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No script, no film. Lo sciopero degli sceneggiatori

15 maggio 2023

No script, no film. Lo sciopero degli sceneggiatori

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I giornali italiani hanno dato nei giorni scorsi la notizia che gli sceneggiatori americani sono in sciopero dal 2 maggio.  Gli oggetti del contendere sono molti e il sito della Writers Guild of America dedicato allo sciopero li descrive in dettaglio e in modo molto tecnico. Ci sono in gioco - si calcola - circa 400 milioni di dollari l’anno per gli 11.000 associati, una media quindi di circa 40.000 dollari a testa ogni anno. La battaglia sarà dura. Anche perché il sindacato degli sceneggiatori è forte e coeso.

Gli scrittori hanno dovuto combattere duramente nel corso dei decenni perché (almeno in America: in altri Paesi sono molto meno protetti) venisse almeno in parte riconosciuto il ruolo essenziale che hanno nella produzione di film e serie Tv. Gli sceneggiatori sono quelli che creano dal nulla la storia, con tutti gli eventi che si succedono, i personaggi, i dialoghi… Eppure, molto scioccamente anche da una parte del mondo accademico europeo, il loro ruolo è costantemente sminuito: a favore degli attori da parte del pubblico, a favore dei registi da parte dei critici e degli studiosi, a favore dei produttori da una parte dell’industria americana. Eppure “no script no film”, come recitava giustamente nei mesi scorsi lo slogan della campagna dell’associazione italiana degli sceneggiatori, la Writers Guild Italia, che ha dichiarato piena solidarietà ai colleghi americani.

Per gli sceneggiatori americani l’arma dello sciopero non è affatto nuova. Vi hanno fatto ricorso più o meno ogni dieci anni nell’ultimo mezzo secolo (sei diversi periodi di sciopero a partire dal 1960) e l’ultimo sciopero risaliva al 2007-2008. Quindi il momento era atteso e annunciato. In ognuno degli scioperi precedenti il principale oggetto del contendere corrispondeva alla parola residuals, cioè quel compenso economico - successivo al pagamento dell’atto di scrittura, quindi del lavoro fatto dallo sceneggiatore - derivante cioè dagli sfruttamenti successivi dell’“opera d’ingegno” della scrittura.

E se gli scioperi precedenti erano serviti per regolare via via le retribuzioni derivanti dall’uso televisivo dei film, dalle nuove messe in onda di serie televisive, dallo sfruttamento dei film e serie televisive in videocassette e dvd, ecc., questa volta l’oggetto del contendere sono principalmente gli sfruttamenti delle nuove piattaforme di streaming, che riconoscono residuals molto più bassi di qualsiasi altra modalità di sfruttamento dell’audiovisivo. Ma siccome molte delle piattaforme (Netflix in primis) tendono a sfruttare esclusivamente per loro stesse e in perpetuo un film o una serie, i ricavi che arrivano agli sceneggiatori si sono molto ridotti.

Prima una parte consistente dello stipendio di uno sceneggiatore era costituita dalla “vita”, sempre abbastanza lunga, di un film o una serie televisiva nelle sale, nelle tv free, nelle tv a pagamento, nei circuiti regionali o secondari, in dvd, e in tutti i tipi di sfruttamento (anche quelli che avvengono in molti altri Paesi che hanno accordi con la WGA) del prodotto. Ora invece, se uno sceneggiatore scrive una serie per Netflix o Amazon o Disney+, questo flusso si è ridotto in modo molto molto significativo. 

Oltre al problema dei residuals c’è il fatto che le piattaforme non vogliono applicare le regole di ingaggio degli sceneggiatori, duramente conquistate a costo di scioperi precedenti, che valgono per i grandi network free come CBS, NBC, ABC ecc. Vale a dire, che se si fa una serie di un certo numero di puntate e con un certo budget, ci deve essere un numero minimo definito di sceneggiatori, che devono essere messi sotto contratto secondo regole definite, per un numero definito di settimane. Invece le piattaforme hanno trovato modi per bypassare queste regole, proponendo alcune settimane di lavoro fuori contratto e creando le cosiddette mini-writers room, dove tre o quattro sceneggiatori devono scrivere una serie di dieci puntate da un’ora, magari anche con budget stellari per la produzione, ma pagati relativamente poco e per poche settimane. Questo sarà il secondo oggetto del contendere, anch’esso abbastanza duro perché le posizioni fra la WGA e l’associazione che riunisce i commissioners sono molto distanti.

Accanto a queste, ci sono ulteriori richieste che riguardano le pensioni, le assicurazioni sanitarie, ecc. e una richiesta, su cui si sono molto soffermati i giornali, ma che al momento sembra del tutto collaterale, di limitazioni dell’uso dell’Intelligenza Artificiale.

Certo, le posizioni sono lontane, ma molto probabilmente la controparte in buona misura cederà, anche se non è un momento florido né per le grandi major né per le nuove piattaforme. No script no film. Se oggi si fermano solo alcuni show live, in cui gli scrittori lavorano a pochi giorni o poche ore dalla messa in onda, uno sciopero prolungato potrebbe portare gravi danni a tutto il sistema, perché fra qualche mese - esaurito quanto era già scritto e terminato al primo maggio 2023 - non ci saranno più serie da girare, non ci saranno più film da mandare sul set, con conseguenze economiche molto pesanti per tutto il sistema. No script no film: se la WGA resiste - e i suoi associati sembrano ben determinati a dare battaglia - potrà ottenere molto.
 

Un articolo di

Armando Fumagalli

Armando Fumagalli

Docente History and Industry of International cinema e Direttore del Master in International Screenwriting and Production - Università Cattolica

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