Quindi, per esempio, durante il laboratorio sulla pace studieranno le cause dei conflitti nel mondo e poi affiancheranno operatori sociali e volontari che si occupano dell’accoglienza dei profughi e richiedenti asilo, nel centro di accoglienza casa Suraya. Se decideranno di affrontare le ragioni che producono l’esclusione sociale, potranno entrare in relazione con gli ospiti del centro diurno per senza dimora La Piazzetta o della casa-famiglia dell’associazione Ciao per mamme detenute a fine pena. Chi, invece, sceglierà di approfondire i temi della sostenibilità, potrà fare un’esperienza all’interno di realtà sociali che cercano di tradurre in gesti concreti l’idea di ecologica integrale, come il Refettorio Ambrosiano e la cooperativa agricola dell’associazione Nocetum.
Il progetto, su base volontaria, è riservato a 28 iscritte e iscritti ad un corso di laurea (triennale, magistrale o a ciclo unico) del campus milanese dell’Ateneo (a questo link le modalità per presentare le candidature). I tre workshop (lezioni e attività sul campo) inizieranno a febbraio e termineranno a maggio 2024. Al termine gli studenti racconteranno la loro esperienza, realizzando alcuni video.
«Abbiamo bisogno di allearci alla università per interpretare il cambiamento di epoca che stiamo vivendo ma dobbiamo stringere un patto anche coi giovani se vogliamo trovare le parole per entrare in sintonia con loro», ha detto Luciano Gualzetti direttore della Caritas Ambrosiana.
Il percorso “Pace, giustizia sociale, sostenibilità” che come è stato ricordato - «rappresenta un ponte ideale tra la celebrazione del 50esimo anniversario di Caritas Italiana (1971) e Caritas Ambrosiana (1974)» - sarà anche un’occasione privilegiata per capire dall’interno che cosa è diventato in questo mezzo secolo di vita l’organismo della Chiesa italiana voluto da Paolo VI: una vera e propria «infrastruttura sociale che non distribuisce soltanto aiuti e sussidi ma fa advocacy, ricerche sui temi sociali cruciali della contemporaneità, che collabora alla redazione di proposte normative», ha osservato Massimo Campedelli, direttore dell’impresa sociale Umanapersone. Un’organizzazione complessa che, crescendo, si è sforzata di rimanere fedele allo spirito delle origini, secondo la teologa Giuseppina De Simone: «una comunità dove ci si prende cura delle fragilità, quelle degli altri ma anche delle proprie».