NEWS | Psicologia

Sotto la lente di ingrandimento i minori adottati presi in carico dal tribunale

16 maggio 2025

Sotto la lente di ingrandimento i minori adottati presi in carico dal tribunale

Condividi su:

L’adolescenza è oggetto frequente di riflessione oggi, dalla cronaca ai libri, alle serie tv, e si sa, è un periodo delicato per i ragazzi, critico per molti, e in particolare per alcuni di loro adottati. Lo conferma la ricerca “I minori adottati nei procedimenti amministrativi e penali”, promossa dal Tribunale per i Minorenni di Milano e affidata al Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e all’Università degli Studi di Milano – Bicocca.

I minori con fattori di rischio legati alla loro storia personale, alla famiglia e a interventi a volte insufficienti da parte dei servizi sociali sono pochi, ma le situazioni complesse interrogano questi interlocutori, oltre che le istituzioni, e dicono chiaramente della necessità di un’alleanza sinergica tra tutti i soggetti per operare insieme sulla prevenzione, e non solo sulla presa in carico dei ragazzi in difficoltà. Condividono questa tesi tutti i relatori intervenuti alla presentazione dello studio giovedì 15 maggio nel campus di Milano di largo Gemelli durante il convegno “Il Tribunale per i minorenni incontra gli adolescenti adottati in crisi: i risultati di una ricerca esplorativa”. Il direttore del Centro di Ateneo promotore Camillo Regalia, Roberta Osculati, vice presidente del Consiglio Comunale di Milano, e Marilena Chessa, già giudice dello stesso Tribunale, hanno portato il loro saluto e messo l’accento sull’importanza di questa collaborazione.

L’indagine si è basata sui fascicoli aperti dal Tribunale milanese ed è volta a ricostruire, dall’inizio del percorso adottivo, la storia di minori che presentano comportamenti altamente problematici e che richiedono l’intervento non solo dei servizi socio-sanitari ma anche di progetti rieducativi disposti dall’autorità giudiziaria. In particolare, «sono stati individuati 136 casi inerenti minori adottati sul totale di 2556 fascicoli amministrativi aperti tra il 2015 e il 2018 e chiusi al momento della ricerca – ha dichiarato la presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano Maria Carla Gatto –. L’incidenza percentuale dei casi in esame appare quindi tutt’altro che elevata, assestandosi al 5,4% di tutti quelli trattati presso il Tribunale nel periodo di riferimento». 

I dati della ricerca sono stati illustrati dalle psicologhe che l’hanno condotta e sono seguiti due approfondimenti: “Fattori di protezione e di rischio nel percorso adottivo”, guidato da Rosa Rosnati, psicologa dell’adozione in Università Cattolica e referente scientifica della ricerca per l’Ateneo, e “Oltre al territorio: la risposta comunitaria”, condotto da Maria Elena Magrin, psicologa sociale in Bicocca e referente scientifica per il suo Ateneo. 
 

 

La ricerca

I procedimenti amministrativi ad oggi analizzati sono 110 e agli stessi, nel 39,1% dei casi (43 ragazzi), risultano associati uno o più fascicoli penali». 

I fascicoli riguardano in prevalenza maschi, adottati spesso già grandi (più di sei, sette anni), in cui si sommano fattori di rischio legati alla storia del minore, alla famiglia e a interventi a volte “lacunosi” da parte dei servizi sociali. In particolare, il 20% dei minori ha alle spalle una storia di abuso sessuale e il 22,7% di grave trascuratezza.

Nell’89,5% dei casi i minori presentano problemi di salute e nel 63,6% una patologia di tipo psichiatrico: tra questi nel campione femminile, si è riscontrata una prevalenza di disturbi di personalità (65,4%), mentre i maschi presentano una più elevata incidenza di disturbi esternalizzanti (56,8%). Di questi, il 49,5% presentava una diagnosi già prima dell’intervento del Tribunale.

