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Sfida all'emergenza: ripensare l'educazione nel XXI secolo

21 dicembre 2020

Sfida all'emergenza: ripensare l'educazione nel XXI secolo

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Meno della metà delle scuole italiane viaggia su banda larga. Basterebbe questa frase per indicare la via da percorrere per innovare il sistema scolastico italiano ma l’emergenza sanitaria in atto ha accelerato la percezione di quanto ancora ci sia da fare sull’innovazione tra i banchi. Del tema, si è discusso nel primo dei quattro appuntamenti del ciclo “Ripensare l’educazione nel XXI”, iniziativa voluta dal Ministero dell’Istruzione, presenziata dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, a cui hanno partecipato i docenti Unicatt Simonetta Polenghi e Pier Cesare Rivoltella.

“Incontri per riflettere, proporre, agire” era il sottotitolo dell’iniziativa e gli interventi dei docenti, moderati dallo scrittore e giornalista Edoardo Camurri, di spunti ne hanno offerti molti. «Anzitutto è risultato chiaro il ritardo culturale della scuola rispetto ai temi dell’innovazione» ha sottolineato il prof. Rivoltella nel suo intervento. A fronte di isole di eccellenza e laboratori di innovazione, si sono create delle zone d’ombra causate dalla non curanza dove si è pensato che la stessa organizzazione del lavoro fatta in presenza potesse essere replicata da remoto.

«Ed è subito stato chiaro che il divario digitale era di solito sintomo di un divario culturale e quest’ultimo di un disagio economico e sociale -ha sottolineato Rivoltella-. In tempo di riflessione sulle povertà educative, abbiamo avuto la certezza che i poveri sono sempre più poveri. E siamo tornati a interrogarci, a oltre cinquant’anni da Lettera a una professoressa, sulla reale capacità della scuola di colmare il gap, di ridurre le differenze, di non essere ‘un ospedale che cura i sani’».

 

In questo periodo, la scuola è diventata grande tema di dibattito. Effetto che ha portato pro e contro per il direttore del CREMIT: «Assistiamo a una abbondantissima discussione, che sui social ha reso palpabile la separazione tra discorsi della ricerca e discorsi della piazza. Ciò accade perché la ricerca non sa comunicare i suoi risultati, non per snobismo ma perché la piazza dei social gradisce la semplificazione».

In una società in cui il processo di mediatizzazione ha pervaso la vita quotidiana di ognuno, la scuola per Rivoltella deve «mettere a tema la questione della cittadinanza (digitale), che non va pensata come un problema di alfabetismo funzionale o, peggio, di competenze informatiche di base, ma appunto come una questione etica, nel significato etimologico del termine, che rimanda all’ethos, alla sfera del valore e del comportamento, dell’intelligenza dell’azione, della saggezza pratica».

La ricerca didattica può rendersi utile alla politica per condurre la scuola verso il futuro secondo Rivoltella se a livello organizzativo l’obbiettivo sarà quello di una scuola aumentata e ibrida, in cui le piattaforme di videocomunicazione e l’elearning consentano di tornare sui contenuti; in cui si possa lavorare sull’orario scolastico e le riunioni collegiali. Dal punto di vista dei professori Rivoltella nota che «la comunicazione didattica trasmissiva non funziona; va sostituita con una comunicazione dialogica, più relazionale e focalizzata. La mancanza della scuola ha aperto il bisogno non solo di un sostegno cognitivo, ma anche (soprattutto) relazionale, affettivo, ambientale».

Un punto finale anche sul piano metodologico, che per Rivoltella è costituito sia dalla padronanza della materia insegnata ma anche dai criteri didattici ben definiti, pratiche, evidenze di ricerca. «Il metodo senza contenuti è vuoto, ma i contenuti senza il metodo sono ciechi» ha chiosato il professore.

Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

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