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Quando l'indifferenza fa male più di un click

10 marzo 2022

Quando l'indifferenza fa male più di un click

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Il bullismo non l’ha provato sulla sua pelle. Ma l’interesse per questo tema e l’esperienza maturata sul campo lo hanno spinto a indagarne i meccanismi e a esplorarne la sua forma più aggiornata, che passa attraverso i social. Ne è nata una tesi che è diventata un libro su come bullismo e cyberbullismo siano cambiati nel periodo del primo lockdown. A scriverla è stato Alessandro Bolognesi, classe 1997, laureando magistrale in Progettazione Pedagogica nei Servizi per Minori all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, che ha indagato quell’indifferenza che nasce all’interno del gruppo e che porta alla violenza, per sottolineare l’importanza dell’informazione, della formazione e della prevenzione negli istituti scolastici, con l'obiettivo «di fornire un'analisi critica del fenomeno ma, nel contempo, di creare speranza di rinascita da fenomeni come bullismo e cyberbullismo».

Alessandro, com’è cambiato il bullismo in questi anni?
«Si è passati in pochissimo tempo da una 500 a una Ferrari; però la macchina esisteva già, il motore esisteva già, è stato solo potenziato e se ne è perso il controllo. Quindi, se sicuramente è cambiato il modo di relazionarsi in rete, la domanda che dobbiamo porci è se davvero dovessimo aspettare i social network e la pandemia, per preoccuparci di questi fatti.
La pandemia sicuramente ha incrementato le segnalazioni come riportato dai dati diffusi da Fondazione Carolina; inoltre è aumentato non solo il numero di casi, ma anche le richieste di aiuto. La diffusione dei media digitali e sociali anche nelle scuole ha, infatti, portato sotto i riflettori dell’opinione pubblica una serie di fenomeni da lungo tempo esistenti ma mai percepiti in maniera così urgente. Pensiamo in modo particolare a tutta la gamma dei comportamenti che di solito vengono raccolti sotto il generico ombrello del cyberbullismo».

«Riporto un esempio concreto. La scuola italiana, in ogni ordine e grado ha dovuto modificare il proprio modo di insegnare, incrementando la famosa DAD (Didattica a distanza). Per la prima volta i docenti e gli educatori si sono trovati senza volerlo nei meccanismi di cyberbullismo, rischiando di trasformare se stessi nelle vittime di questo processo.
L’adescamento online è forse quello più temuto dai genitori, perché ci si sente vittime impotenti in balia di una figura esterna che irrompe in casa attraverso internet, se i figli non sono capaci di porre alcune regole per proteggersi».

Possiamo individuare aspetti e caratteristiche distintive costanti di un cyberbullo e di una cyber vittima?
«Non esiste un identikit preciso di cybervittima e cyberbullo, possiamo però riscontrare dei tratti distintivi. Sensibilità, ansia, chiusura in se stessi e insicurezza sono ad esempio ai primi posti tra i tratti caratteriali della maggior parte delle vittime di cyberbullismo. Quando parliamo dei bulli dobbiamo considerare che spesso siamo di fronte a un passato di infanzia difficile e tormentata, abbiamo di fronte storie di bambini che hanno vissuto esperienze fuorvianti e di ripetute incomprensioni. Il primo elemento quindi è la fragilità.È per questo che il bullo ha bisogno di incontrare nel proprio agire persone completamente differenti da lui». 

Quali soluzioni sono possibili?
«Spesso docenti, insegnanti, educatori e gli stessi genitori non intervengono perché non sanno cosa fare. Sono però stati fatti passi da gigante, il nostro sistema legislativo è arrivato all’emanazione delle linee guida Ministeriali (MIUR) del 2007 e successivamente, nel 2017, a una vera e propria legge che regolamenta fenomeni in continua crescita come il bullismo digitale. La via da percorrere sta nel potenziamento di formazione, informazione e prevenzione. Tutto però non può essere svolto da una singola persona, da un genitore o da una figura educante, ci devono essere coesione e collaborazione tra tutti». 

Ad esempio?
«Un esempio pratico potrebbe essere quello di creare una relazione sempre più profonda tra la figura del docente e quella dei genitori, o ancora di più far conoscere alla figura genitoriale l’importanza del docente che svolge il ruolo di referente del cyberbullismo all’interno della scuola».

Il tuo libro si intitola: quando l’indifferenza fa male più di un click. Chi sono gli attori di questa indifferenza?
Rigiro la domanda, che è il fine di questo libro: è possibile che gli indifferenti non abbiano uno schieramento? Spesso si interviene all’interno delle classi quando il fatto era è già successo, e spesso quando si incomincia ad affrontare il discorso e a far parlare il gruppo, a dare uno spazio di ascolto per ciascuno in una dimensione di gruppo, emerge che una parte dei cosiddetti indifferenti non sono affatto indifferenti. Vedono, capiscono e sono a disagio.

Quindi che passaggio manca?
«Il punto è che mancano all’interno delle nostre scuole e non solo, degli spazi dove le cose che uno ha dentro possano essere manifestate e condivise o semplicemente discusse con altre persone. In quel vuoto cova l’indifferenza e cova la prevaricazione che può̀ ripetersi in qualsiasi forma venga espressa. Ammettiamolo, spesso l’indifferenza è una finta, in adolescenza è più che mai una finta. Che sia nel tuo gruppo classe, nel tuo gruppo sportivo, nel tuo gruppo di amici o comunque tra ragazzi che frequenti normalmente, dov’è che si può̀ essere indifferenti? Dentro lo sai da che parte stai. Ed è per questo che il libro si intitola così, l’indifferenza che una persona mostra, magari non difendendo il proprio amico può davvero fare più male di un click».

Le parole del relatore

«Ho avuto il piacere di essere il relatore della tesi triennale di Alessandro Bolognesi, incentrata sul rapporto tra cyberstupidity e cyberbullismo, che poi lui ha saputo sviluppare ulteriormente e trasformare in un libro prezioso e puntuale, che permette di riflettere sull’evoluzione del fenomeno in riferimento all’impatto del lockdown e, più in generale, alla progressiva trasformazione dei social e delle attitudini dei più giovani online. Mi fa particolarmente piacere sottolineare la progressione del percorso di studi di Alessandro, che ha saputo sviluppare in modo personale e rigoroso la sua esperienza universitaria in Cattolica e che, prima come studente, interessato e partecipe, al mio corso al terzo anno, poi come tesista triennale e ora come laureando magistrale, ha saputo unire teoria, metodo e prassi, trasformando quanto appreso in Cattolica in un’opportunità professionale per lui e in un contributo sociale e culturale per tutta la comunità».

Michele Marangi, docente di Tecnologie dell’Istruzione e dell’Apprendimento, Facoltà di Scienze della Formazione

Un articolo di

Sabrina Cliti

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