Una società "in surplace"
L’immagine messa a fuoco dal Rapporto è quella di un Paese dalle grandi potenzialità, ma concentrato nel rimanere in equilibrio sul posto, piuttosto che nel lanciarsi verso il futuro che lo attende, disperdendo così la propria forza, in cui gran parte delle energie - pubbliche e private - sono impegnate nel tentativo di conservare la posizione, più che a costruire un domani desiderabile, soprattutto relativamente alle giovani generazioni. L’auspicio è quello di sbloccare tale situazione, rigenerando condizioni adatte a favorire uno scatto in avanti, diventando una società più matura e consapevole della propria storia e, proprio per questo, più capace di concentrarsi sulle vere priorità.
La discussione tra i relatori
«Per sbloccare l’Italia - ha detto nel corso della presentazione il Professor Mauro Magatti, Ordinario di Sociologia generale all'Università Cattolica - occorre superare l’idea riduttiva di crescita che si accontenta dello sfruttamento delle occasioni di breve periodo. Non si tratta più semplicemente di cogliere le opportunità, quanto di generarne di nuove: è lo sviluppo integrale la condizione per la crescita nei prossimi anni».
«Fondazione Unipolis - ha dichiarato il Presidente Pierluigi Stefanini - ha lavorato in questi anni a fianco dell’Alleanza per la Generatività riconoscendo il valore di un modello d’analisi orientato alla sostenibilità, che pone al centro dell’interpretazione il ruolo delle persone e delle comunità e che permette una lettura che ha già intrinseche delle direttrici di intervento, adottando una visione complessa e non semplicistica della vita».
«Questo Rapporto ribadisce un fatto che noi da tempo evidenziamo: - ha affermato Presidente dell'ISTAT Gian Carlo Blangiardo - uno degli elementi deboli del sistema Italia, che pur aveva rialzato la testa prima del conflitto in Ucraina, è quello demografico. Viviamo in un paese con un’età media di 46 anni e una speranza di vita media di 38 anni: vuol dire che il patrimonio demografico si sta riducendo molto velocemente. Investire sul futuro significa dunque saper puntare su obiettivi concreti anche di natalità, con politiche mirate a sostegno di famiglie, educazione, lavoro. Solo così possiamo recuperare il futuro che stiamo a poco a poco perdendo».
«Vorrei sottolineare l’invito contenuto in questo Rapporto ad investire: non solo risorse, ma energie e fiducia reciproca per “ri-guardare” insieme i nostri territori - ha aggiunto il Presidente di IFEL Alessandro Canelli - I Comuni possono agire per favorire una maggiore coesione delle comunità, a vantaggio di processi innovativi che sono da definire all’interno delle comunità stesse ma in modo aperto, interagendo con tutti gli altri livelli di governo e con quegli attori che possono sostenere il cambiamento che serve».
«Auspico la messa a terra di quanto viene evidenziato nelle conclusioni di questo lavoro - ha concluso il Presidente del CNEL Tiziano Treu - Le cinque direttrici di azione individuate sono attuali e più che mai sensate, ma perché questo ciclista non cada e, anzi, prosegua per la sua strada con rinnovata energia, è necessario sostenere i processi decisionali con suggerimenti pratici e indicazioni precise».
Il modello di analisi generativo
La generatività sociale offre una prospettiva inedita nel leggere l’economia e la società, le loro relazioni e i loro sviluppi.
Insistendo sulla necessità di adottare uno sguardo più largo, integrato e prospettico sulla realtà, essa permette di recuperare la dimensione processuale e intertemporale e di assumere una visione non lineare, cioè complessa della vita, affrontando i nodi che bloccano il dinamismo e l’iniziativa dei diversi attori sociali evitando, così, approcci settoriali e a breve termine.
A livello di metodo il Rapporto, nell’indicare alcune policy europee selezionate sulla base dello loro esemplarità generativa, desidera suggerire anche una via per ideare, progettare, realizzare e valutare le policy: rispetto agli obiettivi, è necessario investire su processi contributivi che siano effettivamente trasformativi nel tempo e generatori di multiforme valore, nel quadro di una visione di lungo periodo per il Paese.
Liberare la generatività per sciogliere i 5 nodi che bloccano l’Italia
Cinque sono le direttrici sulle quali il Rapporto suggerisce di muoversi.
Investire il futuro: la prima mossa è la creazione di condizioni culturali e istituzionali adatte per rendere possibile la fiducia in ciò che deve ancora venire, secondo un modello di sviluppo più desiderabile, che prenda forma attorno ai due driver di sostenibilità e digitalizzazione.
Prima le persone: calo demografico, ritardi educativi, gestione non positiva del fenomeno delle migrazioni. L’Italia ha dimenticato che lo sviluppo è possibile solo partendo dalle persone: se non si ricomincia da qui non c’è futuro.
Contro la disuguaglianza demotivante: nonostante l’alta spesa sociale, la disuguaglianza rimane un freno allo sviluppo del Paese. È necessario intervenire sul sistema di welfare, abbandonando la logica dell’assistenza per abbracciare quella della capacitazione generativa.
L’ecosistema della singolarità: l’Italia è l’Italia solo se e quando è in grado di riprodurre e riattualizzare quella qualità e quella varietà che il mondo le riconosce. Questo implica la necessità di prendersi cura dell’ecosistema (sociale e ambientale) per riattivare la sua generatività spontanea.
La nuova cornice del bene comune della sostenibilità: nonostante qualche indicatore positivo, l’Italia fatica a impostare una politica all’altezza della situazione. Eppure, la sostenibilità, in senso lato, è la leva cruciale per ripensare allo sviluppo del Paese, non solo per ragioni economiche, ma anche per rigenerare quel senso di partecipazione ad un disegno comune che sta scomparendo.