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Volontariato in Camerun, storie di impegno e trasformazione

24 novembre 2023

Volontariato in Camerun, storie di impegno e trasformazione

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Fare cooperazione attraverso lo sport, intraprendere carriere in organizzazioni internazionali come l'ONU per tradurre il loro impegno in azioni concrete e contribuire a portare cambiamenti positivi nel mondo. Sono i sogni e le ambizioni di Alice Lanzo e Barbara Benelli, studentesse di Politiche per la cooperazione internazionale allo sviluppo in Università Cattolica. La scorsa estate hanno trascorso un periodo di volontariato in Camerun, grazie al Charity Work Program promosso dal CeSi. Esattamente a Balmayo, una cittadina a 40 minuti dalla capitale Yaoundé, collaborando alle attività dell’Associazione Centro Orientamento Educativo – COE. Attivo da settant’ anni con centinaia di volontari coinvolti nelle iniziative educative e culturali in Italia o inviati nei progetti in Africa, Asia, America Latina e Papua Nuova Guinea, il COE a Balmayo è molto più di un semplice centro educativo – spiegano Barbara e Alice – «il complesso comprende un ospedale, un luogo dove dormire, una foresteria, una cucina e uffici. Inoltre, c’è anche uno spazio per attività di animazione, grazie al centro estivo sempre in funzione.»

L’ospitalità ricevuta è stata al di là delle loro aspettative. «Il COE ha un sistema di accoglienza ben rodato con i volontari del servizio civile, grazie al quale ci siamo integrate senza problemi – raccontano le studentesse – abbiamo avuto la fortuna di essere accompagnate da chi aveva già esperienza, ci hanno insegnato i trucchi del mestiere». «Poi – sottolinea Alice – abbiamo avuto la fortuna di conoscere un gruppo di persone del posto che ci ha guidato nei dintorni, spiegandoci come muoverci al meglio. Anche le nostre colleghe italiane ci hanno fatto sentire a casa e con loro abbiamo stabilito un bellissimo rapporto», aggiunge Barbara. «La cittadina di Balmayo – continua Barbara – considera il COE un punto di riferimento, poiché le persone del posto lo vedono come una parte integrante della loro comunità. C’è poi da dire che il nostro legame con la cultura locale è stato fondamentale, poiché abbiamo affrontato molte esperienze nuove. Il Camerun è davvero un mondo a sé, molto diverso dall’Europa o da altri paesi africani più turistici, come il Kenya o il Ghana.» Nelle sei settimane trascorse in Camerun Alice si è occupata del progetto Neet’s Net, incentrato sull’inserimento lavorativo dei giovani tra i 15 e i 24 anni, in particolare giovani donne e giovani in situazioni di vulnerabilità, e al quale l’Università Cattolica partecipa in qualità di partner.
Barbara, invece, ha collaborato al progetto Ça en vaut la peine! che ha come obiettivo la good governance nel settore della giustizia, comprese le condizioni di detenzione, e la partecipazione della società civile.

 

Un articolo di

Valentina Stefani

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«Il mercato del lavoro è durissimo,  le opzioni lavorative – spiega Alice – spesso si limitano a settori primari e artigianali anche se i giovani camerunesi sono molto istruiti».
«Il progetto che ho seguito io – racconta Barbara – ha come obiettivo quello di migliorare le condizioni sanitarie e sociali all’interno delle carceri e promuovere la giustizia». Il lavoro di advocacy è l’aspetto che l’ha interessata maggiormente: «Abbiamo cercato di analizzare il motivo dei casi di recidiva (che ha una percentuale molto alta) e di gettare un piccolo seme per cambiare il sistema – prosegue – ma ci sono questioni che richiedono molta attenzione. Abbiamo cercato di dialogare con le istituzioni, con altri avvocati e con la popolazione per spiegare loro che ad alcune ‘pratiche’ che sono ritenute giuste, come andare in carcere perché non si hanno i soldi per pagare una multa, per esempio, si possono trovare delle alternative».

Anche l’esperienza di Barbara, che ha collaborato al progetto Ça en vaut la peine! per la promozione dei diritti dei detenuti ed ex-detenuti del Paese, è stata molto formativa anche dal punto di vista della crescita personale: «ho capito che ognuno di noi ha delle competenze da valorizzare e non bisogna intimorirsi di fronte a ciò che si potrebbe non sapere». Come la conoscenza della lingua francese, che ha imparato strada facendo.

Alice e Barbara hanno di fatto svolto un «lavoro di ufficio, come potevamo svolgerlo a Milano, anche se con orari più flessibili», dicono, ma in un contesto completamente diverso che gli ha insegnato molto. Prima di tutto l’importanza di comprendere la realtà in cui si opera. «In Camerun, le gerarchie sono fondamentali – commenta Alice – c'è molta formalità, quindi, se un europeo decide di imporre la sua idea scavalcando tutte le gerarchie, sicuramente andrà incontro a un fallimento». «Quando ci si ritrova in una realtà in cui il modo di pensare è completamente diverso, si è più aperti all’ascolto. Non c’è una strada giusta e una sbagliata – concludono – tutto dipende dal vissuto che ciascuno di noi ha». E questo è senza dubbio un insegnamento prezioso che, dopo l’esperienza in Camerun, sentono di voler mettere in pratica nella loro quotidianità anche in Italia.


Il bando dell'edizione 2024 del Charity Work Program sarà pubblicato sul sito del CeSI, sul canale Instagram Facebook del Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale 

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