«È importante essere informati, perché la rete è una grande ricchezza: possiede tante opportunità, ma anche molti pericoli». Parola del professor Ruben Razzante, docente di diritto dell’informazione dell’Università Cattolica. Il nuovo “Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione” (ed. Cedam-Wolters Kluwer), giunto alla nona edizione, è l’occasione per fare il punto sui temi del mondo digitale e delle nuove norme che lo regolano.
Professore, cosa è cambiato rispetto alle altre edizioni e su quale tema si è concentrato in particolare?
«Il manuale viene aggiornato in media ogni tre anni, secondo lo scenario legislativo. A causa della pandemia si è avuta una notevole spinta verso la digitalizzazione della società. È cambiato moltissimo rispetto alla precedente edizione, sia per la regolamentazione giuridica, sia per le sentenze di casi pratici. Ci sono novità in materia di privacy, diffamazione, diritto all’oblio, e intelligenza artificiale, assieme ad una spiegazione argomentata del Testo Unico dei doveri del giornalista. Infatti, proprio a causa del Covid sono state introdotte norme deontologiche per i giornalisti che si occupano di medicina e di salute».
Secondo lei perché c’è ancora così bisogno di conoscenza di questi argomenti? Non solo sul piano giuridico, ma anche a livello sociale.
«Il manuale non è solo per addetti ai lavori, ma è stato scritto per rivolgersi a tutti gli utenti della rete. È pensato per chi vuole difendersi in modo più aggiornato e consapevole, e per chi vuole tutelare al meglio i propri diritti, evitando i rischi del web. Il libro serve principalmente a mettere in guardia da questi pericoli, ma anche a raccontare come i danni che si subiscono in rete possano essere riparati o risarciti».
Il tema delle fake news è un tema molto caldo al giorno d’oggi. Quali aggiornamenti ci sono in questo manuale rispetto alla questione della disinformazione?
«Ho aggiornato la parte che riguarda la regolamentazione europea: nel settembre 2018 è stato redatto un Codice di autoregolamentazione dalla Commissione Europea, sottoscritto da tutti i grandi colossi del web. Non è detto che non venga ancora aggiornato, a causa delle fake news in ambito bellico. Il manuale presenta quindi un’analisi più ampia di quella dell’edizione precedente. È presente anche l’attività di monitoraggio contro la disinformazione in ambito Covid che ho svolto con il governo precedente: sono presenti soluzioni pratiche per fronteggiare le fake news, anche dal punto di vista giuridico».
Sta pensando di scrivere una nuova edizione sulla guerra mediatica del conflitto ucraino?
«Mi augurerei che la guerra finisse molto prima rispetto alla necessità di una nuova edizione. Detto ciò, è chiaro che i concetti presenti oggi possono essere agevolmente applicati anche alle fake news in materia di guerra, per contrastare i flussi di manipolazione e disinformazione».
Secondo lei c’è la necessità di introdurre la materia anche a livello scolastico o va affrontata prettamente a livello accademico?
«La rete è una realtà in forte evoluzione, che richiede strumenti anche educativi. Per questo motivo sono favorevole all’educazione civica digitale fin dalle scuole dell’obbligo. I corsi dovrebbero essere rivolti non solo ai ragazzi, ma anche alle famiglie e ai genitori, che spesso sono più pericolosi nell’utilizzare le tecnologie. Ritengo sia quindi necessario introdurre un momento di formazione perché la cultura digitale cresca anche nelle scuole, soltanto in questo modo possiamo sperare di avere nuove generazioni consapevoli dei rischi che possono correre».