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Viticoltura, pratiche per un calice di vino sostenibile

09 luglio 2021

Viticoltura, pratiche per un calice di vino sostenibile

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Più che un problema da risolvere, si tratta di una necessità a cui dovere far fronte». Gloria Luzzani, 33 anni, oggi impegnata nell’attività di ricerca al Center for Corporate Responsibility and Sustainability dell’Università di Zurigo, introduce così la sua tesi da poco conclusa alla Scuola di Dottorato per il Sistema Agroalimentare Agrisystem presso il campus di Piacenza della Cattolica. La ricerca di Luzzani, che è anche coordinatrice del Master universitario in “Food & Beverage: gestione e sostenibilità dei servizi di ristorazione”, si inserisce nel programma “VIVA - La sostenibilità nella vitivinicoltura in Italia”, progetto nazionale avviato dal Ministero dell’Ambiente e volto a migliorare le prestazioni di sostenibilità della filiera vitivinicola attraverso l’analisi di quattro indicatori (Aria, Acqua, Territorio, Vigneto). Il terzo, l’indicatore “Territorio”, è quello di cui si è occupata la ricercatrice.

«È un indicatore - dice Luzzani - che consente di valutare gli impatti e incrementare l’inclusione delle aziende vitivinicole all’interno del contesto, sia ambientale sia sociale, in cui operano. A tal fine include aspetti legati alla sostenibilità, come la qualità delle relazioni con i residenti e con la comunità, l’integrazione nel paesaggio, l’impatto indiretto sulla biodiversità del processo di produzione e i servizi forniti dalle aziende sul territorio».

Quindi la ricercatrice spiega come si è approcciata alla tesi. «Ho cominciato a lavorare su questo progetto poco prima che iniziassi il dottorato - dice Luzzani - dopodiché è divenuto quasi naturale sviluppare una tesi il cui obiettivo è ragionare sulla sostenibilità delle aziende vitivinicole, attraverso un approccio che consenta di trasferire loro le migliori pratiche, naturalmente integrate con le strategie aziendali».

Un settore agroalimentare che produca in maniera sostenibile e una modalità di consumo responsabile sono ormai irrinunciabili per affrontare le sfide del futuro, tanto più in un mondo che, è auspicabile, sta per uscire dallo stress pandemico. «La produzione agroalimentare è ovviamente dipendente all’uso delle risorse naturali - spiega Luzzani - incide per il 70% dei prelievi totali delle acque dolci ed è responsabile di circa il 30% dell’emissione di gas a effetto serra a livello antropico. È di conseguenza naturale che sia posta sotto osservazione. Con un impatto economico e sociale così rilevante è fondamentale migliorare l’approccio alla sostenibilità delle aziende che vi lavorano». Ecco, dunque, perché come si diceva all’inizio la ricerca ha l’ambizione di fornire il suo contributo a una necessità non più procrastinabile.

Ma non si fa mai ricerca da soli. Per questo Luzzani ha un pensiero di ringraziamento per il suo tutor, Ettore Capri, i coordinatori del dottorato Marco Trevisan e Paolo Ajmone Marsan, ma anche per tutto il gruppo che ha lavorato al progetto VIVA. «Abbiamo coinvolto aziende di tutto il sistema nazionale - continua la ricercatrice - lavorato insieme con le associazioni di categoria e organizzato interventi di formazione. L’indicatore “Territorio”, di cui mi sono occupata, è un framework qualitativo che considera tre livelli: quello della biodiversità e del paesaggio, quello sociale e culturale e infine gli aspetti etici ed economici della gestione delle aziende vitivinicole».

La ricerca ha coinvolto numerose aziende con l’obiettivo di mettere in evidenza le buone pratiche e le strategie per incrementarne la sostenibilità: 47 sono le imprese vitivinicole che hanno utilizzato l’indicatore “Territorio” (33 produttori di uva e di vino, 13 cooperative o consorzi e un’azienda di imbottigliamento). «Fra queste - precisa Luzzani - l’azienda più piccola produce 15mila bottiglie all’anno, mentre la più grande nello stesso periodo ne produce 97 milioni. Complessivamente parliamo di più di 310 milioni di bottiglie prodotte dalle aziende che sono entrate nella tesi».

«Lo studio - conclude la ricercatrice - può rappresentare un punto di partenza per una sistematica integrazione della sostenibilità nelle aziende vitivinicole, affinché si possano progettare e sviluppare nuove strategie per identificare fragilità e opportunità».

Uno dei risultati conseguiti, infine, è la proposta di un sistema di autovalutazione volto a guidare azioni di miglioramento in materia di biodiversità e gestione del paesaggio, rapporto con i lavoratori e le comunità, nonché di valorizzazione del territorio.

Un articolo di

Filippo Lezoli

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