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La pace, un fine non un effetto collaterale

21 dicembre 2020

La pace, un fine non un effetto collaterale

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«L'impegno dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a favore della pace è testimoniato dalla nostra esperienza e dalla nostra attività quotidiana. Ma, come si dice, repetita iuvant, quindi è giusto rimarcare l’adesione del nostro Ateneo alla Rete delle Università per la Pace (Runipace) e illustrare quali sono queste attività». Così Raul Caruso, docente di Economia della pace, ha introdotto l’incontro online “L’Università Cattolica del Sacro Cuore nella costruzione della pace” tenutosi martedì 15 dicembre e trasmesso in diretta sui canali social Unicatt.

La creazione di Runipace è stata promossa dalla CRUI, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, a testimoniare il legame solido che c’è tra università e pace. «La storia dell'umanità – ha spiegato il prof. Caruso - insegna che l'avanzamento della conoscenza e della ricerca è stato fondamentale per il miglioramento della vita, delle società e delle persone, inteso anche come affrancamento dalla inesorabile condizione del conflitto violento per l'attribuzione delle risorse». La Rete si pone come obiettivo quello di mappare tutti i corsi di laurea, le attività e i progetti di ricerca che hanno ad oggetto il tema della pace, e di creare legami con altre reti che guardano nella stessa direzione.

L'idea che povertà, diseguaglianze e ingiustizie sociali costituiscano fattori critici nella mancata costruzione della pace è sotto gli occhi di tutti nel mondo universitario. «Anche Papa Paolo VI, nell’enciclica “Populorum Progressio”, disse che lo sviluppo è il nuovo nome della pace», ha ricordato nel suo intervento Marco Caselli, direttore del Centro di Ateneo per la Solidarietà internazionale. La mission del Cesi è, infatti, proprio quella di contribuire allo sviluppo delle aree più povere del pianeta e, come ha spiegato il professor Caselli, «si articola su tre direttrici principali: permettere agli studenti e ai neolaureati dell'Università Cattolica di fare un'esperienza concreta di solidarietà nelle aree disagiate del pianeta; realizzare progetti di cooperazione, in alcuni casi da soli, molto più spesso in partnership con altre realtà, come ong e onlus; promuovere e sensibilizzare sulle tematiche dello sviluppo, ma anche mettere a disposizione alcune capacità e competenze sviluppate all'interno del nostro Ateneo».

Il fine dell’incontro è far parlare i fatti e le esperienze, ma non esistono fatti senza le idee, i valori, l’identità: il ruolo dell’annuncio cristiano è fondamentale, perché è un annuncio non solo di salvezza, ma anche sociale, che indica alle persone come vivere insieme. «La dottrina sociale della Chiesa non è un sapere specifico, disciplinare, ma è un sapere illuminato dalla fede, una luce sotto la quale si guardano tutte le discipline. E se c'è una cosa che si presenta per sua natura come un punto sintetico, che non può essere trattato in maniera strettamente disciplinare, è proprio la pace», ha spiegato Simona Beretta, direttrice del Centro di Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa, sottolineando quello che può dare la cultura cattolica a questo tema. La pace si compone di tanti aspetti, come la capacità di convivere facendo le cose quotidiane, promuovendo un modello dove la dignità di ognuno è rispettata. Ed è proprio questa promozione che il Centro di Ateneo vuole incentivare, creando luoghi di incontro e di riflessione aperti che coinvolgano tutte le facoltà.

In prima linea, c’è sicuramente la Cattolica, l’unica in Italia ad aver istituito un corso di Economia della pace. Questa scelta «è stata guidata dalla consapevolezza che la pace è qualcosa che va studiato e poi realizzato in sé, non dobbiamo aspettarcela come conseguenza di situazioni positive, di un’economia solida», ha ricordato il professor Caruso. Il corso, infatti, si propone di studiare le cause economiche dei conflitti, le dinamiche degli stessi e dei soggetti che nel loro ambito interagiscono e, infine, di suggerire delle politiche economiche foriere di pace, elaborare soluzioni ai conflitti armati. «Per questo si parla di architettura e costruzione della pace: la pace non è un obiettivo secondario, ma il primo obiettivo», ha sottolineato ancora Raul Caruso.

A conclusione dell’incontro, una breve battuta su una domanda complessa: qual è oggi la più grande minaccia per la pace? Secondo il direttore del CESI, Marco Caselli, «è la chiusura in se stessi e il non saper andare oltre il proprio orticello. Solo con la cooperazione, con la solidarietà, con la comprensione reciproca possiamo affrontare problematiche globali». Ha concordato Simona Beretta, rimarcando che «il problema non è il conflitto ma capirne le cause, essere capaci di mettersi nei panni degli altri. L'unico modo per uscire dai conflitti è la possibilità di riconoscersi fratelli, prima che opposti gli uni agli altri». Uno sguardo più concentrato sullo studio è stato offerto dal professor Caruso, con un monito: «mai smettere di studiare la pace, di riflettere e di elaborare».

Un articolo di

Alessandra Petrini

Scuola di Giornalismo

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