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Phygital, la rivoluzione silenziosa

13 giugno 2022

Phygital, la rivoluzione silenziosa

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Intelligenza artificiale, phygital, intelligent environment, realtà aumentata, contextual awareness, interreality, worksphere…e si potrebbe continuare. Prestati per lo più alla lingua inglese, questi nuovi concetti che si applicano alla vita degli esseri umani stanno lentamente ma inesorabilmente modificando la nostra quotidianità.

Di qui il titolo “La rivoluzione silenziosa” del convegno che giovedì 9 giugno ha riunito nel campus milanese dell’Università Cattolica, in modo (appunto) ibrido, alcuni esperti di nuove tecnologie e del cambiamento che queste producono con sorprendente rapidità. 

Ideato dal dipartimento di Scienze religiose che continua a interrogarsi su questioni antropologiche, oltre che esistenziali, il seminario aveva l’obiettivo «di raccogliere trasversalmente la ricorrenza di termini chiave che attraversano tutti i campi disciplinari e che ricorrono in contesti diversi per cercare di ipotizzare un lessico composto da termini che illustrino il cambiamento in atto» - ha dichiarato in apertura il direttore del Dipartimento di Scienze religiose, promotore dell’evento, Marco Rizzi

Sulla scia di un percorso che negli anni ha visto dialogare medici e pazienti, psicologi e informatici, il confronto sul phygital, connubio perfetto tra spazio fisico e spazio digitale, ha subito introdotto il concetto di consapevolezza del contesto. Come ha spiegato lo psicologo sociale della comunicazione dell’Ateneo Carlo Galimberti «questa consapevolezza vive di tre elementi: il fatto che gli oggetti digitali siano in grado di rispondere alle domande dell’ambiente; che i device siano embedded, ovvero incorporati nel fisico; che tendano a rendere naturali le modalità dell’interazione veicolata da questi congegni. Ecco perchè è importante progettare il phygital fin dall’inizio». 

Di fatto in questo ambiente la realtà si presenta come una app, un’interfaccia tra noi e il digitale. A ben pensarci anche il nostro corpo sta assumendo queste caratteristiche, ad esempio, attraverso l’orologio che ci fornisce informazioni medicali personali, calcola il nostro battito cardiaco o la pressione arteriosa. 

«Phygital non significa solo mettere a disposizione strumenti digitali ma creare nuovi processi con nuove regole» - ha dichiarato Andrea Carignano, ingegnere e Business innovation manager di Aon. Un esperimento che la sua azienda ha iniziato prima della pandemia per migliorare la vita lavorativa e l’efficienza nelle prestazioni. 

Un concetto confermato da Giuseppe Leoni, fondatore e Presidente E:LAB srl, confermando che questi nuovi processi costituiscono un apprendimento continuo. Si è imparato che il vero phygital non si concilia con il lavoro di qualcuno a casa e di qualcun altro in ufficio con il rischio di «raddoppiare il lavoro azzerando i chilometri. Piuttosto il phygital chiede che le riunioni si facciano con tutti a distanza. Ci sono webcam intelligenti che evidenziano il movimento in automatico quando qualcuno si muove e trascrivono anche quello che si sta dicendo. Per ottenere una vera efficacia occorrono, però, un sistema di governo gerarchico, uno di apprendimento continuo e uno di creazione di valore». 

Secondo l’esperienza dell’azienda di Arianna Palano, Associate & Worksphere BU Leader di “ll Prisma srl”, la migliore esperienza digitale è garantita dai work settings, disegnati con strumenti che mappano la parte fisica e quella digitale. «Worksphere è la rappresentazione della rarefazione tra fisico e digitale, ovvero un eco sistema di spazi fisici e digitali al tempo stesso dove si può lavorare. La socializzazione, infatti, è parte dell’apprendimento, luogo di scambio di informazioni di lavoro e touch point dove l’azienda può raccontarsi ed esplicitare il brand».

L’uso delle nuove tecnologie non è esente da rischi e problematiche psicologiche. Lo psicologo della comunicazione e delle esperienze mediate in Università Cattolica Andrea Gaggioli, che da anni studia gli ambienti digitali, ha messo in guardia rispetto allo stress fisico e psicologico correlato. «Da un progetto europeo interdisciplinare che ho coordinato emerge che in Europa circa un’assenza sul lavoro su quattro è collegata direttamente o indirettamente allo stress. Anche patologie cardiovascolari e psichiatriche lo sono» - ha specificato Gaggioli -. Dunque, le tecnologie producono solo stress o possono anche essere alleate? 

«Abbiamo creato realtà virtuali per simulare scenari in modo realistico e interattivo che risultano essere stressanti per alcune categorie di lavoratori (in particolare insegnanti e infermieri) esattamente come nella realtà - ha continuato il docente -. Con l’intelligenza artificiale si è costruito un modello virtuale che potesse intervenire nella realtà. Di qui il termine “interrealtà” che dialoga con la realtà attraverso dei sensori virtuali. In questo modo siamo stati in grado di predire in quali situazioni reali si poteva essere esposti ai picchi di stress». 

Le nuove frontiere vanno ancora oltre e ambiscono a creare ambienti virtuali che in tempo reale si adattano alla situazione della persona. «Il labirinto emozionale costruito è un esempio di realtà virtuale generativa dove il contenuto della simulazione si adatta alle emozioni che la persona prova. Con biosensori l’intelligenza artificiale identifica lo stato d’animo e il sistema cambia gli elementi che compaiono. La prospettiva phygital va in questa direzione».

I professionisti che operano sul phygital hanno ben presenti i rischi di questi ambienti e, come ha sottolineato Giuseppe Leoni, «il rischio è che il phygital sia un po’ come le auto senza chiavi. Non dobbiamo lavorare sugli aspetti estetici più che su quelli etici. Benissimo che ci siano gli accessori ma questi devono trasformare l’esperienza». 

Esperienza, parola chiave che sostituirà efficienza e efficacia. Un luogo reale e virtuale per esprimere creatività, produrre benessere, creare valore.
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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