a Christian Persurich

20 luglio 2021

Il premio “Santo Colonna” a Christian Persurich

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L’attività investigativa delle nostre forze dell’ordine può essere agevolata da maggiori conoscenze acquisite anche grazie all’attività di ricerca svolta in università? A tal proposito l’esperienza di Christian Persurich è emblematica.  

Laureatosi in Scienze politiche presso l’Università degli Studi di Milano, si arruola nell’Arma dei Carabinieri nel 1999, dove opera all’interno di reparti investigativi, prima nel ROS, dedicandosi nel periodo degli omicidi D’Antona e Biagi ad indagini sulle nuove BR-PCC e poi all’interno della Squadra Omicidi del Nucleo Investigativo di Milano, dove partecipa alle investigazioni di oltre quaranta casi di omicidio, tutti positivamente risolti con l’arresto degli autori.

La svolta avviene nel 2016 quando intraprende il percorso di dottorato internazionale in Criminologia presso il centro di ricerca Transcrime dell’Università Cattolica del Sacro Cuore che conclude nel 2019 con una tesi di dottorato dal titolo: “I fattori investigativi della risoluzione dei casi complessi di omicidio”. Durante il periodo di ricerca ha messo a frutto l’esperienza accumulata sul campo coniugandola con la metodologia scientifica propria della ricerca universitaria, effettuando un’analisi di circa 500 omicidi commessi in Italia nel 2014 e integrando le risultanze con interviste e questionari a quasi 200 investigatori dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato sparsi su tutto il territorio nazionale.

Tale impegno gli è valso nel luglio 2021 il conferimento del premio da parte dell’Associazione Nazionale Polizia di Stato con una borsa di studio intitolata all’ispettore Santo Colonna. Il premio gli è stato consegnato il 6 luglio presso la Questura di Brescia alla presenza del Capo della Polizia Lamberto Giannini.

Al dottor Persurich chiediamo quale valenza ha il premio ricevuto e che prospettive future apre.

Il premio è innanzitutto un riconoscimento personale per il percorso di dottorato che ho portato a termine nel febbraio 2020. La tesi è stata scelta tra numerosi altri lavori giunti alla commissione di valutazione ed avere ricevuto il premio per mano dei parenti delle personalità a cui l’iniziativa era dedicata, oltreché dinanzi al Capo della Polizia, è una cosa che mi ha riempito di orgoglio. A tal proposito mi auguro che i risultati che ho ottenuto con la mia ricerca e le indicazioni operative che ho individuato possano essere di ispirazione per altri reparti investigativi che si trovano ad affrontare le stesse problematiche che ho affrontato io durante gli anni trascorsi al Nucleo Investigativo Carabinieri di Milano.

La sua attività investigativa si colloca nell’ambito della collaborazione con Transcrime e con il dottorato in Università Cattolica...

Il mio rapporto con Transcrime è stato molto fruttuoso. Nel professor Francesco Calderoni ho trovato un docente interessato al mio lavoro e alla mia esperienza sul campo e le sue indicazioni sono state fondamentali per integrarmi in un mondo per me totalmente nuovo quale quello della ricerca scientifica. Riguardo alla mia ricerca, posso considerarmi molto soddisfatto, sia dal punto di vista metodologico che dei risultati. Ho avuto la possibilità di confrontare il metodo di lavoro investigativo che ho maturato sul campo con quello di numerosi colleghi che ho intervistato. Il risultato è stato compendiato in una serie di buone pratiche che, statisticamente, hanno dimostrato di rivestire un ruolo fondamentale nella positiva risoluzione di casi complessi di omicidio e che mi auguro possa essere di ispirazione non solo per tutti gli operatori del settore, ma anche per la comunità dei criminologi nel suo insieme.

Come riesce a coniugare studio e indagini?

L’attività di ricerca, se condotta in modo serio e sistematico, mal si concilia con l’attività investigativa sul campo. Soprattutto le indagini per omicidio si caratterizzano per tempistiche tipiche della cronaca: si opera cioè “sulla notizia”, non appena viene commesso il fatto e, soprattutto le prime settimane di lavoro, sono frenetiche e senza sosta. Uno dei motti della squadra in cui opero è “vediamo sempre il tramonto due volte”, perché spesso i primi due giorni dal rinvenimento del cadavere nessuno di noi torna a casa a riposare. Ecco perché, durante il percorso di dottorato ho chiesto ed ottenuto dalla mia Amministrazione un periodo di aspettativa che mi ha concesso di dedicarmi alla ricerca a tempo pieno. Attualmente il mio desiderio è di proseguire in questo campo e infatti sono riuscito a vincere un assegno di ricerca proprio all’Università Cattolica. 

Come è utile lo studio accademico alle indagini e alla soluzione dei delitti?

Uno degli aspetti più interessanti emersi durante il periodo trascorso all’interno del mondo accademico è stato il confronto attivo con il metodo scientifico. Infatti, sebbene anche le indagini di polizia siano ispirate a principi di scientificità, accade sovente che a prevalere sia più la prassi e l’aspetto metodologico che quello scientifico. Vi sono cioè una serie di consuetudini ormai radicate nel tempo che portano gli operatori di polizia giudiziaria a compiere determinate attività investigative secondo schemi collaudati che, si ritiene, abbiano dimostrato la loro efficacia. L’esperienza nel settore della ricerca universitaria mi ha consentito di rivedere con occhio critico tali abitudini, apportando modifiche ispirate appunto al principio di scientificità, andando così a integrare le attività investigative tradizionali con un approccio ancora più rigoroso ed una metodologia maggiormente codificata.

È così riuscito a dare un contributo significativo alla sua squadra investigativa?

Questo ha consentito di realizzare linee guida più chiare e mi ha permesso di fornire ai colleghi del reparto un quadro operativo e metodologico utile, ad esempio, per una più efficace suddivisione dei compiti. Un aspetto questo fondamentale in ogni indagine, ma ancor più in investigazioni complesse quali quelle per omicidio dove gli operatori sono costretti (specialmente nelle prime 48 ore dal rinvenimento del cadavere) a compiere numerose e variegate attività, spesso di natura irripetibile, e dove la confusione o la disorganizzazione può essere la prima causa nel fallimento di un’indagine.

Ha in mente qualche idea più concreta?

Mi piacerebbe molto potere realizzare, sia all’interno della mia Amministrazione che eventualmente all’esterno, dei corsi indirizzati a reparti investigativi finalizzati proprio a descrivere i risultati emersi dalla mia ricerca. Credo che questo potrebbe essere un efficace strumento per fornire alcune indicazioni operative che si sono dimostrate molto utili per risolvere positivamente numerose indagini complesse, sia condotte da me, che dai quasi duecento investigatori che ho intervistato in tutta Italia durante la mia ricerca di dottorato. Si parla spesso della distanza che c’è tra corpi investigativi e accademia e credo che iniziative di questo tipo potrebbero essere il modo migliore per iniziare un dialogo concreto ed efficace.
 

Un articolo di

Agostino Picicco

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