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Natale, Giuliodori: «Tre vie da seguire per un Avvento che non sia sterile attesa»

14 dicembre 2020

Natale, Giuliodori: «Tre vie da seguire per un Avvento che non sia sterile attesa»

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Nonostante le limitazioni dovute alla pandemia che continua a condizionare la nostra vita, non abbiamo voluto rinunciare a celebrare assieme la preparazione al Natale. Questa situazione così particolare e inaspettata che si protrae ancora tra mille incertezze, senza poterne vedere con chiarezza l’evoluzione e il termine, genera in ciascuno di noi, nelle diverse articolazioni sociali e nel mondo intero, una condizione di attesa e di sospensione, in un alternarsi di timori e di speranze.

Questa attesa, così carica di apprensioni, si intreccia con la Parola di Dio che abbiamo ascoltato e con quanto stiamo celebrando in questo tempo di Avvento. Nei testi biblici che la liturgia del giorno ci propone c’è un invito a leggere la realtà con gli occhi di Dio e non solo con le categorie umane.

Il profeta Balaam nella prima lettura sorprende tutti perché, mentre i popoli all’intorno lo avevano ingaggiato per maledire il popolo d’Israele che era entrato nella terra promessa e nei loro territori, lui invece, guidato da Dio, benedice per tre volte il popolo dell’Alleanza esaltando la benevolenza divina e annuncia che “una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele”, prefigurando così la venuta del Messia. Per vivere bene l’Avvento e affrontare in modo adeguato le attese di questo tempo segnato dalla pandemia dobbiamo chiedere anche noi al Signore di avere la stessa capacità di leggere e interpretare la realtà che ha il profeta Balaam, a cui è “tolto il velo dagli occhi”.

Nel brano, tratto dal libro dei Numeri, si usa questa espressione due volte, per dire che a Balaam è concessa la possibilità di conoscere e annunciare la verità. Come è noto, deriva proprio da questa immagine del “togliere il velo dagli occhi” il termine greco verità, Aletheia (ἀ-λήθεια). Balaam riceve un tale dono perché – si legge sempre nel testo - è “uomo dall’occhio penetrante”, “capace di udire le parole di Dio” e “di vedere la visione dell’Onnipotente”.

Se per i popoli circostanti, risulta difficile accettare la verità proclamata dal profeta Balaam circa il popolo d’Israele e l’annuncio della venuta del Messia, non meno forte e radicata appare la chiusura dei Farisei nei confronti di Gesù secondo la narrazione del Vangelo di Matteo. Che cosa aveva fatto Gesù per irritare così tanto i farisei che gli chiedono: “con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?”. Di quali cose si tratta? Per capirlo basta leggere i passaggi precedenti dove si narra l’ingresso solenne di Gesù a Gerusalemme e la sua presenza nel Tempio della Città.

In quel luogo sacro accadono tre cose che irritano i Sacerdoti, i farisei e gli anziani: scaccia i mercanti dal Tempio, guarisce nello stesso luogo ciechi e storpi e conferma con citazioni della Scrittura l’annuncio profetico dei fanciulli che, sempre nel Tempio, lo acclamavano “Osanna al figlio di Davide”. Anche in questo caso si evidenzia la totale chiusura alla verità da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani che non vogliono riconoscere in Gesù il Messia e Salvatore. La loro cecità è resa ancora più evidente dalla domanda sull’autorità con cui opera Giovanni, che Gesù pone sapendo che sarebbero rimasti prigionieri nelle loro considerazioni puramente umane.

Alla luce di queste due narrazioni bibliche abbiamo quindi invocato il Signore con il salmo responsoriale chiedendo: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie”. È ciò di cui abbiamo più bisogno in questo momento di smarrimento e di sofferenza, in cui non dobbiamo perdere la fiducia nel Signore che è sempre al nostro fianco e continuamente ci viene incontro. È quanto ci insegna ancora una volta l’evento meraviglioso e sorprendete del Natale. Quali possono essere per noi oggi, nel tempo della pandemia, le vie che il Signore ci indica. Provo ad indicarne tre che possono aiutarci a non rimanere prigionieri di un’attesa sterile, contrassegnata dall’inerzia e dalla paura. Una via sociale, una per l’Ateneo e una più personale.

La prima via che il Signore ci indica è quella di lasciarci guidare dalla Parola di Dio e dall’insegnamento della Chiesa che in questo tempo ci sono giunti abbondanti e illuminanti, attraverso la liturgia, ma anche grazie al Magistero del Santo Padre e dei Vescovi italiani. Anche nell’ultima Enciclica “Fratelli tutti” il Santo Padre ci invita ad accogliere la sfida di una profonda conversione: «Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti che la pandemia ha suscitato, fanno risuonare l’appello a ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza.» (n. 33). Questa drammatica esperienza ci ha insegnato che dobbiamo agire - afferma ancora il Papa - nella «consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme» (n. 32). Se non impariamo a camminare assieme e a costruire un cammino di autentica solidarietà, il futuro sarà davvero difficile e «Il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia» (n. 36). Quella del cristiano non può essere, quindi, un’attesa rassegnata e inerme. Il Signore ci chiede di essere operosi come accade un po’ nel presepe che stiamo allestendo in questi giorni. Ogni personaggio svolge un suo ruolo: da Maria a Giuseppe ai pastori, ai re magi, agli stessi animali e agli astri, ciscuno collabora a suo modo per rendere possibile l’evento dell’Incarnazione.

