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L’Iraq a vent'anni dalla caduta di Saddam

22 maggio 2023

L’Iraq a vent'anni dalla caduta di Saddam

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«Può l’Europa giocare ancora un ruolo in Medio Oriente?» «Che partita sta conducendo la Cina?» «Avremmo dovuto fare di più per sostenere le proteste delle donne in Iran?»

Sono domande che si potrebbero sentire all’interno di un think tank sulla politica internazionale. Invece sono gli interrogativi sollevati, in un’aula dell'Università Cattolica, da alcuni degli oltre 200 studenti di alcuni istituti superiori della provincia di Alessandria che nei giorni scorsi hanno partecipato, chi in presenza, chi collegato da remoto, al seminario “L’Iraq a venti anni dalla caduta di Saddam”.

La lezione era l’ultimo di una serie di incontri promossi dal Centro studi internazionali “CeStInGeo” con la collaborazione dell’Ateneo, per portare la «geopolitica nelle scuole». Non perché si voglia indirizzare degli adolescenti alla carriera diplomatica – sebbene alcuni potrebbero appassionarsi e scegliere di proseguire gli studi per lavorare un domani nelle ambasciate, nelle organizzazioni internazionali, in qualche multinazionale. Ma piuttosto con l’intenzione di formare cittadini più consapevoli del mondo in cui vivono.

A raccontare una storia cominciata quando questi ragazzi ancora non erano nati è stato Riccardo Redaelli, direttore del Centro di Ricerche sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato e del Master in Middle Eastern Studies, che è intervenuto dopo i saluti del preside della Facoltà di Scienze politiche e sociali Guido Merzoni, e la presentazione di Andrea Plebani, ricercatore della Facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere.

È il 9 aprile del 2003, il giorno in cui le truppe americane e britanniche prendono Baghdad dopo una guerra lampo, dichiarata senza l’avallo delle Nazioni Unite e combattuta senza il sostegno della Nato. Ma come è noto, vinto il conflitto, gli Stati Uniti non vinceranno la pace. «Dopo l’attentato alle Torri Gemelle, l’11 settembre del 2001, Washington aveva bisogno di creare in Iraq una democrazia, ma non conosceva il Paese: il risultato è una catena di errori che porta al disastro», spiega Redaelli.

L’ostracismo nei confronti della minoranza baathista priva il Paese dei quadri tecnici e degli apparati di sicurezza. La conversione al mercato di un’economia statalista produce un generale impoverimento e fa mancare, in alcuni casi, alla popolazione addirittura beni e servizi essenziali. «Ancora oggi a Bassora, una città che galleggia sul petrolio, non ci sono l’elettricità e l’acqua corrente», ha fatto notare Redaelli.

Ma soprattutto, la mancanza di un reale progetto politico alternativo, trasforma l’Iraq nello scenario perfetto dove le potenze della regione possono regolare i propri conti.

Riaffiorano le rivalità tra sciiti, che prendono il potere, e i sunniti. Proprio le rivalità tra le diverse identità religiose del Paese vengono alimentate ad arte da un lato da Siria e Iran, dall’altro dall’Arabia Saudita, nella lotta per la supremazia geopolitica che da decenni si combatte in quella parte di mondo. Fino a quando nel 2014, «cogliendo di sorpresa gli Occidentali, le migliori divisioni irachene vengono spazzate via dai terroristi dello Sato Islamico», ha ricordato Redaelli.

Il progetto di Abu Bakr al-Baghdadi di creare un califfato jihadista fallirà. Tuttavia, in Iraq, a distanza di un lustro dalla battaglia di Mosul con cui viene messo fine a quel tentativo, regna ancora il caos. Soprattutto a venti anni dalla caduta di Saddam, il Paese non solo non è diventato una democrazia, ma è sprofondato nel «settarismo e nella corruzione».

Che lezione si può trarre da questa vicenda? Possono ancora le democrazie occidentali avere voce in capitolo? Sono, sintetizzando, le domande poste dai ragazzi.

«È stato un errore imporre la democrazia, ma se l’Occidente rinuncia a giocare un ruolo, avremo un mondo basato solo sui rapporti di forza e non anche sul diritto», ha replicato Redaelli.

L’anno prossimo “CeStInGeo” (Centro studi internazionali di geopolitica) inaugurerà il 15° anno di attività. Alle lezioni, che torneranno ad essere tutte in presenza, si aggiungerà anche un’iniziativa solidale con la costituzione di una borsa di studio ha annunciato, concludendo l’incontro, Maurizio Primo Carandini, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo “Paolo e Rita Borsellino” di Valenza e fondatore del Centro.

 

 


Foto di engin akyurt su Unsplash
Foto di Rob su Unsplash

Un articolo di

Francesco Chiavarini

Francesco Chiavarini

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