Di questo ne è convinto anche Romano Prodi. «Siamo in un mondo in cui l’ideologia ha contribuito a dividere ancora di più». Invece, «se vogliamo la pace dobbiamo considerare la politica internazionale come un ponte su cui passa qualsiasi mezzo: i camion, le automobili, le biciclette. L’importante è che si rispettino le regole del traffico. La stessa democrazia, che considero il miglior sistema del mondo, non è esportabile». L’idea che essa possa essere imposta con la forza - com’è stato fatto nella politica estera americana e di tutto l’Occidente - non ha alcun senso. «La guerra in Iraq è stato un dramma che ha spaccato la Commissione europea creando rotture insanabili», precisa Prodi.
Una spaccatura ideologica che nel tempo si è ampliata. Come pure si è complicato il rapporto tra Stati Uniti ed Europa. «Ho vissuto in periodi in cui l’America, quella dei Bush, era in un certo senso figlia dell’Europa. Poi è arrivato Clinton. E poi Obama per il quale Singapore e Copenaghen erano la stessa cosa. È cominciato così un orizzonte del tutto diverso nella politica mondiale». Nello stesso tempo, all’interno del mondo europeo, si è assistito a una «crescente tensione» tra Russia ed Europa, che ha finito per indebolire quest’ultima rafforzando viceversa gli attuali protagonisti della politica mondiale, Stati Uniti e Cina. Due potenze le cui «diversità strutturali» determinano in modo profondo la «diversità politica». La Cina, con il miliardo e 400 milioni di abitanti, il 19% della popolazione mondiale, il 6-7% delle terre coltivabili e quantitativamente il maggiore produttore industriale al mondo, ha una politica estera chiara, determinata dalla necessità di procurarsi le materie prime e l’energia di cui è priva. Contrariamente, gli Stati Uniti hanno una politica che dipende dalle «scelte presidenziali».
I rapporti politico-economici tra Europa e Stati Uniti, poi, recentemente sono stati modificati da un cambiamento strutturale: l’arrivo impetuoso delle grandi imprese in rete. Non c’è mai stata una forza economica nel mondo paragonabile a quella di Apple, Google, AliBaba, eBay, Amazon. Si pensi che la quotazione in borsa di Apple e Google è oltre 1,2 volte il prodotto interno lordo di tutta l’Italia. L’Europa, quindi, è come una «noce nello schiaccianoci». Perciò «se non si unisce rischia di diventare l’elemento passivo di questo mondo».
In questo quadro che cosa bisogna fare? Innanzitutto, «basterebbe cambiare alcune regole della politica europea che si sono involute». Una su tutte il diritto di veto, «una regola dannata che se si abolisse cambierebbe la faccia dell’Europa». Difatti, avverte Prodi, «se sussistono le diversità non riusciremo a fare una politica estera comune». La guerra in Ucraina lo ha messo ben in evidenza: non c’è stata «nessuna mediazione europea». Inoltre, la Germania che non ha mai investito un marco nel riarmo, improvvisamente ha deciso di destinare il 2% del prodotto interno lordo alla difesa. Infine, la Francia potrebbe mettere a disposizione dell’Europa il suo diritto di veto alle Nazioni Unite e l’arma nucleare. Potrebbe essere il primo passo verso una politica di difesa europea. Perché solo dando nuove regole l’Europa potrà svolgere la funzione di «arbitro del mondo». Ma se continuiamo così «rischiamo di essere quelli che scrivono il menu e poi a tavola si siedono americani e cinesi».