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Storia e storie dell'anima Cattolica della contestazione

05 febbraio 2021

Storia e storie dell'anima Cattolica della contestazione

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Il ’68 ha trovato ispirazione nei movimenti cattolici e in Italia è partito proprio dalla contestazione degli studenti dell’Università Cattolica per un aumento delle tasse universitarie. Il direttore di sede dell’epoca Mauro Borromeo fu arrestato per i suoi rapporti con il gruppo della sinistra extraparlamentare Autonomia Operaia. Come scrisse il giornalista Walter Tobagi nell’articolo che riportava il fatto, pensare a questo è “sconvolgente per quanto possano essere inattese le cose”.

Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

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Ora, per capire, bisognerebbe immergersi in un'acqua scura dove riuscire a dare un nome preciso alle cose è impresa impossibile. Ricostruire nei dettagli quel che è successo negli anni Settanta è un'illusione» scrive Mario Calabresi in “Quello che non ti dicono”, romanzo sulla contestazione presentato in un webinar giovedì 4 febbraio assieme a “L’ Anima cristiana della Contestazione”, libro della docente di Storia Contemporanea della Cattolica Maria Bocci.

«Il contributo al fenomeno del ’68 del mondo giovanile cattolico è stato originale ed è servito da ispirazione per altri giovani come quelli di sinistra, che invece dipendevano di più dalle federazioni dei partiti -spiega la docente-. Questo perché il mondo cattolico aveva molte anime, con forti tensioni sia tra le varie componenti sia verso la gerarchia ecclesiastica e arrivò a quel momento attraverso un percorso religioso culturale, molto segnato anche dal Concilio Vaticano II, che rafforzò in quei ragazzi l’idea che per essere autentici cattolici occorresse una commistione molto forte tra religione, valori e impegno sociale, da preparare nelle associazioni e nelle università».

Ma ci sono aspetti di quel periodo che sfuggono alle categorie interpretative della storia che possono essere più inquadrabili solo grazie al racconto delle storie di persone che in quell’acqua scura hanno nuotato, seguendo le più varie correnti di quel fenomeno. «C’era una possibilità di scelta -spiega Calabresi-, la maggioranza capì la differenza tra contestare un’idea e la deriva della violenza. La parabola di Borromeo è interessante perché inizia proprio nella matrice cattolica che dopo il Concilio vuole unire testimonianza di fede e impegno politico. Le opere di carità non bastavano più, loro volevano sanare i problemi a monte. Lui iniziò a frequentare un gruppo di studenti che inizialmente volevano capire di più il mondo dell’economia, arrivando fino a prestargli la casa di sua moglie sul lago di Como per il week end, scoprendo che però i ragazzi la usavano per organizzare incontri tra Toni Negri e i brigatisti Curcio e Franceschini. Venne trascinato in una storia più grande di lui, da cui uscì solo in quanto collaboratore di giustizia».

Non c’è dubbio che scegliere da che parte stare fosse un atto personale, ma per tanti studenti dell’università molto dipese dagli incontri: «Finiti gli anni della contestazione alcuni andarono per la loro strada, altri persero la fede, altri ancora entrarono nella lotta armata -conferma Bocci-. Questo non toglie la responsabilità personale ma leggere le storie del libro di Calabresi mette in luce un pezzo umano di quei terribili anni. Mi ha fatto chiedere cosa sarei stata capace di fare io se fossi stata loro professore o genitore. L’eredità della contestazione non è politica ma antropologica: la sua origine era un desiderio di vita autentica. Gli studenti non volevano una Università Cattolica che si “accontentasse di formare laureati”, volevano essere in grado di programmare lo sviluppo e ridurre le storture del capitalismo. Tutto ciò però ha portato a qualcosa che non aveva nulla a che fare con quelle premesse, cioè un individualismo che rifiuta la responsabilità e la discussione di sé stesso».

Anche lo spirito delle contestazioni sudamericane influenzò il movimentismo di quegli anni: «I ragazzi sentivano la necessità di andare in periferia e confrontarsi con la realtà. Ma provare a importare da noi il modello di mobilitazione da Brasile, Uruguay e altre dittature latinoamericane fu un abbaglio gigantesco – conclude Calabresi-. Lì c’erano giunte militari mentre qui c’erano già libera stampa e un sistema democratico. Anche in questo caso una storia personale, come quella di Tognoni, frate francescano e assistente spirituale della sede di Roma della Cattolica, è emblematica: occupò il colonnato di San Pietro e impedì assieme agli studenti l’ingresso in università dei vescovi per l’inaugurazione dell’anno accademico. Ma si oppose sempre a chi predicava la lotta armata».

«Leggere questi due libri mi ha fatto appassionare ancora di più a temi a me già cari -afferma il dott. Mario Gatti, direttore della sede di Milano della Cattolica-. Tra le loro pagine si trovano i fili di ciò che è accaduto negli anni seguenti alla contestazione. Basti pensare che ancora oggi, nello statuto dell’università è riportato che prima di decidere aumenti delle tasse gli organi di ateneo devono sentire i gruppi studenteschi. Per capire i fenomeni bisogna andare alla radice e questi due libri lo fanno con coraggio. Riscoprire la storia dell’università aiuta a riscoprire anche i motivi del mio lavoro».

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