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Ružomberok, crocevia d'Europa per i giovani ucraini

13 maggio 2022

Ružomberok, crocevia d'Europa per i giovani ucraini

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«Un crocevia tra est e ovest, tra nord e sud». Così Edoardo Barbieri, docente di Bibliografia e Storia del libro dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, descrive la cittadina montana di Ružomberok, situata nel centro della Slovacchia. Per chi viene da est, il Paese è una sorta di porta d’accesso alla Comunità europea: il costo della vita non è elevato e le lauree, ottenibili negli atenei slovacchi, hanno validità in tutta l’Unione. Il professor Barbieri ha deciso di recarsi proprio in uno di questi, l’Università Cattolica di Ružomberok, per tenere una serie di lezioni di letteratura italiana alla Facoltà di Pedagogia, dove studiano numerosi ragazzi provenienti dall’Ucraina.

«Hanno studenti ucraini già da tempo - racconta il professor Barbieri - ma ciò che mi ha stupito è che la cattedra di italiano si sia fatta carico di questa situazione». Molte sono state le iniziative della professoressa Rosangela Libertini e dei suoi collaboratori: ospitare le famiglie degli studenti, convincere i maschi a non tornare in Ucraina, far capire loro che si stanno formando per essere la futura classe dirigente della loro patria. Per il professor Barbieri, organizzare il viaggio con il collega Luca Rivali non è stato difficile. Dopo la pandemia, infatti, molti professori hanno rinunciato ai loro posti all’estero: «Abbiamo deciso di andare a marzo e non è stato difficile raccogliere i fondi. Le lezioni sono state molto basilari, io ne ho tenute alcune su Manzoni».

Oltre alla disponibilità dei professori, un altro aspetto che ha profondamente colpito il docente della Cattolica: all’Università di Ružomberok, studenti ucraini, russi e bielorussi, i Paesi in guerra, seguono le lezioni assieme e convivono nei collegi.

In Repubblica Slovacca l’università si inizia prima rispetto ad altri Paesi, gli studenti sono dunque meno maturi. Da un lato questo ha un vantaggio, perché sono più ingenui, ma dall’altro sono anche molto influenzabili e succubi di possibili immagini distorte dalla realtà e di fake news. In ogni caso c’è un clima di condivisione tra gli studenti, che non dimenticano la presenza della guerra, ma tra di loro c’è molto supporto e vengono meno le differenze tra ragazzi ucraini e russi.

«Appena sono arrivato alla stazione di Bratislava ho visto una sorta di pronto soccorso, con una sezione per le mamme e i bambini. Sono attrezzati come se fosse un campo profughi – continua il professor Barbieri – la scelta di basare le mie lezioni di italiano all’università di Ružomberok, leggendo ai ragazzi Alessandro Manzoni, non è stata casuale. Durante la Prima Guerra Mondiale, infatti, i soldati al fronte chiedevano libri da farsi mandare da casa e quello più richiesto era proprio I promessi sposi, perché la storia è capace di affrontare tematiche quali l’amore, la lontananza, sentimenti che stanno provando le popolazioni coinvolte dalla guerra. Il contenuto cristiano che emerge dal libro più famoso di Manzoni è capace di veicolare dei messaggi quali la responsabilità personale e la resistenza. Invece che insegnare a questi ragazzi l’analisi geopolitica è molto più formativo parlare di esperienze concreta come l’importanza della vita e la capacità di convivere con il dolore e di metabolizzarlo».

Un articolo di

Filippo Jacopo Carpani e Christian Valla

Scuola di giornalismo

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