È stata la creazione di una popolazione di muflone sardo nell’Isola del Giglio a partire dagli anni ’50 a salvaguardare parte della variabilità genetica della specie. A distanza di settant'anni, infatti, queste caratteristiche genetiche si sono perse nella popolazione di muflone sardo che ai tempi rasentava l’estinzione, conservandosi invece, come in una capsula del tempo, nella piccola isola dell’arcipelago toscano. Queste però sono ancora a rischio in quanto oggetto di un piano di eradicazione delle specie alloctone implementato dall’ente ‘Parco dell’Arcipelago toscano’.
Ma uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Facoltà di Scienze agrarie alimentare e ambientali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, della Commissione per la sopravvivenza delle specie dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN SSC), dell’Università di Sassari e dell’Università di Siena, e in collaborazione con il Cabinet Vétérinaire Les Deux Iles Santa Maria Siché, suggerisce che i mufloni del Giglio rappresentino una preziosa risorsa genetica ormai estinta altrove.
E quindi da difendere e preservare perché, come spiega Mario Barbato, genetista della Cattolica, «l’unicità dei mufloni del Giglio costituisce un’importantissima risorsa di biodiversità, ad alta priorità di conservazione, in quanto rappresentativa di diversità genetica non più presente nella popolazione sorgente. I nostri risultati suggeriscono l’opportunità di rivalutare l’azione di eradicazione di questi ungulati tirrenici perché è anche attraverso lo studio della variabilità genetica e delle strategie con cui le specie si sono evolute e diversificate nel tempo che potremo mettere a punto le ricette che ci potranno aiutare a contrastare il climate change».