Per quanto riguarda le famiglie, si tratta di genitori con elevato livello di istruzione e con un impegno lavorativo full time. L'80,5% sono coppie coniugate: i casi di separazione sono piuttosto contenuti (8,3%) anche se nel 24,7% dei casi la relazione di coppia risulta essere conflittuale. 

Nel 20% dei casi la relazione del minore con la madre è risultata buona.  Più elevata la percentuale delle situazioni (26,7%) in cui vi è una buona relazione con il padre. Questo dato è in linea con altre ricerche da cui emerge che i padri non di rado siano molto coinvolti e possano costituire una importante risorsa nel percorso adottivo, mentre la relazione con la madre risulti essere uno snodo critico. 

Rilevante è il dato, sicuramente allarmante, relativo alla presenza di violenza familiare: nel 32,7% dei casi assistiamo a condotte di violenza fisica nella relazione con la madre e nel 17,8% con il padre. Al momento della segnalazione al Tribunale per i Minorenni i ragazzi hanno un’età media di 16 anni. I fattori maggiormente determinanti l’ingresso nel circuito giudiziario sono l'uso di droghe, le fughe da casa, la violenza familiare, l'abbandono scolastico e la frequentazione di ambienti devianti. Non di rado si registrano tentati suicidi e comportamenti di autolesionismo.  

Sulla base della ricerca sembra che il Tribunale per i Minorenni sia riuscito a incidere positivamente sui percorsi di crescita di questi ragazzi poichè, alla chiusura del fascicolo amministrativo, l’esito è stato ritenuto migliorativo nel 47,6% dei casi, stazionario nel 30% e peggiorativo nel 20,4%. Questo significa che le misure adottate dal Tribunale, tramite l’attivazione di progetti sul territorio (22,8%), e l’eventuale inserimento in comunità residenziale, (nel 67,2% dei casi, di cui 59,5% di tipo educativo e 40,5% di tipo terapeutico) si traducono in interventi che manifestano una loro efficacia.  

«I dati della ricerca evidenziano altresì che il coinvolgimento dei genitori e la loro capacità di collaborare coi servizi e col Tribunale costituiscono una rilevante risorsa associata in modo statisticamente significativo a una maggiore probabilità di un esito positivo del percorso svolto in Tribunale» – ha dichiarato la professoressa Rosnati.

«Certamente l’alta percentuale di ragazzi con una diagnosi di tipo psichiatrico pone non pochi interrogativi su quali percorsi siano effettivamente efficaci a fronte di una scarsità di risorse specifiche e in particolare di una strutturale carenza di comunità terapeutiche per i minori – ha aggiunto la professoressa Magrin –. Inoltre, rimane aperto l’interrogativo relativamente a quanto gli operatori sappiano cogliere la specificità di cui sono portatori i ragazzi che hanno alle spalle una storia di adozione».

In conclusione, se in generale è riconosciuto il ruolo protettivo dell’inserimento in un contesto familiare sano e stabile come ‘antidoto’ allo sviluppo di problematiche psichiatriche, invece i ragazzi considerati in questa ricerca presentano un’incidenza molto alta di tali disturbi, evidenziando una loro particolare vulnerabilità. Gli interventi precoci attivati nella totalità dei casi non sono riusciti a reindirizzare le traiettorie di vita e questo sollecita l’urgenza di riflettere ulteriormente su diverse possibilità di attuare un’efficace azione preventiva. D’altro canto, pur in storie di vita estremamente complesse, le famiglie continuano, in larga maggioranza, a svolgere un ruolo essenziale come risorsa di resilienza, che merita una attenzione specifica da parte dei soggetti che intervengono negli accidentati percorsi di vita dei minori e dei loro nuclei adottivi. Il Tribunale, dunque, svolge un ruolo di rilievo anche in situazioni tanto drammatiche come quelle considerate in questa ricerca a condizione che si sappia creare una salda alleanza tra servizi e famiglie. 
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti