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Rapporto Giovani: per battere la crisi servono le nuove generazioni

19 maggio 2021

Rapporto Giovani: per battere la crisi servono le nuove generazioni

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Promozione, protagonismo e partecipazione. Ecco le chiavi per mettere al centro della ripartenza post-pandemica dell’Italia i giovani, una delle categorie più colpite dalla crisi dell’ultimo anno. Il divario generazionale aumentato dalla pandemia da Covid-19 è al centro dell’ottavo “Rapporto Giovani” dell’Istituto Toniolo, presentato oggi in un webinar con il Ministro per le Politiche giovanili Fabiana Dadone, moderato dal giornalista Roberto Fontolan. Il volume è il risultato di una ampia indagine condotta a novembre 2020 dall’Osservatorio Giovani: «Abbiamo condotto la prima ricerca nove anni fa, durante l’apice della grande crisi economica del 2012 -ha spiegato Alessandro Rosina, docente di Demografia dell’Università Cattolica e coordinatore scientifico dell’Osservatorio-. Per i giovani gli anni successivi non hanno portato una ripresa, abbiamo il record europeo di NEET e il divario non si è ridotto nel tempo. L’emergenza Covid ha avuto un impatto consistente e le difficoltà economiche di hanno reso i giovani molto cauti nelle loro scelte».

I più in difficoltà sono evidentemente i giovani che non studiano più ma non hanno un lavoro (i NEET). Tra gli uomini, in particolare, la percentuale di chi si trova bloccato nel percorso di autonomia perché non può permettersi una casa, è pari al 49% dei NEET contro il 27% circa di chi ha un lavoro stabile. Tra gli intervistati che vivono ancora con i genitori il 26% dichiara di rimanere a vivere con loro perché “sto ancora studiando”. Rispetto agli altri motivi a prevalere decisamente sono le difficoltà oggettive: oltre uno su tre afferma di non vivere autonomamente perché non in grado di affrontare i costi di un’abitazione (35%) contro uno su cinque che dichiara “sto bene così” (20,7%)

Un dato significativo è che molti degli intervistati, addirittura il 47% nella fascia tra i 18 e i 24 anni, non conosca “Garanzia Giovani”, il programma avviato nel 2004 e principale strumento per rafforzare la transizione dal mondo della scuola al mondo del lavoro in Italia: «Negli anni molte scelte sono state prese senza una adeguata attenzione alla valutazione del loro impatto sia in fase preliminare che successiva all’attuazione – ha confermato il Ministro Dadone-, stiamo provando a riorientare le politiche pubbliche basandole sull’evidenza dei dati, penso sia la soluzione migliore per raggiungere risultati positivi. Credo inoltre che i ragazzi siano il vettore principale dei cambiamenti e che vadano coinvolti. Li abbiamo consultati sul PNRR e senza l’appoggio di media e reti tv abbiamo ottenuto oltre 15.000 interazioni sui social media. È importante farli sentire parte di qualcosa di più grande di loro».

Anche per Monica Maggioni, giornalista RAI e alumna della Cattolica, il passaggio chiave e rendere i giovani parte integrante del processo di gestione delle risorse di Next Generation EU: «Per loro significherebbe moltiplicare la consapevolezza delle opportunità che li circondano e consentirebbe al mondo degli adulti di comprendere in tempo breve quali saranno gli elementi di non funzionamento».

La pandemia ha peggiorato ulteriormente la fragilità economica delle giovani generazioni, accentuando la dipendenza dalla famiglia di origine. Manovre di sostegno diretto come il Reddito di Cittadinanza sono importanti ma non bastano: «Il 42% dei giovani tra 18 e 34 anni dichiara una situazione economica personale non buona -ha confermato Mauro Migliavacca, sociologo dell’Università di Genova- ma senza uno sviluppo di politiche attive del lavoro e dei percorsi professionali questa forbice continuerà ad allargarsi».

 

Distribuzione delle famiglie in cui almeno un membro è titolare di forme di sostegno alla povertà economica (Rdc, Rei) per titolo di studio dell’intervistato. Valori percentuali.

Per Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettore dell’Università Cattolica, vanno ripensate le basi del nostro Welfare State: «L’occasione di Next Generation EU non va persa, credo serva una partnership tra pubblico e privato per aiutare i giovani a formarsi e trovare il loro orientamento vocazionale. Quando parliamo di orientamento spesso sottovalutiamo questa dimensione. I ragazzi devono essere supportati dalla scuola e dall’università nella scoperta di chi sono, cosa possono fare o cosa possono continuare a studiare». Un tema sottolineato anche da Dadone: «Non dobbiamo avere il timore di portare le aziende all’interno delle scuole. Con la conoscenza diretta dei contesti lavorativi esistenti i giovani possono indirizzarsi meglio su attività più confacenti alle loro capacità o volontà. Azioni di orientamento simili vanno predisposte già dal primo anno delle scuole medie, dove ad esempio le ragazze cominciano già a perdere interesse per le discipline STEM».

La connessione tra mondo della scuola e lavoro è cruciale. Proprio i dati contenuti nel Rapporto Giovani mostrano come la differenza tra un NEET cronico e un giovane che affronta difficoltà, migliora progressivamente ed esce dal labirinto, è proprio il circolo virtuoso dell’imparare facendo: «Bisogno promuovere il percorso di vita dei giovani, la possibilità che le loro scelte possano essere realizzate e che attraverso il lavoro possano realizzare progetti di vita solidi  – ha concluso il professor Rosina-, le idee dei giovani devono diventare protagoniste, cioè consentire al mercato del lavoro di espandere beni e servizi in maniera innovativa. Se vogliamo creare un paese competitivo nella transizione verde e digitale le migliori sensibilità verso questi due aspetti le hanno proprio le generazioni più giovani, serve un loro protagonismo all’interno di questi processi. Il tema della partecipazione è cruciale perché i giovani sono antropologicamente diversi dalle generazioni precedenti. Dobbiamo sintonizzarci con un loro sguardo diverso della realtà. Cosa vuol dire per loro lavoro e realizzarsi? Come vogliono cambiare il paese? Va creata una sintonia con le loro sensibilità, bisogna sperimentare con loro e sbagliare assieme».

Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

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