Meno della metà delle scuole italiane viaggia su banda larga. Basterebbe questa frase per indicare la via da percorrere per innovare il sistema scolastico italiano ma l’emergenza sanitaria in atto ha accelerato la percezione di quanto ancora ci sia da fare sull’innovazione tra i banchi. Del tema, si è discusso nel primo dei quattro appuntamenti del ciclo “Ripensare l’educazione nel XXI”, iniziativa voluta dal Ministero dell’Istruzione, presenziata dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, a cui hanno partecipato i docenti Unicatt Simonetta Polenghi e Pier Cesare Rivoltella.
“Incontri per riflettere, proporre, agire” era il sottotitolo dell’iniziativa e gli interventi dei docenti, moderati dallo scrittore e giornalista Edoardo Camurri, di spunti ne hanno offerti molti. «Anzitutto è risultato chiaro il ritardo culturale della scuola rispetto ai temi dell’innovazione» ha sottolineato il prof. Rivoltella nel suo intervento. A fronte di isole di eccellenza e laboratori di innovazione, si sono create delle zone d’ombra causate dalla non curanza dove si è pensato che la stessa organizzazione del lavoro fatta in presenza potesse essere replicata da remoto.
«Ed è subito stato chiaro che il divario digitale era di solito sintomo di un divario culturale e quest’ultimo di un disagio economico e sociale -ha sottolineato Rivoltella-. In tempo di riflessione sulle povertà educative, abbiamo avuto la certezza che i poveri sono sempre più poveri. E siamo tornati a interrogarci, a oltre cinquant’anni da Lettera a una professoressa, sulla reale capacità della scuola di colmare il gap, di ridurre le differenze, di non essere ‘un ospedale che cura i sani’».