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Mordecai Kurz, come limitare il potere di mercato della tecnologia

26 settembre 2024

Mordecai Kurz, come limitare il potere di mercato della tecnologia

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Che sia quello chimico, tessile, energetico o informatico, tutti i settori industriali sono dominati da una o poche imprese che decidono le sorti del mercato. A renderle vincenti, le innovazioni tecnologiche in virtù delle quali, oltre a ottenere profitti monopolistici, riescono a fissare i prezzi, a influenzare la produzione e addirittura a sopprimere i potenziali concorrenti. È il «potere di mercato della tecnologia», una «caratteristica permanente del capitalismo del laissez-faire» che dal 1870 in poi ha contrassegnato tutte le fasi dell’industrializzazione americana. Un processo che, se da una parte arreca vantaggi e benefici, dall’altra genera disparità economiche nella distribuzione del reddito e posizioni di monopolio che vanno a intaccare quote di lavoro e di capitale al punto da minare la stessa democrazia.

Le implicazioni che tale meccanismo, per niente equilibrato, ha sull’intero sistema economico sono oggetto delle analisi raccolte dall’economista statunitense Mordecai Kurz nel suo ultimo libro “The Market Power of Technology: Understanding the Second Gilded Age” (Columbia University Press). Ospite dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Professore Emerito di Economia alla Stanford University ha esposto le sue tesi durante la nona annual lecture del Complexity Lab in Economics (CLE) dal titolo “Technology-Based Market Power”, promossa in collaborazione con il Dipartimento di Economia e Finanza dell’Ateneo. «Gli studi del professor Kurz, condotti in vari campi dell’economia con particolare originalità nel sollevare questioni rilevanti, rispecchiano appieno lo spirito di ricerca del nostro Centro, dedicato a indagare le applicazioni della scienza della complessità ai modelli economici», ha spiegato Domenico Delli Gatti, direttore del CLE. A presentare il relatore, Maurizio Motolese, docente di Politica Economica e allievo dello studioso americano, di cui ha voluto ricordare il forte legame con Milano e in particolare con l’Università Cattolica, dove nel corso degli anni ha tenuto diversi incontri e seminari.

 

 

Ma perché c’è questa stretta correlazione tra cambiamento tecnologico e disuguaglianza economica? Per Kurz non si tratta di mettere in discussione la tecnologia, che è necessaria perché «incrementa la produttività, determina la crescita dell’economia di un Paese, raggiunge produzioni di scala, abbassa i costi marginali, guadagna reputazione sul mercato, conquista nuovi consumatori». Nello stesso tempo, però, introduce anche un «monopolio della conoscenza», protetto dalla legge in quanto l’innovazione tecnologica crea nel mercato un bene privato (ossia un brevetto), e considerato «legale» nel momento in cui le aziende innovatrici fanno accordi di cooperazione per raggiungere il potere di mercato e per fissare i prezzi.

Così Kurz, dati alla mano, ha mostrato come queste pratiche monopolistiche rappresentino una costante del processo economico, sin da quando le prime grandi innovazioni tecnologiche hanno fatto la loro comparsa. Un meccanismo che si è evoluto nel tempo, consolidandosi fino ad arrivare ai giorni nostri e agli enormi profitti monopolistici realizzati dalle Big Tech: Microsoft, Google, Meta, Amazon. L’esempio più calzante di questo monopolio basato sull’innovazione tecnologica, secondo Kurz, sono gli introiti di Apple legati agli smartphone: nel 2021 il tasso di vendite di cellulari a livello mondiale del colosso informatico è stato pari al 16%; i ricavi registrati sono stati pari al 44%. Tale comportamento si riscontra anche nelle imprese innovatrici più giovani che puntano esclusivamente a essere monopoliste. In altre parole, il cambiamento tecnologico una volta introdotto fa ripartire l’intero processo.

Come uscire, allora, da questo circolo vizioso del «techno-winner-takes-it-all capitalism»? A detta del professore di Stanford l’unico strumento in grado di abbattere i profitti monopolistici è la politica economica. Infatti, ha osservato, «quando non ci sono adeguate policy vince il libero mercato e i profitti delle imprese salgono al 24%; viceversa se si interviene con adeguate decisioni di politica economica essi scendono al 6%». In sostanza, le innovazioni vanno promosse ma, nel contempo, sono necessarie azioni per contenerne gli effetti, che, se non controllati, possono mettere a rischio la democrazia. Tra le cose da fare suggerite da Kurz c’è, per esempio, «prevenire le acquisizioni tecnologiche che possono creare un impero, riformare l’anti-trust, modificare la legislazione sul lavoro, promuovere la sindacalizzazione e migliorare l’equilibrio di potere nel mercato». In questo modo si può evitare che il costo più alto dell’innovazione sia pagato dai lavoratori. Un punto fondamentale per Kurz, che attribuisce il successo del trumpismo proprio al malcontento dei milioni di americani che hanno perso il lavoro a causa dei cambiamenti tecnologici. Ecco perché è necessario «ripristinare una distribuzione egualitaria del reddito per limitare il potere di mercato». Altrimenti la democrazia è sotto minaccia. Un tema che Kurz approfondisce in un nuovo libro, che dovrebbe uscire nel prossimo anno nelle librerie americane.

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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