Non a caso, «i gruppi bancari cooperativi sono, un “unicum” nel panorama bancario europeo, che tiene conto delle esigenze di una realtà territorialmente e socialmente diversificata come quella italiana, dei valori della cooperazione mutualistica radicata sul territorio, della necessità di economie di scala per operare in un mercato europeo», ha spiegato Augusto Dell’Erba, presidente Federcasse-Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo Casse Rurali ed Artigiane, intervenendo al dibattito da remoto. «Se le Bcc sono non solo una presenza ma l’espressione del territorio, ogni futura strategia dovrà mantenere vitale questo radicamento territoriale in quanto specifico vantaggio competitivo», ha aggiunto Dell’Erba. Delle grandi potenzialità di questo legame ha parlato pure Giuseppe Maino, presidente del Gruppo Bcc Iccrea. «Siamo strettamente legati alle nostre comunità, attraverso la nostra promessa di vicinanza fisica, di ascolto, di attenzione continua alle loro esigenze. Ma guardiamo anche all’innovazione, integrando i servizi allo sportello con strumenti digitali e innovativi, con l’obiettivo di coinvolgere soci e clienti che chiedono, alla propria banca, vie di comunicazione più moderne. Il Gruppo guarda al futuro con particolare serenità grazie al lavoro quotidiano di 114 Bcc e alla loro lettura ampia dei territori di riferimento, impegnandosi a dare un continuo contributo allo sviluppo sostenibile delle economie locali». Per questo motivo, ha fatto eco Sergio Gatti, direttore generale Federcasse-Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo Casse Rurali ed Artigiane, crediamo che «l’alfabetizzazione mutualistica sia un obiettivo strategico di chiunque abbia la responsabilità di guidare una Bcc». Questo perché «un’azione sistematica di formazione, di educazione, di aggiornamento, di contestualizzazione rispetto alla contemporaneità con le sue tante sfide ci aiuta a ottenere più alti livelli di efficienza, di qualità operativa, di redditività indispensabili per non lasciare mai indietro l’impatto sociale e l’accompagnamento delle comunità».
E sono stati proprio gli interventi dei docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Enrico Berbenni, Pietro Cafaro, Andrea Perrone a delineare nel migliore dei modi i tratti distintivi di un modello di fare banca differente, fuori dagli schemi e per certi versi coraggioso, formulato da Raiffeisen in Germania oltre un secolo e mezzo fa. Un modello che nel tempo si è evoluto, dovendo fare i conti con le sfide del tempo, ma che comunque è rimasto fedele ai suoi principi fondativi: la governance democratica, la territorialità, la struttura articolata, la generazione interna di capitale, gli obiettivi economici con le implicite ricadute sociali del proprio operato. In tal senso, ha conservato lo spirito originario di essere la «spina dorsale» dello sviluppo economico del Paese, sostenendo le imprese e garantendo loro l’accesso al credito. Un aspetto che emerge chiaramente dal “Repertorio delle banche italiane dal 1861 ad oggi”, ideato e realizzato dall’Istituto Luigi Einaudi per gli studi bancari, finanziari e assicurativi, in collaborazione con il Centro per la cultura d’impresa, sostenuto anche da Federcasse e dalle Federazioni locali interessate all’evoluzione territoriale dell’iniziativa. Presentato da Federico Pascucci, Istituto Luigi Einaudi per gli studi bancari, finanziari e assicurativi, e da Giuseppe De Luca, docente all’Università degli Studi di Milano, si tratta di un progetto pilota che finora ha censito più di 1.200 soggetti erogatori del credito di tre regioni (Liguria, Piemonte, Val D’Aosta), ma che fra qualche anno consentirà di avere a disposizione un’esauriente ricostruzione storiografica della nascita delle prime casse rurali e della loro evoluzione, dalla seconda metà dell’800 fino all’attuale moderna organizzazione.
Ma guardando al futuro, quali saranno le sfide della cooperazione di credito? A indicarne alcune è stato Alessandro Azzi, presidente Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo. «La vera chiave per il continuo rinnovarsi del successo del movimento si fonda sul mantenimento e il rafforzamento dell’originale e peculiare identità, basata sulla mutualità, sul localismo e sulla prossimità. Fondamentale sarà portare avanti l’impegno per la salvaguardia del valore e della capacità di fare “banca di comunità”, una formula che oggi distingue le Bcc da tutti gli altri operatori creditizi e che contrasta l’omologazione bancaria in atto da anni». Per questo, ha continuato, «il tema della preservazione della “biodiversità” rimane centrale, sia nell’accezione esterna “nel mercato” (rispetto agli altri operatori bancari e finanziari), sia interna “al sistema”, tra Gruppi e Bcc e tra Bcc stesse: anche quelle di piccola dimensione, purché efficienti, costituiscono con la loro esistenza un elemento che avvantaggia tutti i soggetti dell’ecosistema cooperativo, anche i più grandi».
Al convegno, hanno partecipato anche Carlo Antiga, vice presidente vicario Cassa Centrale Banca Credito Cooperativo Italiano, e Herbert Von Leon, presidente Federazione Cooperative Raiffeisen