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Arnaldo da Brescia, la storia dietro al mito

30 ottobre 2025

Arnaldo da Brescia, la storia dietro al mito

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A novecento anni dalla sua morte, la figura di Arnaldo da Brescia continua a dividere e a interrogare.

Monaco riformatore, predicatore scomodo, eretico per la Chiesa del suo tempo, Arnaldo venne impiccato e arso sul rogo a Roma nel 1155. Ma la sua vicenda, intreccio di storia e leggenda, ha attraversato i secoli fino a diventare simbolo di libero pensiero e anticlericalismo, celebrato perfino dal monumento di Odoardo Tabacchi inaugurato a Brescia il 14 agosto 1882.

Proprio a questo complesso intreccio tra storia e mito, tra eredità religiosa e strumentalizzazioni politiche, la sede di Brescia l’Università Cattolica del Sacro Cuore dedica un convegno di tre giorni, organizzato dal Cesime (Centro sulla storia degli insediamenti monastici europei), diretto dal professor Nicolangelo D’Acunto, docente ordinario di Istituzioni Politiche e religiose del Medioevo europeo e direttore del Dipartimento di Studi medioevali, umanistici e rinascimentali.

Una tre giorni che si propone di restituire complessità e profondità storica a un personaggio troppo spesso semplificato, riconoscendo in lui non solo l’eretico, ma anche il riformatore, l’intellettuale e il testimone di un’idea di Chiesa radicalmente spirituale.

«Oggi Arnaldo è oggetto di studio, non più di polemica – spiega D’Acunto. – In passato attorno a figure come quella di Arnaldo infuriava la polemica tra laici e cattolici, neoguelfi e neoghibellini, la Brescia cattolica e quella massonica. Oggi cerchiamo di ricollocare Arnaldo in una prospettiva storica neutra, studiando anche le varie strumentalizzazioni di cui è stato oggetto».

Nel suo intervento, il docente affronta il tema di “Arnaldo riformatore”. «Di lui non ci sono scritti diretti, e questo rende tutto più difficile – spiega –. Ma possiamo collocarlo nella scia della riforma di papa Gregorio VII e del movimento della Pataria, che lottava per il celibato del clero, contro la simonia e contro la commistione fra potere spirituale e temporale. Arnaldo sognava una Chiesa povera, ascetica, libera dal denaro e dal potere, con un papato che rinunciasse all’autorità temporale su Roma per tornare a essere guida solo spirituale».

I lavori, dal 28 al 30 ottobre 2025, prevedono la partecipazione di studiosi italiani e internazionali come Romedio Schmitz-Esser, autore di una monumentale monografia in tedesco sulla ricezione di Arnaldo da Brescia nei secoli, la cui traduzione italiana è in preparazione.

L’eresia come scelta politica lo rese, inevitabilmente, «pericoloso». Non tanto per la dottrina, quanto per le implicazioni politiche: «Arnaldo – ricorda D’Acunto – si schierò con il Senato romano contro il potere del Papa, in un momento in cui Eugenio III cercava l’appoggio dell’imperatore Federico Barbarossa. Oggi sappiamo che, nel Medioevo, si diventava eretici non per ciò che si credeva, ma per aver difeso pubblicamente le proprie idee contro il papato, trasformandole in strumenti di azione politica».

Nel corso dei secoli, la figura di Arnaldo ha oscillato fra la visione dettata dalla biografia critica di Ottone di Frisinga, che lo condannò come ribelle pericoloso; dall’altra la lettura ottocentesca, che ne fece un martire della libertà e della laicità. «Entrambe le visioni – osserva D’Acunto – vanno storicizzate».

Già, perché stando all’insegnamento di Arsenio Frugoni che nel 1954 pubblicò uno studio fondamentale su Arnaldo, occorre contestualizzare le fonti e tenere ben presente che nemmeno quelle medievali erano neutre ma che, al contrario, vanno lette nel loro contesto generale.

Ottone di Frisinga, ad esempio, fu legato al Barbarossa e a un sistema in cui non c’era spazio per la visione antigerarchica di Arnaldo.

«Le ricerche più recenti – conclude quindi D’Acunto – ci permettono di guardare ad Arnaldo con occhi nuovi. Grazie alle nuove edizioni critiche delle opere di Bernardo di Chiaravalle, suo implacabile avversario, comprendiamo meglio anche le motivazioni politiche e spirituali della sua condanna».

Un articolo di

Bianca Martinelli

Bianca Martinelli

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