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Memoria e attualità del professor Giuseppe Billanovich

15 ottobre 2024

Memoria e attualità del professor Giuseppe Billanovich

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La memoria del professor Giuseppe Billanovich (1913-2000) è molto viva in Università Cattolica, sia per la costante presenza in sala di consultazione sia per l’impronta scientifica lasciata. Infatti, è stato docente di uno dei primi insegnamenti di Filologia medievale e umanistica (disciplina che aveva contribuito a fondare) e studioso dell’Umanesimo e della tradizione dei classici latini, con contributi di particolare rilevanza su Petrarca.

Per ricordarne e la figura e fare il punto sulla catalogazione dell’archivio personale che le sue eredi nel 2023 hanno donato alla Biblioteca dell’Università Cattolica, si è svolto un incontro il 10 ottobre in Ateneo, introdotto dal preside della Facoltà di Lettere e filosofia, Andrea Canova, il quale ha fatto presente che al professor Billanovich è intitolata la sala di consultazione della Biblioteca e lo ha presentato «come uomo che ha attraversato la storia del Novecento con discrezione, straordinario per forza e intelligenza nella nostra storia contemporanea».

L’incontro ha visto la presenza dei suoi antichi allievi poi diventati colleghi, riuniti in un «clima di famiglia», come ha rilevato nel suo saluto Nicolangelo D’Acunto, direttore del Dipartimento di Studi Medioevali, Umanistici e Rinascimentali.

Infatti, a prendere la parola sono stati docenti dell’Ateneo che hanno mosso i primi passi nel mondo scientifico a partire dalla tesi di laurea discussa proprio col professor Billanovich.

Mirella Ferrari ha ricordato gli insegnamenti ricevuti sull’uso dello schedario, importante dal punto di vista del metodo, e il suo primo articolo scientifico sotto la guida di Billanovich «riscritto tredici 13 volte, a riprova dell’accuratezza e della precisione da lui richiesta nello studiare, verificare e controllare ogni indizio prima di formulare ipotesi storiche».

Ricordi personali sono stati riportati anche da Giuseppe Frasso, che ha citato le numerose comunicazioni ricevute da Billanovich per completare i suoi studi scientifici durante il periodo del servizio militare, «tanto che i commilitoni pensavano fosse la fidanzata a inviarmi così tante lettere». Ha fatto anche riferimento alla generosità del maestro che, pur amando i libri, non esitava a donarli agli allievi se utili negli studi, come era accaduto anche a lui.

Sul metodo di lavoro appreso si è soffermata anche Carla Maria Monti, con riferimento alla connessione nello studio tra documenti e testi, tra discipline, tra metodi di lavoro e tra persone senza preclusioni o recinti accademici. Ha ricordato quando Billanovich le portava le schede bibliografiche in sala di consultazione e poi telefonava a casa in serata al fine di avere riscontro delle ricerche svolte. «Negli anni Ottanta, in cui non c’erano le mail e l’accesso alle fonti era fatto di persona, Billanovich dedicava due ore al giorno a scrivere lettere, era questa la sua missione quotidiana per creare rapporti, per far crescere e perseguire ricerche di orizzonti ampi».

L’attenzione «implacabile» verso studenti, laureandi e allievi nasceva dal fatto che Billanovich credeva nel lavoro di squadra, come ha affermato Edoardo Fumagalli, già docente dell’Università di Friburgo (Svizzera). «Nella squadra annoverava i campioni e le comparse più umili, come dimostra la sua corrispondenza. Il suo ricordo non si affievolisce e ora le sue carte potranno parlare a chi non l’ha conosciuto direttamente».

Il legame di un docente con l’Ateneo, infatti, non si realizza solo negli insegnamenti offerti negli anni a studenti, allievi e colleghi, ma si perpetua anche nello studio delle sue “carte”, costituite da una mole di documenti di vario contenuto, come hanno spiegato Paolo Senna e Chiara Bonifacio della Biblioteca dell’Ateneo. Sono loro che si occupano della gestione e catalogazione del Fondo Billanovich costituito da ottantacinque scatoloni di diversa dimensione con documenti non sempre in condizioni ottimali di conservazione (che vanno quindi accuratamente puliti per essere maneggiati in condizioni igieniche), per meglio comprendere i quali ha offerto un prezioso supporto la professoressa Mirella Ferrari. Si tratta di lettere, fotografie, negativi fotografici, bozze di testi, schede di carattere bibliografico, lettere alla moglie inviate durante la Seconda guerra mondiale dal fronte russo, corrispondenza con studenti dell’epoca e con nomi illustri della cultura e letteratura del secolo scorso come Gianfranco Contini e Natalino Sapegno. È un patrimonio epistolare di circa trentamila lettere in fase di inserimento in un apposito software che, al termine dei lavori di catalogazione, sarà visibile nell’Opac della Biblioteca.

Come ha ricordato Mario Gatti, direttore della sede di Milano, la Biblioteca dell’Università Cattolica vede la gestione e la presenza di oltre sessanta “archivi culturali”, inseriti nell’attività di Terza Missione, che sono stati donati e che costituiscono un arricchimento «in quanto, se oggi le risorse elettroniche hanno uniformato le informazioni, gli archivi donati differenziano le biblioteche e, soprattutto gli archivi dei nostri docenti, contribuiscono alla storia della nostra Università».

Tale patrimonio archivistico, non più inaccessibile, «offrirà luce su testi, persone, vicende del passato, in una sorta di passaggio di testimone con le nuove generazioni che ancora nutrono entusiasmo e passione per la ricerca e gli studi», come ha concluso il professor Marco Petoletti, moderatore dell’incontro.

Un articolo di

Agostino Picicco

Agostino Picicco

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