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Diabete, l’importanza della prevenzione

14 novembre 2024

Diabete, l’importanza della prevenzione

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Lanciata nel 1992 e celebrata ogni anno il 14 novembre, la "Giornata Mondiale del Diabete" è un’iniziativa della Federazione Internazionale del Diabete (IDF) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), creata in risposta all’incidenza crescente del diabete nel mondo. La data del 14 novembre corrisponde a quella di nascita del fisiologo canadese Frederick Grant Banting, che insieme a Charles Herbert Best, scoprì l'insulina, nel 1921, e il cui risultato consentì riguardo al diabete di passare da una malattia mortale a una malattia controllabile.

Il professor Dario Pitocco, docente di Endocrinologia alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università Cattolica e Direttore Unità Operativa Dipartimentale di Diabetologia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, traccia un quadro dell’incidenza crescente del diabete in Italia, e nel mondo, e spiega quanto sia fondamentale la prevenzione per evitare complicanze, migliorare la qualità della vita dei pazienti e gestire la malattia.

Gli italiani affetti da diabete sono in aumento, una tendenza che trova riscontro a livello europeo, professor Pitocco quali sono le cause della diffusione di questa patologia?
«Il diabete è una condizione caratterizzata da uno stato di iperglicemia dovuto ad un’alterata produzione o funzione dell’insulina, ormone prodotto dal pancreas, la cui funzione è quella di ridurre la glicemia, facendo entrare il glucosio nelle cellule del nostro organismo».

«Le principali varietà di diabete sono due: il diabete mellito di tipo 1, che riguarda il 10% delle persone con diabete, la cui patogenesi è legata alla distruzione su base autoimmune delle cellule beta che sono quelle adibite alla produzione di insulina e il diabete mellito di tipo 2 che è la forma più comune rappresentandone circa il 90% dei casi ed è legato alla presenza di un meccanismo che definiamo insulino resistenza, che si accompagna nell’arco del tempo a una riduzione della capacità di produrre l’insulina necessaria.

Gli italiani affetti da diabete tipo 2 sono circa il 6% della popolazione, cioè quasi 4 milioni di persone. Inoltre, ci sono circa 1,5 milione di persone sarebbero affette da malattia non ancora diagnosticata. Il diabete rappresenta la quarta causa di morte a livello globale. In Italia, si registrano circa 80.000 decessi all’anno, corrispondenti a 9 morti evitabili ogni ora».

«Il diabete è la prima causa di cecità in età lavorativa, la prima causa di insufficienza renale terminale e la prima causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori. Inoltre, la sola presenza del diabete aumenta di 2-3 volte il rischio di avere un evento cardiovascolare maggiore».

Quali sono le fasce di età maggiormente colpite?
«L’età è un fattore di rischio per il diabete mellito di tipo 2, infatti la malattia generalmente si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi altri fattori di rischio sono stati riconosciuti: la familiarità, l’assenza di attività fisica, il sovrappeso, l’appartenenza ad alcune etnie e l’appartenenza a fasce socio-economiche più disagiate. Il diabete di tipo 2 è conosciuto come il “killer silenzioso”, perché è una condizione che può passare inosservata per anni finché non si sviluppano sintomi e/o complicanze».

«Il diabete tipo 2, purtroppo, colpisce inoltre anche le fasce di età più giovani per la maggior prevalenza di obesità e sovrappeso in questa fascia di età. I dati ISTAT 2019 sui giovani in età scolastica (6-17 anni) denunciano che il 24,7% di essi è in condizioni di eccesso ponderale (27,1% per i maschi, 22,2% per le femmine) e che circa il 35% degli stessi ha entrambi i genitori nella stessa condizione, il 24% solo il padre, il 30% solo la madre. Pertanto, il diabete tipo 2 è in costante aumento, in considerazione della maggior diffusione di uno stile di vita sedentario e di un’alimentazione ricca di carboidrati e grassi e può colpire tutte le fasce di età, comprese quelle più giovani. Anche il diabete tipo 1 è in crescente aumento ma le cause non sono ancora note. L’incidenza del diabete di tipo 1 aumenta con l’età. Di norma si ha un picco intorno ai 10-14 anni, ma di fatto potrebbe insorgere in qualunque momento della vita, anche negli anziani».

