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Mettere l’Università al passo irregolare della vita

18 dicembre 2023

Mettere l’Università al passo irregolare della vita

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«Se volete che l’Università sia una cosa seria, che non sappia di vuoto, di chiuso, di antico, mettetela al ritmo agile, anche se irregolare, della vita. Fate che la vita vi pulsi dentro, che la società con i suoi interrogativi vi si rifletta, che i problemi della difficile convivenza umana vi siano compresi e affrontati». Con queste parole Aldo Moro descriveva il ruolo che l’esperienza universitaria doveva avere nella crescita degli studenti.

Mettere l’Università «al passo con il ritmo irregolare della vita» è anche l’obiettivo del progetto di cittadinanza responsabile ideato dall'Università Cattolica e dalla Caritas Ambrosiana per gli studenti della sede milanese dell’ateneo. A sottolinearlo, durante la presentazione, venerdì 15 dicembre, è stato il rettore Franco Anelli, citando proprio quelle «efficaci parole», scritte da una delle personalità di primo piano della storia politica del nostro Paese ma che fu anche docente universitario e presidente della Federazione degli universitari cattolici.

Il percorso mira a far crescere tra le nuove generazioni la consapevolezza sui grandi temi che riguardano la società contemporanea e sono anche al centro del magistero di papa Francesco: la pace, la giustizia sociale e la sostenibilità.

L’aspetto qualificante della proposta, che ne fa un esempio pilota, sta nell’aver associato la conoscenza scientifica al contributo del sapere pratico, e nell’aver unito alla riflessione teorica un’esperienza sul campo. Per questo gli studenti incontreranno in aula sia i docenti dell’ateneo, specializzati in diverse discipline sia alcuni operatori di Caritas Ambrosiana e, dopo aver assisto alle lezioni, presteranno servizio come volontari all’interno dei centri di accoglienza, case-famiglia, mensa sociali.


Quindi, per esempio, durante il laboratorio sulla pace studieranno le cause dei conflitti nel mondo e poi affiancheranno operatori sociali e volontari che si occupano dell’accoglienza dei profughi e richiedenti asilo, nel centro di accoglienza casa Suraya. Se decideranno di affrontare le ragioni che producono l’esclusione sociale, potranno entrare in relazione con gli ospiti del centro diurno per senza dimora La Piazzetta o della casa-famiglia dell’associazione Ciao per mamme detenute a fine pena. Chi, invece, sceglierà di approfondire i temi della sostenibilità, potrà fare un’esperienza all’interno di realtà sociali che cercano di tradurre in gesti concreti l’idea di ecologica integrale, come il Refettorio Ambrosiano e la cooperativa agricola dell’associazione Nocetum. 

Il progetto, su base volontaria, è riservato a 28 iscritte e iscritti ad un corso di laurea (triennale, magistrale o a ciclo unico) del campus milanese dell’Ateneo (a questo link le modalità per presentare le candidature). I tre workshop (lezioni e attività sul campo) inizieranno a febbraio e termineranno a maggio 2024. Al termine gli studenti racconteranno la loro esperienza, realizzando alcuni video.  

«Abbiamo bisogno di allearci alla università per interpretare il cambiamento di epoca che stiamo vivendo ma dobbiamo stringere un patto anche coi giovani se vogliamo trovare le parole per entrare in sintonia con loro», ha detto Luciano Gualzetti direttore della Caritas Ambrosiana.

Il percorso “Pace, giustizia sociale, sostenibilità” che come è stato ricordato -  «rappresenta un ponte ideale tra la celebrazione del 50esimo anniversario di Caritas Italiana (1971) e Caritas Ambrosiana (1974)» -  sarà anche un’occasione privilegiata per capire dall’interno che cosa è diventato in questo mezzo secolo di vita l’organismo della Chiesa italiana voluto da Paolo VI: una vera e propria «infrastruttura sociale che non distribuisce soltanto aiuti e sussidi ma fa advocacy, ricerche sui temi sociali cruciali della contemporaneità, che collabora alla redazione di proposte normative», ha osservato Massimo Campedelli, direttore dell’impresa sociale Umanapersone. Un’organizzazione complessa che, crescendo, si è sforzata di rimanere fedele allo spirito delle origini, secondo la teologa Giuseppina De Simone: «una comunità dove ci si prende cura delle fragilità, quelle degli altri ma anche delle proprie».

Un articolo di

Francesco Chiavarini

Francesco Chiavarini

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