NEWS | Dibattito

La famiglia una risorsa per il futuro del Paese

22 giugno 2021

La famiglia una risorsa per il futuro del Paese

Condividi su:

La famiglia è ancora una istituzione credibile? Rientra nelle “corde” dei giovani? Se è vero che nei momenti di difficoltà - e la pandemia ne ha evidenziati tanti - si torna volentieri a cercare rifugio, protezione e aiuto nella famiglia di origine, si è poi disposti a mettere su la propria famiglia, con relativa assunzione di responsabilità? Quale è la concezione della cultura dominante?

Su questi temi l’Istituto Giuseppe Toniolo con il suo Osservatorio Giovani, il Centro di Ateneo di Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica e il Centro Internazionale Studi sulla Famiglia hanno organizzato un webinar il 21 giugno sui canali social dell’Ateneo illustrando i dati di loro pubblicazioni e ricerche svolte sinergicamente e contenenti ricadute operative concrete e risvolti più alti di politiche familiari.

A moderare la tavola rotonda è stata Elena Marta, docente di Psicologia sociale e di comunità all’Università Cattolica e direttore del Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e i Processi di Convivenza (Cerisvico), che ha inquadrato il complesso tema “Fare famiglia. Il futuro dei giovani al tempo della pandemia” non solo da un punto di vista di sviluppo delle relazioni familiari ma nell’ambito del futuro del Paese affidato ai giovani.

Alessandro Rosina, coordinatore scientifico Osservatorio Giovani Istituto Toniolo, si è concentrato sulla situazione demografica degli ultimi anni che ha subito un tracollo con la pandemia in essere. «Il livello di fecondità della popolazione italiana era già molto basso, così la pandemia è arrivata dopo un decennio di previsioni al ribasso. Questo ha contribuito ad aumentare le difficoltà dei giovani nel formare una famiglia, che va ad aggiungersi alla difficoltà a lasciare la famiglia di origine. Se le nascite sono ridotte, a monte c’è una revisione al ribasso dei progetti di vita, sia rispetto al lavoro sia a mettere su famiglia e fare figli».

Una lettura psico-sociale sui dati emersi è stata offerta da Camillo Regalia, direttore del Centro di Ateneo di Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica. Alla complessità di mettere oggi su famiglia a causa di motivi legati al lavoro e quindi al sostentamento economico, si aggiunge una visione, già radicalmente definita pre-pandemia, secondo la quale non tutti contemplano di creare una famiglia, anche se una buona percentuale ne è affascinata. Le ricerche hanno evidenziato, con realismo, l’insussistenza di alcuni stereotipi: anche chi ha una situazione lavorativa ed economica definita non sempre mette il matrimonio come ulteriore tappa di vita. «Coloro che dimostrano una forte intenzione di sposarsi o di avere figli, e che considerano le relazioni familiari importanti, sono coloro che rappresentano valori pro-sociali più diffusi, manifestano un maggior senso di responsabilità verso la comunità e ciò si connette a progettualità di bene comune. Chi intende sposarsi e fare figli sta meglio a livello psicologico, è ottimista, nutre fiducia verso il futuro, e durante la pandemia ha affrontato meglio le difficoltà».

Su come i giovani considerano la famiglia ha riferito Francesco Belletti, direttore del Centro Internazionale Studi Famiglia: «Oggi si pensa a una famiglia senza legami, più fluida. Si vuole fare famiglia senza il matrimonio in un processo di deistituzionalizzazione che poi è evaporizzazione del senso di famiglia. Assistiamo a una grande transizione dell’identità della famiglia, senza comprendere che la ricerca della felicità si persegue cercando compagni di viaggio anche nella famiglia e non su una deriva individualistica di autorealizzazioni». Ha poi descritto le cinque tipologie familiari oggi esistenti nella società post familiare: le solide famiglie intergenerazionali che investono su matrimonio e durata dei legami e sono molto pro sociali (in questo caso la famiglia non è contrapposta al bene comune); la famiglia prima di tutto in cui prevale la dimensione istituzionale rispetto al benessere personale; le famiglie individualiste post moderne incentrate sulla libertà delle persone in cui il matrimonio non è rilevante; i minimalisti non interessati ai legami familiari (single a vita); le famiglie aperte e pro sociali meno attente all’istituzione ma pronte a coinvolgersi nel sociale.

Una panoramica concreta sulla situazione familiare oggi l’ha offerta Isabella Cordisco, della Università Pontificia Salesiana, responsabile del Centro di aiuto alla famiglia “Amoris Letizia” della diocesi di Termoli-Larino. Illustrando le attività del Centro, ha evidenziato le necessità delle giovani generazioni e le esigenze formative degli operatori del Centro: «Lavorare con la famiglia, lavorare in équipe, non è scontato, ma è importante testimoniare un intervento di lavoro di rete con varie associazioni per dire che è possibile sostenere le famiglie, anche quelle di origine, e farle restare in una terra caratterizzata da grande emigrazione, lavorando su sessualità e affettività in un contesto di responsabilità».

Da tutti questi interventi è emerso che la capacità di accettare vincoli “per sempre” è difficile, ma le scelte che portano a costruire vincoli duraturi producono ricchezza e vanno ben oltre l’effimero. «Costruire legami è la vera modernità e il futuro, il modello individualistico è da età della pietra», ha concluso la professoressa Marta. Il senso della vita lo si trova a partire dalle relazioni e la pandemia ha rappresentato un test per dimostrare come le relazioni sono una risorsa che aiuta a sostenere le persone nei momenti di difficoltà.

 

Un articolo di

Agostino Picicco

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti