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Le nuove frontiere della digital diplomacy

08 marzo 2021

Le nuove frontiere della digital diplomacy

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La digitalizzazione ha cambiato non solo il modo di fare business per le imprese, le relazioni sociali tra gli individui, ma anche per le modalità con cui gli Stati gestiscono le Relazioni Internazionali. Una delle rivoluzioni che negli ultimi anni ha caratterizzato in particolare l’ambito della Diplomazia riguarda la diffusione di pratiche digital all’interno dei Ministeri degli Affari Esteri. L'apertura a piattaforme social da parte dei Ministeri ha infatti notevolmente cambiato il modo in cui gli organi diplomatici si impegnano nella gestione e divulgazione delle informazioni, sia a livello di Public Diplomacy, sia nella pianificazione strategica, così come nei negoziati internazionali e persino nella gestione delle crisi.

Ma come è possibile teorizzare questa rivoluzione? Che influenza ha la tecnologia sulla Diplomazia degli Stati? È da questi interrogativi che si è aperto il ciclo di lezioni del professor Corneliu Bjola, Associate Professor in Diplomatic Studies at the University of Oxford, all’interno del Master in Cultural Diplomacy. Arts and Digital Media for International Relations and Global Communication dell’Università Cattolica, ideato e diretto dalla professoressa Federica Olivares.  

Bjola vanta una lunga esperienza nel campo della Digital Diplomacy, quella branca della Diplomazia che focalizza la sua attenzione su come le nuove tecnologie della comunicazione, a partire dall’utilizzo di internet e dei social media, concorrono al raggiungimento di obiettivi diplomatici. Da alcuni anni «abbiamo visto i Ministeri degli Affari Esteri iniziare a utilizzare i social media e questo fatto è intrigante, ma ci sono voluti parecchi anni per capire che l’uso di questi strumenti è dirimente» - afferma Bjola. 

Durante il suo ciclo di lezioni, gli studenti del Master hanno avuto modo da un lato di comprendere la genesi e la rilevanza dell’incontro tra Diplomazia e mondo digitale, indagando quali nuove dinamiche, sviluppi e tendenze sono emersi dall'intersezione tra questi due ambiti, dall’altro hanno potuto valutare le implicazioni di questa “rivoluzione digitale”. 

In particolare è stato sottolineato come la Digital Diplomacy, a livello di soft power concorra ad incrementare l’attrattività di un Paese, focalizzando l’attenzione su valori ed elementi distintivi per quel Paese e non solo sulle sue politiche. Inoltre, è uno strumento di notevole rilievo per la creazione e lo sviluppo di network tra diversi Stati: ciò permette una maggior circolazione di informazioni, di sviluppare rapporti di partnership e aumentare la reciproca visibilità. Le lezioni hanno permesso agli studenti di comprendere come la Digital Diplomacy concorra a creare percezioni non solo nei confronti delle persone ma anche di Istituzioni e Paesi in generale, e per questo necessita di un approfondito studio e preparazione.

Non sono mancati suggerimenti pratici sulle tecniche comunicative messe in atto dalla Digital Diplomacy, come la centralità di un messaggio incisivo (senza elementi che possano generare confusione), la necessità di ritagliarsi un proprio spazio (ad esempio come Istituzione) nell’affollato mondo del web, l’importanza di monitorare la propria presenza sul web attraverso per esempio la “sentiment analysis” che permette di valutare la tipologia di conversazioni - anche sulle piattaforme social - attorno ad un determinato tema.

«I social media - sottolinea Bjola - hanno il potere di mettere sullo stesso livello gli Stati, anche quelli più piccoli, ma soprattutto hanno il potere di massimizzare la visibilità, creare engagement ed esercitare maggiore influenza sul pubblico».
In questo excursus sulla Digital Diplomacy, particolare attenzione è stata infine data al ruolo delle fake news e a come poterle riconoscere, dal controllo delle fonti e degli autori al coinvolgimento di esperti sul tema per verificarne la veridicità.

In questo panorama tecnologico in continuo mutamento, il corso in “Digital Diplomacy” conferma l’attenzione del Master a proporre uno sguardo innovativo e aggiornato nell’indagare le nuove dinamiche che caratterizzano la Diplomazia. 

Un articolo di

Federica Magistro

Scuola di Giornalismo

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Corneliu Bjola

Head of Digital Diplomacy Research Group presso l’Università di Oxford, è inoltre ricercatore del Center of Public Diplomacy della University of Southern California (USC) e professore alla Diplomatic Academy di Vienna. È autore di “Digital Diplomacy: Theory and Practice” e co-autore di “Digital Diplomacy and International Organizations: Autonomy, Legitimacy and Contestation”, due delle opere di riferimento a livello internazionale sul tema. Attualmente sta lavorando a un nuovo volume - “Digital International Relations”- sull’influenza degli sviluppi tecnologici nei processi delle politiche mondiali.

Il master in Cultural Diplomacy

Il master di I livello, che afferisce all’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (ALMED) dell’Università Cattolica e all'Alta Scuola in Economia e Relazioni Internazionali (ASERI), è giunto alla quarta edizione. Accoglie studenti da tutto il mondo, si articola in un programma innovativo interamente in lingua inglese e vanta una Faculty internazionale per la formazione di professionisti nell’ambito delle Relazioni Internazionali, nelle direzioni di Institutional International Affairs di grandi aziende, nonché nello sviluppo di strategie branding per Paesi, città e istituzioni culturali che rappresentano la nuova frontiera della reputazione globale.

«Il Master affronta in modo innovativo i temi legati alla Public Diplomacy, alla Diplomazia della cultura, alla Diplomazia digitale e alla Comunicazione globale - spiega Federica Olivares, ideatrice e Direttore del Master in Cultural Diplomacy. Arts and Digital Media for International Relations and Global Communication. Un programma internazionale che fornisce inoltre strumenti per l’utilizzo del linguaggio universale delle arti per rendere possibile il dialogo culturale e azioni di riconciliazione fra popolazioni in aree di tensione e di conflitti geopolitici».

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