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Interculturalità e internazionalizzazione: il ruolo di una Comprehensive University

03 dicembre 2025

Interculturalità e internazionalizzazione: il ruolo di una Comprehensive University

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A Berlino il terzo dei tre incontri all’estero per presentare a laureate e laureati i principi guida della vision del nuovo Piano Strategico 2026-2028 dell’Università Cattolica, in occasione del primo anno di attività del Comitato Internazionale Alumni UCSC - Berlino.

«Essere qui oggi, con voi (e sapete quanto mi fa piacere tornare dove mi sono addottorata!), significa celebrare la forza dei legami che l’Università Cattolica continua a costruire, anche a distanza, attraverso le esperienze di vita e di lavoro di chi, come voi, porta nel mondo il segno di una formazione integrale, umana e professionale» ha esordito con queste parole la professoressa Federica Missaglia, Ordinaria di Lingua e Traduzione - Lingua Tedesca, Direttrice del Master "Deutsch für die internationale Wirtschaftskommunikation dell'Università Cattolica.

Titolo dell’incontro “Interculturalità e internazionalizzazione: il ruolo di una Comprehensive University”, un tema che «tocca in profondità il senso stesso della nostra missione universitaria – spiega la Docente - e incrocia uno degli assi strategici più importanti del presente e del futuro dell’Ateneo».

L’evento è stato introdotto da Guido Pasquale, referente del Comitato Internazionale Alumni UCSC – Berlino, che ha ricordato le attività organizzate in questo primo anno e di come sia fondamentale un continuo scambio di idee e proposte da parte di tutti, per condividere necessità e supportare l’Università Cattolica nel suo piano di sviluppo.

La professoressa Missaglia, con un discorso particolarmente sentito ed emozionante, ha spiegato il significato di Università Cattolica come ‘Comprehensive University’ e del valore dell’interculturalità.

Parlare oggi di Comprehensive University significa riferirsi a un modello istituzionale capace di integrare in modo coerente e sinergico le diverse dimensioni del sapere, della ricerca, della formazione e del servizio alla società.

Non una somma di competenze, di facoltà o di corsi, ma un progetto culturale unitario, in cui le discipline dialogano, si contaminano e si interrogano a vicenda.

L’Università Cattolica è nata come un progetto culturale unitario: un luogo dove il sapere è al servizio della persona e della comunità, un sapere orientato alla persona e al bene comune.

Oggi, in un mondo globalizzato, in cui cresce la complessità e si intensificano le interdipendenze, la vocazione a essere comprehensive assume una valenza nuova: perché l’interdisciplinarità, l’interculturalità e l’internazionalizzazione non sono più un orizzonte, un ideale al quale tendere, ma una condizione quotidiana: nei luoghi di lavoro, nelle collaborazioni internazionali, nella produzione scientifica e nei flussi della mobilità.

Essere “comprehensive” oggi significa essere capaci di valorizzare le differenze, di promuovere un’intelligenza plurale, significa essere aperti, essere interconnessi e sensibili alla complessità del mondo contemporaneo, significa essere interdisciplinari, interculturali e internazionali.

Ma – e questo è un punto decisivo – l’internazionalizzazione non si riduce alla mobilità o ai ranking. È una forma di responsabilità: significa saper leggere le trasformazioni in atto e contribuire a interpretarle con intelligenza, rigore e visione.

Ed è in questo contesto che si inserisce la visione del rettore, Elena Beccalli, che definisce l’Università Cattolica una “comunità educante”: non un luogo di semplice trasmissione di contenuti, ma uno spazio in cui saperi, persone e relazioni generano processi formativi condivisi.

Una comunità, dunque, che apprende da se stessa e dal mondo, e che si apre in modo responsabile al globale.

Ha poi presentato i cinque pilastri del Piano Strategico 2026-2028, affermando che per ciascuna delle direttrici, l’interculturalità non è un “tema” ma una condizione di lavoro e un principio trasversale: è interculturale la Scuola di integrazione dei saperi; la formazione, che non può prescindere dall’apertura linguistica e culturale; la ricerca che dialoga con altri Paesi, la ricerca cooperativa, inclusiva, capace di creare ponti tra Nord e Sud del mondo, il fundraising che si apre a mondi professionali diversi.

Un articolo di

Anna Simonati

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Infine, rivolgendosi alla platea berlinese, ha sottolineato: «Non è un caso che oggi siamo qui, a Berlino. Questa città è da sempre un laboratorio di interculturalità e rappresenta la sfida e l’opportunità che l’Europa ha davanti a sé».

Il futuro dell’università — e dell’Europa — dipende dalla nostra – vostra – capacità di costruire ponti tra culture e saperi. In questa cornice si colloca la riflessione sull’interculturalità.

Non si tratta solo di vivere esperienze all’estero o di lavorare in inglese o in tedesco: interculturalità significa saper riconoscere la differenza come risorsa cognitiva, saper leggere il contesto, adattare le forme della comunicazione e interpretare sistemi istituzionali diversi.

Ecco perché gli alumni all’estero diventano parte integrante della strategia istituzionale: non come rete “di rappresentanza”, ma come fonte di insight, come osservatorio privilegiato su ciò che avviene nei contesti professionali e scientifici internazionali.

Ogni percorso professionale all’estero è una finestra su un modo diverso di vivere il sapere, l’organizzazione, le istituzioni. Per l’università, questo è un patrimonio prezioso.

La qualità di una comunità accademica si misura non solo nelle aule o nei laboratori, ma anche nella sua capacità di mantenere nel tempo una relazione viva con chi ne ha condiviso l’esperienza formativa.

Ognuno dei vostri percorsi personali è una piccola ambasciata culturale.

Ognuno dei vostri incontri professionali, un luogo di scambio.

Ognuno dei vostri successi, una testimonianza del valore di una formazione che non si chiude in sé ma si apre al mondo.

L’Università cresce se la sua comunità rimane viva, se i suoi ex studenti diventano testimoni attivi, se portano avanti – nei luoghi dove vivono – i valori che li hanno formati.

Il nostro obiettivo, anche attraverso la rete Alumni, è costruire una comunità globale, capace di dialogare, di collaborare e di sostenere nuovi progetti internazionali.

Il Piano Strategico potrà contare anche su di voi – sulle vostre competenze, sul vostro spirito di iniziativa, sulla vostra disponibilità a fare da ponte tra culture e mondi professionali.

Al termine dell’intervento della professoressa Missaglia, le dottoresse Alice Cardi e Giulia Molteni, membri del Comitato berlinese, hanno avviato il dibattito per ascoltare le voci di Alumnae e Alumni, soprattutto sui temi dell’internazionalizzazione e del rapporto con il mondo professionale.

Un tema emerso è stata l’importanza dello studio della lingua: in un Paese come la Germania, sapere bene il tedesco è fondamentale a livello professionale. Inoltre, l’Università Cattolica dovrebbe costruire una rete ancora più forte con le imprese sul territorio per rafforzare il placement.

I discorsi sono continuati durante il momento conviviale finale con uno sguardo al 2026 per continuare a far crescere il Comitato Internazionale Alumni UCSC – Berlino e l’obiettivo di proporre sempre più attività ed iniziative sul territorio, dedicate ad ex studentesse ed ex studenti, oggi professioniste e professionisti a Berlino.

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