Nell’ambito del Forum Sociale 2025 del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, quest’anno dedicato al contributo dell’educazione al rispetto, alla promozione, alla protezione e alla realizzazione di tutti i diritti umani per tutti, la Cattedra UNESCO “Education for Human Development and Solidarity among Peoples” dell’Università Cattolica ha preso parte alla tavola rotonda Enhancing the Right to Education: Emerging Challenges and Enabling Factors.
L’evento, organizzato dalla Commissione svizzera per l’UNESCO, dall’UNESCO e dall’Università di Ginevra, in collaborazione con le riviste scientifiche Frontiers in Education e L’Éducation en débats: analyse comparée, ha riunito esperti, studiosi, diplomatici e rappresentanti di organizzazioni internazionali.
In occasione del lancio dei numeri speciali delle due riviste – che hanno coinvolto rispettivamente esperti anglofoni e francofoni – la discussione ha approfondito come i rapidi cambiamenti tecnologici, il sottofinanziamento persistente, le condizioni macroeconomiche restrittive, i conflitti e le crisi climatiche stiano ridefinendo sia i contenuti sia la governance dell’educazione.
In un contesto multilaterale dedicato ai diritti umani, le riflessioni accademiche hanno contribuito ad avvicinare mondo della ricerca e decisori politici, arricchendo i lavori del Forum con spunti critici e prospettive comparative.
Il side event si è concentrato sulle principali trasformazioni che stanno incidendo sui sistemi educativi a livello globale: la digitalizzazione accelerata, i processi di privatizzazione, la carenza di investimenti pubblici, nonché gli effetti di crisi prolungate, dei conflitti armati e dei cambiamenti climatici.
Hanno partecipato: Peter Bille Larsen (Università di Ginevra), Ana Luiza Thompson-Flores (UNESCO), Peggy Hicks (OHCHR), Margaret Grogan (Frontiers in Education) e gli Ambasciatori di Cile, Portogallo e Vanuatu.
L’educazione resta un diritto umano universale e un abilitatore essenziale di tutti gli altri diritti, oggi sotto crescente pressione a causa di una molteplicità di fattori: la digitalizzazione rischia di ampliare le disuguaglianze e ridurre l’autonomia degli studenti; la crescente mercificazione può accentuare i divari; le guerre e le crisi prolungate interrompono l’apprendimento e mettono a rischio comunità educative. A ciò si sommano sottofinanziamento e vincoli macroeconomici che limitano la capacità degli Stati di garantire un’educazione equa e di qualità.
Come ha osservato Peter Bille Larsen, l’educazione non è «un fiume tranquillo che scorre di generazione in generazione, ma un paesaggio attraversato da piene, desertificazioni e crisi, con risorse che si riducono».
Gli interventi degli hanno portato la discussione su un piano concreto: dall’inclusione sostenuta attraverso il rafforzamento della professione docente e delle competenze digitali (Cile), alla tutela della libertà accademica e della sicurezza delle scuole (Portogallo), fino alla centralità della resilienza climatica e della promozione della diversità linguistica e culturale, insieme alla valorizzazione dei saperi indigeni, affinché i sistemi globali non oscurino le voci locali (Vanuatu).
Nel panel di esperti – che ha riunito Moira V. Faul (NORRAG), Delphine Dorsi (Right to Education Initiative), Patrice Meyer-Bisch (Università di Friburgo), Sangheon Lee (ILO), Manon Sala (Learning Planet Institute), e Kevin Mary e Nora Nafaa (Université Perpignan Via Domitia e Université Aix-Marseille) – è stata sottolineata l’importanza di coinvolgere più direttamente insegnanti, studenti e comunità nei processi decisionali, in particolare nei contesti di emergenza, e di sostenere l’impegno e il contributo della società civile al monitoraggio del diritto all’educazione nei diversi contesti e alla sua attuazione.
Gli esperti hanno richiamato la necessità di regolamentare la crescente privatizzazione dell’educazione attraverso garanzie di interesse pubblico, trasparenza e responsabilità, e di rafforzare i quadri finanziari e normativi che riconoscono l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita come parte integrante del diritto all’educazione. La discussione ha approfondito anche le intersezioni tra trasformazione digitale, diritti culturali e politiche del lavoro, ribadendo che la tecnologia deve rimanere al servizio delle persone, sostenere la professionalità dei docenti e rispondere ai bisogni emotivi e culturali degli studenti.
È stato inoltre ricordato che il diritto all’educazione riguarda la sua dimensione culturale sostanziale: «ciò che viene insegnato, il suo contenuto e il suo significato culturale sono centrali per l’integrità del diritto all’educazione», come ha affermato Patrice Meyer-Bisch. Sono state espresse preoccupazioni per la crescente sfiducia nel sapere scientifico e per le possibili manipolazioni dei curricoli, con un richiamo a rimettere al centro valori come libertà, rispetto, solidarietà e cura. Trasversalmente, è stata evidenziata l’importanza di un coinvolgimento autentico dei giovani, considerato essenziale per rinnovare l’educazione come impegno collettivo fondato sui diritti umani.
La sessione di dialogo è stata moderata da Rita Locatelli, ricercatrice presso la Cattedra UNESCO dell’Università Cattolica e co-direttrice della rivista L’Éducation en débats: analyse comparée. Il dibattito ha approfondito in particolare i temi della governance, della partecipazione e della responsabilità pubblica, evidenziando la necessità di tutelare l’educazione come impegno pubblico e bene comune e di collegare più efficacemente l’educazione alle politiche sociali, umanitarie e di costruzione della pace.
Un tema centrale ha riguardato la democrazia della conoscenza, con l’invito a valorizzare competenze ed esperienze provenienti dal Sud globale. Come ha sottolineato Moira V. Faul, «non si tratta affatto di espropriare conoscenze e informazioni dal Sud globale, ma di riconoscere quelle competenze e di usarle con rispetto».
La riflessione si è estesa anche al ruolo dei giovani nei processi decisionali. I partecipanti hanno richiamato l’importanza di una partecipazione autentica, non meramente simbolica. Come ha avvertito Delphine Dorsi, «ascoltiamo davvero i giovani, o li sfruttiamo come megafono delle nostre idee?».
Nelle sue conclusioni, Rolla Moumné Beulque (UNESCO) ha ricordato che il diritto all’educazione si trova oggi a un crocevia cruciale. Ha richiamato la necessità di considerare l’educazione come un diritto vivo e in evoluzione, capace di adattarsi ai cambiamenti tecnologici, alle emergenze climatiche e alle trasformazioni sociali, senza perdere il suo nucleo umanistico universale. Ciò richiede coerenza tra politiche, quadri normativi e investimenti, meccanismi di accountability più solidi e un impegno duraturo che colleghi l’educazione alle più ampie trasformazioni sociali, culturali ed economiche.
Moumné ha sottolineato che questa evoluzione deve garantire l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita come diritto per tutti, valorizzando il ruolo attivo dei discenti nella definizione dei percorsi educativi e tutelando l’agency umana nell’era digitale. Ha inoltre ricordato che, per restare un autentico bene pubblico e comune, l’educazione deve essere finanziata, governata e protetta in modo da permettere a ogni persona di apprendere e prosperare con dignità.
L'obiettivo del prossimo Symposium on the Future of the Right to Education, in programma a Parigi il 9 dicembre e a cui prenderà parte anche la Cattedra UNESCO dell’Università Cattolica, tradurre tali visioni in impegni più concreti e in politiche capaci di ridurre il divario tra il diritto sancito e le condizioni e situazioni reali.