Dati allarmanti che rendono urgente un ripensamento della tassazione patrimoniale. «Che questo avvenga attraverso imposte personali sulla ricchezza, come la cosiddetta Zucman tax di cui si discute molto in Francia, oppure mediante un rafforzamento degli strumenti già presenti in Italia - come l’IMU, la tassazione sul patrimonio finanziario o le imposte di successione - resta un tema di carattere generale. Tuttavia, in una situazione come quella attuale, è un tema che va affrontato con urgenza. Non si tratta soltanto di un problema di gettito o di reperire risorse, ma della necessità di riequilibrare un sistema che, se troppo sbilanciato, rischia di minare la stessa tenuta della democrazia», ha aggiunto il professor Bordignon.
Ma quali patrimoni dovrebbero essere tassati? «Quelli di grande entità», ha precisato il professor Di Tanno. «Non si fa riferimento alla prima casa, bensì ai grandi patrimoni. Stabilire se ‘grande patrimonio’ significhi oltre cinquanta milioni o oltre cento milioni è una scelta discrezionale del legislatore». Tuttavia, «il problema principale resta l’identificazione: raramente chi possiede un grande patrimonio lo detiene direttamente. Più spesso esso è intestato a veicoli societari o interposti, talvolta legittimi, talvolta meno, che ne celano la titolarità effettiva. La questione diventa quindi duplice: da un lato come ricondurre il patrimonio a una persona fisica, dall’altro come misurarne il valore». Aspetto quest’ultimo tutt’altro che semplice. «La misurazione se basata sui bilanci, riflette valori storici. Un immobile o una certa quantità d’oro acquistati trent’anni fa figurano ancora al valore originario, ma il riferimento corretto dovrebbe essere quello attuale. I problemi centrali sono dunque due: primo, l’identificazione del vero dominus, più ancora che del proprietario formale; secondo, la corretta valorizzazione del patrimonio», ha chiarito il professor Di Tanno.
Certo, il sistema fiscale difficilmente potrà azzerare le diseguaglianze. Di questo è convinto Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI, che ha preso parte alla tavola rotonda conclusiva. «Nei paesi capitalistici, la riduzione delle differenze di reddito avviene più attraverso la spesa pubblica che tramite il sistema fiscale. Non si tratta soltanto di trasferimenti alle famiglie o di sostegni ai redditi più bassi, ma della capacità di garantire servizi universali e di qualità: una sanità accessibile a tutti, un sistema educativo inclusivo, l’accesso all’abitazione e ai trasporti a costi sostenibili». Secondo Cipolletta, «il sistema fiscale, a sua volta, deve essere giusto - cioè, proporzionale e progressivo, facendo pagare di più a chi ha di più - ma anche efficiente, capace di raccogliere il massimo delle risorse disponibili senza compromettere la crescita del Paese. Oggi è necessario combinare giustizia ed efficienza, ricordando che il problema della diseguaglianza non può essere abbandonato: esso va affrontato soprattutto attraverso la spesa pubblica e la garanzia di servizi di buona qualità».
Al dibattito hanno partecipato, tra gli altri, i docenti dell’Università Cattolica Marco Lossani e Rony Hamaui, rispettivamente direttore del LAM e segretario di ASSBB, Salvatore Morelli, Università degli Studi Roma Tre, Francesca Gastaldi, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Francesco Figari, Università del Piemonte Orientale, Giuseppe Marino, Università degli Studi di Milano, Gianni Guerrieri, esperto di mercato immobiliare, Alberto Chiesa, Mediobanca, e Ilario Scafati, MEF.