A livello di prevenzione, che cosa si può fare?
«Lo sviluppo del diabete di tipo 2 si associa alla presenza di preesistenti fattori di rischio, soprattutto la familiarità per diabete mellito, il sovrappeso corporeo, l’obesità e la sindrome metabolica. L’intervento sullo stile di vita risulta dunque fondamentale nella prevenzione del diabete di tipo 2. Un’attività fisica aerobica di moderata intensità e il calo ponderale del 5-10%, riducono del 60% circa l’incidenza del diabete tipo 2. In merito alle abitudini alimentari, si raccomanda di ridurre l’apporto totale di grassi - particolarmente degli acidi grassi saturi - e di aumentare l’apporto di fibre vegetali (almeno 15 g/1000 kcal). Si dovrebbe inoltre preferire il consumo di carboidrati complessi con farine integrali. In merito alla prevenzione del diabete tipo 1, sono ancora poco chiari i fattori di rischio che interagiscono con la predisposizione genetica scatenando la reazione autoimmunitaria, motivo per cui non esistono attualmente dei veri e propri strumenti di prevenzione, anche se si iniziano ad utilizzare anticorpi monoclonali che nei soggetti a rischio possono ritardare la comparsa clinica della malattia».

Attualmente esistono nuove terapie per convivere con il diabete?
«La terapia farmacologica del diabete di tipo 1 consiste nella terapia sostitutiva con insulina. Lo schema di terapia raccomandato è quello “basal-bolus” da realizzare tramite terapia multi-iniettiva, composta da più somministrazioni di insulina durante il giorno tramite penne apposite, o con microinfusore. La gestione del diabete mellito di tipo 1 ha visto nell'ultimo ventennio un progressivo e veloce cambiamento. Sono comparse nuove ed evolute tecnologie che, allo stato attuale, rappresentano il sistema migliore per la terapia insulinica intensiva e per l'autocontrollo glicemico domiciliare».

«Le due tecnologie più comuni e più efficaci, infatti, comprendono da un lato il trattamento insulinico (microinfusori di insulina) e dall'altro il controllo della glicemia (Sistemi di Controllo Continuo del Glucosio e Sistemi di Controllo Flash del glucosio). Il ricorso a queste tecnologie consente di ottenere un migliore compenso glicemico, una minore esposizione a ipoglicemie gravi e moderate e un miglioramento della qualità di vita».

«I sistemi di controllo continuo del glucosio si compongono di due elementi essenziali: un sensore del glucosio che viene inserito sottocute (nel tessuto interstiziale sottocutaneo) e un trasmettitore di dati. Il sensore del glucosio misura ogni 5 minuti la concentrazione di glucosio nello spazio interstiziale sottocutaneo e il trasmettitore invia tale informazione a un ricevitore esterno, permettendo al paziente di visionare sempre in tempo reale la glicemia. Oltre all'informazione relativa al dato glicemico, vengono fornite anche indicazioni sulla velocità di variazione della glicemia. Tali sistemi presentano anche la possibilità di impostare allarmi di soglia e allarmi predittivi per iperglicemia e ipoglicemia. Esistono anche sistemi ad ansa chiusa ibridi che combinano le funzioni dei microinfusori a quelle dei sistemi di controllo continuo della glicemia. Questi dispositivi costituiscono un passo decisivo verso il pancreas artificiale, poiché sono caratterizzati da meccanismi semiautomatici evoluti di sospensione o riduzione dell'erogazione basale di insulina. In questi sistemi integrati il trasmettitore del sistema di controllo continuo trasmette in tempo reale il valore glicemico al microinfusore che, in base a un algoritmo matematico, è in grado di adeguare automaticamente l'erogazione di insulina».

E per quanto riguarda invece la prevenzione del diabete tipo 2?
«La terapia farmacologica del diabete tipo 2 deve essere personalizzata e centrata sul paziente; si devono tenere in considerazione molte variabili per la sua ottimizzazione: età, aspettativa di vita, presenza di complicanze del diabete, comorbidità, rischio di effetti collaterali, impatto sul peso e rischio di ipoglicemia. Attualmente sono in fase di studio altri farmaci sia per il diabete tipo 2 che per l’obesità. Uno di questi agisce attivando sia i recettori ormonali del GIP (polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente) sia quelli del GLP-1, (peptide glucagone-simile-1). Legando entrambi i recettori, il farmaco aumenta la secrezione d’insulina a livello pancreatico, la sensibilità insulinica e riduce l’assunzione di cibo. Riducendo così in modo significativo l’emoglobina glicata e il peso corporeo. Infine, sarà a breve disponibile una nuova insulina basale a somministrazione settimanale».

Un articolo di

Graziana Gabbianelli

Graziana Gabbianelli

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