All’interno di questa prima via, che è la via maestra della fraternità universale, si configura anche la seconda via che possiamo e dobbiamo percorrere come Ateneo dei cattolici italiani. Abbiamo, come tutti, sperimentato la complessità e le difficoltà del momento, ma non ci siamo scoraggiati né rassegnati. Abbiamo messo in campo azioni nella didattica e nei servizi in grado di rafforzare la missione propria del nostro Ateneo affinché potesse essere una realtà resiliente, proattiva e lungimirante. Non è venuta meno la passione formativa dei docenti e l’impegno degli studenti, non è stata tralasciata la cura delle relazioni, valorizzando al meglio gli strumenti telematici, non abbiamo perso di vista la terza missione dell’Ateneo che richiede attenzione per le grandi sfide della società del nostro tempo.

Non è un caso che proprio in questo anno, così particolare, siano stati lanciati alcuni percorsi di straordinaria rilevanza per affrontare i cambiamenti epocali in corso. Si tratta di quattro frontiere su cui il nostro Ateneo è in prima linea e che vogliamo presentare idealmente al Signore come lo scenario, la Betlemme contemporanea, per la Sua nascita in mezzo a noi. Mi riferisco al rilancio, a cinque anni dalla pubblicazione, della Laudato si’ e dell’impegno per le questioni climatiche e la sostenibilità ambientale. In tutti i documenti è chiesto agli atenei, e in particolare quelli cattolici, di essere i protagonisti di un efficace e profondo rinnovamento culturale. Penso al lancio del Patto educativo globale che vede il nostro Ateneo tra i principali protagonisti. Non meno importante è il lavoro che è stato avviato da Assisi attorno al progetto The economy of Francesco, che vede coinvolti molti nostri professori e ricercatori. E, inoltre, l’instancabile lavorio per promuovere la giustizia e la pace, costruire relazioni e alleanze internazionali, sostenere progetti di solidarietà e condivisione, tutte iniziative che intendono contribuire alla realizzazione di quella fratellanza universale fortemente auspicata da Papa Francesco. Mentre celebriamo i 100 anni del nostro Ateneo, dobbiamo essere davvero grati al Signore per questo fermento di bene che anima la nostra comunità accademica e chiedere che ci sostenga e ci renda ancora più operosi.

La terza via a cui vorrei far riferimento è quella più intima e profonda indicata da San Giovanni della Croce, il santo ricordato nell’odierna liturgia. La vita e le opere del grande riformatore spagnolo, contemporaneo e collaboratore di Santa Teresa d’Avila, ci ricordano che nessun percorso di autentico cambiamento e nessuna via di vero rinnovamento possono attuarsi senza un personale cammino di conversione e di affidamento al Signore, soprattutto nei momenti più incerti e difficili. San Giovanni della Croce, anche grazie alla sua esperienza di sofferenza nei lunghi mesi di umiliazione e di prigionia, ha saputo tracciare un itinerario di elevazione mistica con cui ci insegna che proprio nei momenti di incertezza e smarrimento, il Signore ci viene incontro, ci consola e ci incoraggia. I suoi scritti, come il Cantico Spirituale in linguaggio poetico, la Salita al Monte Carmelo e la Notte Oscura, ci offrono un insegnamento di straordinaria attualità per affrontare con le armi della fede e con i doni spirituali anche le preoccupazioni che viviamo in questo tempo di pandemia.

Concludo con alcune parole poetiche di San Giovanni della Croce tratte dal componimento scritto in carcere, Cantar del alma, in cui l’oscurità della notte interiore è squarciata dalla visione mistica dell’eterna fonte della luce e della vita. È la stessa luce che ci auguriamo possa brillare su tutti noi anche nella prossima notte di Natale.

Ben so io la fonte che sgorga e scorre,

anche se è notte!

 

  1. Quell'eterna fonte sta nascosta,

ma ben so io dov'essa ha sua dimora,

anche se è notte.

 

  1. Sua origine non so, non ve n'è alcuna,

ma so che tutte l'origini in sé aduna,

anche se è notte.

 

  1. So ch'esservi non può cosa più bella,

che cieli e terra bevon d'ella,

anche se è notte.

  

  1. La sua chiarezza mai non s'offusca,

so che ogni luce da essa è venuta,

anche se è notte.

     

11. Questa viva fonte, cui anelo,

in questo pan di vita io la vedo,

anche se è notte.

 

San Giovanni della Croce - Cantar del alma

(Canto dell’anima che si rallegra di conoscere Dio per mezzo della fede)

Un articolo di

Mons. Claudio Giuliodori

Mons. Claudio Giuliodori

Assistente Ecclesiastico Generale di ateneo

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