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Cesare Tiezzi, dal FIM JuniorGP alla Cattolica sognando Valentino Rossi (e la MotoGP)

21 ottobre 2024

Cesare Tiezzi, dal FIM JuniorGP alla Cattolica sognando Valentino Rossi (e la MotoGP)

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In camera, Cesare Tiezzi ha ancora il poster di Valentino Rossi. Sul suo casco però c’è il 34, quello che fu di Kevin Schwantz, l’idolo del Dottore da giovane, e pure di suo papà quando correva con le moto da cross. Lui, Cesare, è diventato campione italiano Moto3 nel 2022 con l’AC Racing Team, e oggi è un pilota del Team Eagle-1 nel FIM JuniorGP, classe Moto3, l’anticamera della classe minore del Motomondiale. Con Valentino, Cesare condivide la data di nascita, il 16 febbraio. Ma nel 2005, quando nacque il giovane talento di Novi Ligure, Rossi aveva già vinto sei titoli mondiali in tre classi diverse, e aveva appena fatto risorgere la Yamaha da un sonno quasi eterno, che durava addirittura dal 1992, quando Wayne Rainey vinse l’ultimo titolo mondiale nella 500. 

Proprio lui, Rainey, il grande rivale di Schwantz. «Mio padre adorava il pilota della Suzuki, così quando abbiamo dovuto scegliere il numero non ho avuto dubbi sul 34» racconta Tiezzi tra i chiostri dell’Università Cattolica, dove studia al secondo anno di Economia delle imprese e dei mercati e partecipa al programma Dual Career. «Ho iniziato tardi, avevo 9 anni. Mio papà è molto appassionato di moto, ma non ha mai cercato di forzarmi. Ha aspettato che fossi io a chiederglielo. Un giorno, ad Alessandria, sono andato in pista per la prima volta, con le minimoto. E da allora mi sono innamorato di questo mondo». 

Dai pomeriggi con papà a guardare in TV la MotoGP di Valentino («la mia fonte di ispirazione più grande») fino a correre in pista, il passo non è breve. «Finché non si raggiunge il Motomondiale, questo è un mondo molto complicato dal punto di vista economico» racconta Cesare, con quegli occhi profondi di chi sa bene cosa sta dicendo. «Trovare le risorse e gli sponsor non è una passeggiata. Devo ringraziare la mia famiglia, soprattutto mio papà, che ha sacrificato il suo lavoro ma non si è mai perso una mia gara». 

 

La sua famiglia, però, è stata il motore anche della scelta di frequentare l’università. Una decisione non comune tra piloti pronti a giocarsi un posto nel Motomondiale. «In effetti, non ne conosco altri che facciano anche l’università» racconta Cesare. «Quando vedevo che i miei “colleghi” smettevano ad andare a scuola, e andavano solo in moto, volevo fare la stessa cosa. Ma i miei genitori hanno sempre dato molta importanza alla scuola e, crescendo, ho capito il motivo. Il metodo che mi dà lo studio e l’impegno che devo mettere per portare avanti entrambe le cose mi sono utili anche nella mia carriera sportiva». 

Il passaggio dal Campionato italiano Moto3 al Mondiale JuniorGP non è stato semplice. Del resto, spiega Cesare, «passare da un motore 450cc derivato dal cross alla Moto3, ti porta a uno stile di guida completamente diverso». Il monocilindrico KTM eroga la potenza del 250cc in maniera diversa, i telai sono tutt’altra cosa, e poi c’è il cambio. «Sulle Moto3, il cambio è a sei marce e non è bloccato, si può lavorare sulla lunghezza delle singole marce, così come sul freno motore dal punto di vista elettronico». Insomma, è un vero prototipo. 

Cesare ce lo spiega, e sorride quando gli chiediamo di chiudere gli occhi e immaginarsi sul rettilineo di Imola, la sua pista preferita, quella dove ha vinto il Campionato italiano Moto3. «Le piste preferite dei piloti sono quelle dove vanno forte» ribatte, mentre spiega dove staccare alle Acque Minerali. Proprio per questo gli piace Pecco Bagnaia, due volte campione del mondo della MotoGP, piemontese come lui. «Apprezzo molto il suo metodo di lavoro, la capacità di lavorare in team e di risolvere i problemi, mentre a Marc Marquez invidio quello che riesce a fare in pista, che è unico e irripetibile». L’anno prossimo, quando il pilota di Chivasso e quello di Cervera si divideranno il box Ducati, tiferà Bagnaia, dice, ma «sarei contento anche se Marquez riuscisse a ottenere la vittoria nel Mondiale, dopo tutto quello che ha passato». 

Intanto, c’è una stagione da finire, al meglio, nello JuniorGP. Grazie ai suoi punti di forza («la costanza, il passo gara e le staccate»), migliorando là dove serve («l’esplosività, nei primi giri e in qualifica», ipse dixit) e con gli occhi, dentro il casco, sempre fissi verso la prossima curva. Guardando al futuro. «Ho scelto l’Università Cattolica proprio perché credo mi possa aprire molte porte, e mi possa aiutare a rimanere nel mondo del motociclismo anche quando la mia carriera da atleta sarà finita» conclude Tiezzi. «Penso che in Cattolica ci sia un ambiente che aiuta molto a crescere. Qui riesco a coniugare lo stress da studente universitario, con quello delle corse». Sempre con quel poster di Valentino in camera, e la giusta determinazione per diventare, anche lui, dottore. 

Un articolo di

Francesco Berlucchi

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