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Marco, delegato giovanile per l’Italia all’ONU

26 luglio 2021

Marco, delegato giovanile per l’Italia all’ONU

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Marco Demo ha 24 anni e tutte le carte in regole per un brillante futuro, come lui stesso auspica, in ambito internazionale. Appena terminata la laurea in Giurisprudenza è stato, infatti, nominato Youth Delegate dell’Italia presso le Nazioni Unite. Il Programma che lo vede coinvolto è il principale strumento attraverso il quale gli Stati Membri hanno l’opportunità di includere Delegati Giovanili all’interno delle rispettive missioni diplomatiche. Un’occasione unica per rappresentare l’interesse dei giovani presso le principali Conferenze ONU e durante l’Assemblea Generale.

Marco ha partecipato alla selezione dell’ultima edizione del United Nations Youth Delegate Programme, promosso dalla SIOI (Società Internazionale per l’Organizzazione Internazionale), associazione italiana per l’ONU, incaricata dell’attuazione del Programma in Italia.

Tra molti candidati sei stato scelto come delegato maschile per rappresentare nel 2021-22 i giovani italiani alle Nazioni Unite. In che cosa consiste questa carica?
«Il delegato giovanile alle Nazioni Unite è chiamato a rappresentare a New York i giovani del proprio paese nell’ambito dei lavori dell’Assemblea Generale e della III commissione delle Nazioni Unite inerente alle questioni sociali, culturali e umanitarie, oltre che in tutti gli eventi internazionali organizzati a latere dell’Assemblea Generale. Nel periodo tra gennaio e giugno il delegato è chiamato a interloquire con i giovani italiani all’interno delle università, scuole superiori e associazioni per raccogliere le proposte dei giovani e per diffondere lo spirito dell’Agenda 2030». 

Insomma, giovani attori del cambiamento. Qual è stato il tuo percorso universitario e a quale argomento hai dedicato la tesi?
«Mi sono laureato a luglio 2021 in Giurisprudenza scegliendo il profilo internazionale. Durante il quinto anno ho svolto un semestre in Lituania nell’ambito del programma Erasmus e proprio in quel contesto ho capito di voler continuare anche dopo la laurea un percorso nell’ambito delle relazioni internazionali. Ho svolto una tesi in diritto internazionale pubblico con la professoressa Francesca De Vittor, intitolata “I confini marittimi tra dispute storiche e questioni attuali”. Ho affrontato il tema della divisione delle aree di mare, quali la zona economica esclusiva o la piattaforma continentale dal punto di vista delle convenzioni e della giurisprudenza internazionali. Infine, ho applicato i principi che ho delineato nel corso della ricerca alle dispute ancora aperte, in particolar modo nel Mar Mediterraneo Orientale e nel Mar Cinese Meridionale».

Avevi già fatto esperienze di tipo sociale, affiancandole agli studi?
«Durante gli anni dell’università sono stato educatore degli adolescenti presso la mia parrocchia di origine a San Stino di Livenza in provincia di Venezia. Inoltre, ho partecipato alle attività della F.U.C.I. (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) del nostro Ateneo dove ho sviluppato un’attitudine all’approfondimento delle questioni sociali. Già durante il liceo ho maturato un interesse spiccato per le relazioni internazionali, partecipando ad associazioni studentesche che approfondivano questi temi. Sono stato anche rappresentante nella Consulta provinciale studentesca di Venezia».
 
Cosa ti ha spinto a partecipare alla selezione per il Programma?
«Ho scelto di partecipare perché desideravo trovare un’attività pratica dopo cinque anni di studio da fare nel corso del prossimo anno e che quest’attività fosse legata all’ambito delle relazioni internazionali. Dopo questa esperienza vorrei iscrivermi a un master in studi diplomatici e poi fare il concorso per la carriera diplomatica». 

Con quali aspirazioni e desideri ti appresti a iniziare questo nuovo incarico?
«Questo incarico è molto delicato perché non sarà di semplice rappresentanza. Noi giovani saremo chiamati a elaborare in concreto delle proposte per i giovani di tutto il mondo. Il fatto di rappresentare tutti quelli italiani, in un periodo così difficile, è una sfida interessante, soprattutto se teniamo in considerazione che negli ultimi decenni i giovani hanno suscitato poco interesse in coloro che erano chiamati a prendere decisioni anche per il nostro futuro. Spero che in questi anni si possa assistere a un nuovo ruolo per noi, anche grazie a programmi come lo United Nations Youth Delegate».  

Come pensi di conciliarlo con la tua futura professione?
 «Penso che questa grande opportunità potrà essere un trampolino di lancio per un futuro lavoro nell’ambito delle relazioni internazionali, e soprattutto potrà darmi la possibilità di applicare in concreto quanto studiato nel corso degli anni». 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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